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Il Natale per San Francesco d’Assisi

Il Natale per San Francesco d’Assisi
Dicembre 16
16:01 2013

Giotto-Il-natale-di-GreccioIl mistero che rivive.
Nel 1223 Frate Francesco decide di rappresentare la natività di Cristo, e lo fa in modo innovativo, sconvolgendo il normale canone di dramma sacro in festa popolare. Per ricreare l’episodio della Santa notte in cui nasce Gesù, Frate Francesco adopera la semplicità e la quotidianità. Infatti, nelle Fonti Francescane, vengono riportate queste parole: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno fra il bue e l’asinello» (1 Cel., 84: FF 468).

Si tratta, quindi, di un nuovo tipo di dramma sacro, e come tale si narra anche di un permesso concesso dal papa: «perchè questo non venisse scritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice» (san Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore X, 7: FF 1186). Da questo episodio, come attesta San Bonaventura, San Francesco viene ritenuto l’ ideatore del presepio plastico. Quindi non più dramma sacro, ma rappresentazione teatrale popolare. Nel 1223, con Francesco si ricrea l’atmosfera di Betlemme, con un’atmosfera scenografica: «Greccio è divenuto come una nuova Betlemme» (1 Cel., 85: FF 469). Si parla di vera e propria recita, in quanto non si ha più la sola interpretazione di parole scritte, ma si rivive tutto l’episodio con pathos e realtà, rivivendola, in quanto atto che conferma la concreta Nascita del figlio di Dio nella propria vita. Un’invocazione alla Nascita di Cristo rivissuta da rappresentanti di ogni categoria e da ogni essere.Si narra che per l’occasione erano presenti stelle, uomini, donne, bambini, anziani, animali, piante, ancora uomini di diversa cultura, da pastori a dotti, quali i re Magi, probabilmente degli astrologi. Solitamente, nei drammi liturgici potevano recitare solo i ministri del culto ed era una cerimonia riservata a credenti inseriti nell’ambito clericale. Con Francesco viene riunito tutto il creato, per rievocare il Natale e, per ridiffondere nell’universo il messaggio di salvezza e di amore cristiano. «Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia» (1 Cel., 86 : FF 470). Tommaso da Celano racconta il fatto con queste parole: «Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano dei cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia». (1 Cel., 86 : FF 470). Altra testimonianza importante, dopo quella di san Bonaventura, riguardo l’innovazione di Francesco è un passo di Tommaso da Celano. Quello, in cui racconta di come parlò al popolo quella Santa notte, arricchendo ogni sua parola di una gestualità, così, profonda da coinvolgere e far comprendere, anche, ai più piccini e ai non istruiti l’importanza e la santità dell’avvenimento, proprio come un mimo sulla scena. «Quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi, parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava il Bambino di Betlemme, e a quel nome Betlemme lo pronunciava riempendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva Bambino di Betlemme o Gesù, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole» (1 Cel., 86: FF 470). In un periodo di crisi, in cui le istituzioni ecclesiastiche, sono minacciate da movimenti ereticali, Francesco spinge la comunicazione del messaggio evangelico di salvezza, trasformando la celebrazione del Natale in Festa popolare, arricchita di tutto quel patrimonio teatrale della vita di piazza. Francesco sente il bisogno di un rinnovamento superando le vecchie usanze per stupire con il nuovo e l’esuberante. Diversi studiosi hanno preso in considerazione l’avvenimento apportando i loro pareri. Mario Apollonio scrive sul teatro sacro in Italia e nomina Francesco il fondatore del Presepio di Greccio. Il Bonaccorsi scrive: «Non v’ha dubbio che la consuetudine, tra noi così comune, di esporre ogni anno sotto gli occhi dé fedeli in forme plastiche la Natività del Signore, debba ricercarsi soprattutto da s. Francesco e da’ suoi frati. Tuttavia egli non fu il primo inventore di quella pia usanza; giacchè, come si è detto, uno dei più frequenti soggetti dei Misteri del Medio Evo, -che fiorivan già a’ tempi di s. Francesco (1226) e prima- era appunto la Natività di Cristo. E se non proprio un presepio nel senso moderno della parola, almeno qualcosa pur di molto simile era già fin dà tempi antichissimi e si trova, per esempio anche nell’Oratorium praesepii di s. Maria Maggiore». Hager, sulla scorta del Thode e del D’Ancona conclude: «Fino a questo punto il presepio si era già sviluppato nei drammi di Natale del Nord, allorchè s. Francesco d’Assisi nell’anno 1223 fece la sua celebrazione del Natale, diventata tanto celebre. (…) Questa calebrazione del Natale, non è altro che un Mistero ecclesiastico, il primo in Italia» (Cfr., A. Terzi, Nella selva di Greccio nacque il presepio plastico).

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