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IL PNRR, LA DECADENZA DEI CASTELLI ROMANI E LA RINASCITA DI ROMA

IL PNRR, LA DECADENZA DEI CASTELLI ROMANI E LA RINASCITA DI ROMA
Novembre 14
16:56 2021

Nel corso dell’assemblea dell’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) della scorsa settimana a Parma, il presidente del consiglio Draghi ha detto ai sindaci italiani, che “Il successo del PNRR (Piano di Nazionale di Ripresa e Resilienza) è nelle vostre mani, come in quelle di noi tutti. C’è bisogno di cooperazione tra tutti i livelli dell’amministrazione, nella fase di pianificazione degli investimenti e in quella di attuazione. Questo sforzo deve coinvolgere tutti: Comuni, Regioni, Ministeri. Non è la prima volta che i Comuni italiani si trovano al centro di cambiamenti epocali nel Paese”.

Draghi ha ricordato che nel dopoguerra sono stati “i sindaci a gestire le migrazioni interne che hanno accompagnato il miracolo economico. A presidiare la trasformazione dei borghi in città, delle città in metropoli. A interpretare nella realtà quotidiana i cambiamenti nella cultura e nei consumi che hanno rivoluzionato la politica e l’economia”. Ha inoltre sottolineato che i Comuni sono al centro di quello che è un cambiamento epocale e che “Comuni e Città metropolitane dovranno amministrare quasi 50 miliardi di euro come soggetti attuatori del PNRR. Dalla transizione digitale a quella ecologica, dagli investimenti nella cultura all’edilizia pubblica. Dagli asili nido al sostegno agli anziani più vulnerabili”.

Un’affermazione del presidente del consiglio merita una riflessione particolare: rivolgendosi ai sindaci ha affermato “Il futuro dell’Italia vi vede oggi protagonisti”.

Di fronte a questa sfida si registrano già passi avanti. Al Comune di Roma, guidato dal nuovo sindaco che ha fondato la sua campagna elettorale sulle opportunità offerte dal PNRR, sono già stati destinati 140 milioni di euro. Analoghe esperienze si registrano in altre grandi città, come Milano, guidate da amministrazioni che si distinguono per capacità progettuale ed efficienza realizzativa.

Di fronte alle opportunità offerte dal Recovery Plan, come si pongono i Comuni dei Castelli Romani? Prima di tentare una risposta va analizzato il quadro complessivo.

Partiamo della situazione demografico-sociale. Se aggiungiamo ai tradizionali diciassette Comuni dei colli anche quelli della zona mare (Ardea, Aprila, Pomezia, Anzio, Nettuno) parliamo di un aggregato urbano, economico e sociale di oltre mezzo milione di abitanti con enormi potenzialità in termini di cultura, qualità della vita, elevato grado di formazione dei residenti, importanti strutture produttive sia nel settore dei servizi che in quello manifatturiero. Queste potenzialità singolari richiederebbero a livello di Comuni una regìa, una programmazione, una capacità di predisporre e realizzate programmi all’altezza delle richieste del Recovery Plan, capacità che mancano del tutto. Nel passato questa funzione veniva svolta – in parte e male – dalla Provincia di Roma che oggi si chiama Città metropolitana, entità amministrativa e che, nei fatti, è tutta concentrata sulla capitale e ignora gli altri 120 Comuni.

I Comuni dell’area a sud di Roma hanno dimensioni piccolo-medie e di fatto ciascuno procede per conto proprio. I sindaci sono giornalmente affannati nel quadrare il bilancio, nel tappare le buche, nel mettere in campo misure urgenti. Il dibattito politico nei Comuni è asfittico, non vengono affrontati i grandi temi, quelli del lungo periodo, si naviga a vista, insomma vi è una povertà culturale non più ammissibile nel mondo moderno in cui o sei in grado di affrontare le sfide epocali o soccombi. I Comuni continuano a guardare al proprio campanile, di fatto non collaborano tra loro e talvolta sono in competizione. Vi sono dispositivi legislativi, varati da lunga pezza, che incoraggiano la collaborazione, la messa a fattor comune delle scarse risorse. Che senso ha avere per ciascun Comune un ufficio del personale, un ufficio tecnico, uffici con caratteristiche uniformi? Nei Castelli Romani si arriva addirittura al paradosso: i Comuni di Albano Laziale e di Castel Gandolfo che qualche tempo fa avevano unificato il comando dei vigili urbani, di recente hanno sancito il divorzio e si è tornati allo status quo ante. Analogo esempio è quello del quartiere di Villa Ferraioli, metà in territorio di Albano e metà in quello di Ariccia, dove quest’ultimo Comune ha modificato la viabilità senza consultare il primo, scaricandovi i problemi del traffico e dei parcheggi.

Questa appare la situazione. Nell’area dei Catelli Romani non si vedono protagonisti del futuro dell’Italia, come auspicato da Draghi, ma troppo spesso amministratori ipnotizzati dal presente ed incapaci di alzare lo sguardo verso i grandi temi cha assillano il mondo contemporaneo. Non è sempre stato così: si può citare l’esempio di Ariccia, in cui una visione di lungo periodo ha condotto all’acquisizione di quel gioiello che è Palazzo Chigi ed alla promozione della costruzione del Nuovo Ospedale dei Castelli (NOC). Purtroppo guardando al livello della discussione di alcuni consigli comunali viene lo sconforto. Manca la materia prima di competenze, di cultura della collaborazione, della capacità di proporre e realizzare programmi che, se approvati, devono passare il severo esame dell’Europa. Non risulta che a livello dei Castelli Romani siano stati predisposti progetti adeguati alle sfide che abbiamo davanti. Prendiamo un esempio. Dai Castelli e dalla costa marittima ogni giorno si spostano verso Roma migliaia di pendolari con ovvie conseguenze in termini di impatto ambientale. I Comuni potrebbero formare un consorzio per la digitalizzazione dell’area creando uno spazio per il coworking, liberando così la capitale da un “peso” improprio ed il sistema viario da un traffico eccessivo che poi produce le buche da otturare.

Niente progetti e niente finanziamenti del PNRR. Forse arriveranno un po’ di briciole per grazia ricevuta della Regione Lazio, dove tipicamente i Comuni vanno con il cappello in mano a chiedere qualche finanziamento ottenuto più per agganci politici che per la qualità di proposte progettuali frutto di disegni strategici che tengono conto della complessità del mondo e delle priorità legate alla transizione ecologica ed alla digitalizzazione. Se questa è la diagnosi, dobbiamo prendere atto che i Castelli Romani non sono in grado di agganciare la Ripresa del PNRR, e dobbiamo rassegnarci ad un lungo periodo di decadenza, dopo il periodo di crescita della seconda metà del secolo scorso, mentre Roma si sta impegnando per la propria rinascita. Sembra che i Comuni dei Castelli Romani vivano non nel Ventunesimo secolo ma nel Medioevo, quando le città si combattevano o si ignoravano E’ un peccato, perché ci sarebbero le risorse per affrontare le sfide del futuro. E non si vedono all’orizzonte leader capaci di “federare” questi Comuni, di guidarli verso un condiviso destino comune. Il “federatore” potrebbe essere in teoria uno dei sindaci, ma per ovvi motivi non verrebbe mai accettato dagli altri. In alternativa potrebbe essere il presidente della Città metropolitana, ma il presidente della Città metropolitana è il sindaco di Roma che ha tutto l’interesse a portare le risorse finanziarie a casa sua – e a mandare la “monnezza” alla discarica di Albano.

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1 Commento

  1. Marco Vezzari
    Marco Vezzari Novembre 15, 11:48

    Articolo molto interessante Professore, se posso le farei una domanda. È possibile che la competizione e l’atteggiamento “medioevale” che c’è tra i comuni possa essere anche frutto di una storica scarsità di soldi e risorse di cui i comuni necessitano da tempo? Lo chiedo da persona estranea alla materia e la ringrazio in anticipo.

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