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Ingeborg Bachmann e Roma – II

Ottobre 10
23:00 2009

Altri memorabili pezzi di bravura si riscontrano, ad esempio, in occasione dell’ennesimo dubbio circa la presenza delle spoglie di Pietro sotto la Basilica (3 febbraio 1955): “Quest’annosa domanda, che coinvolge tutto il mondo cristiano, torna ancora una volta a scaldare gli animi da quando è giunta la notizia che nel paese di Bettona, tra Perugia e Assisi, sono state ritrovate tre ‘sensazionali tavolette di legno con sigilli romani’. Le iscrizioni rivelerebbero che nel terzo secolo tre cristiani trafugarono da Roma le spoglie mortali dell’apostolo Pietro, portandole in Umbria per salvarle dai persecutori romani. A Roma gli esperti di archeologia cristiana hanno accolto la notizia con grande scetticismo. (…) La questione principale che gli archeologi avanzano è che le tre tavole di Bettona sarebbero state rinvenute sotto un sottile strato di terra. La ricerca del presunto sepolcro, non ancora trovato, avviene in strati molto più profondi”.
Oppure (10 febbraio 1955) in occasione dell’inaugurazione della metropolitana di Roma, con il presidente Einaudi che taglia il nastro d’arrivo sul primo vagone: “La metropolitana è indubbiamente molto moderna, molto bella e molto veloce. Un sogno illuminato al neon, pieno di effetti tecnologici e decorativi. Sono stati costruiti vagoni aerodinamici, ciascuno con cinquantadue posti a sedere. Ogni vagone può ospitare fino a duecento persone. Il biglietto costa quaranta lire – nell’area urbana quasi il doppio di un biglietto d’autobus. Essa percorre però, e questo è il primo tasto dolente, soltanto due stazioni ‘sotto terra’: Termini-via Cavour. Poi si trasforma in una sorta di ferrovia a cielo aperto che, passando per la piramide di Cestio e San Paolo, conduce nel nuovo abitato alle porte della città. Termina nel verde, a un capolinea di marmo bianco, decisamente brutto e alquanto isolato, solo soletto sulla via Laurentina. Il secondo tasto dolente: la metropolitana passa solo quattro volte al giorno. Sarà bene, quindi, procurarsi un orario per poterne usufruire”.
Oppure (1 marzo 1955) in occasione del lancio della Fiat 600, con tanto di dettagliatissime descrizioni tecniche, confronto con le pari categoria della Volkswagen e della Renault (rispetto alle quali risulta rispettivamente meno potente e più costosa), e previsioni sulle conseguenze che la motorizzazione di massa produrrà sugli italiani, che già sono “fanatici automobilisti e motociclisti” e nutrono un vero e proprio culto per i motori, come fossero per loro ‘surrogati delle antiche divinità’: “Si prevede un aumento enorme delle vetture in circolazione sulle strade d’Italia, e la cosa desta già oggi preoccupazioni, perché esse non sono atte ad accogliere un traffico ancora maggiore. Basti pensare alla condizione delle arterie più importanti del paese, per esempio la via Flaminia, per riconoscere la crisi viaria”.
Ed ecco infine, in data 18 febbraio 1955, il frammento dedicato a Gina Lollobrigida e a una singolare iniziativa milanese che la vede protagonista: “Guardando Roma dal Gianicolo si nota come nessuna ciminiera disturba la fisionomia della città. Roma è l’unica capitale dell’Occidente priva di industrie. Eppure negli ultimi anni sono sorte imprese che rappresentano una grande potenza nel paese. C’è l’industria del cinema in bianco e nero di Cinecittà, alla periferia di Roma, oggi al secondo posto dopo Hollywood nell’industria cinematografica occidentale. Quest’industria ha regalato all’Italia un nuovo mito: la Gina “nazionale”, la star numero uno della Repubblica, ribattezzata la “Duse del cinema” – una Duse niente affatto “divina”, bensì molto terrena. In questo momento Gina Lollobrigida, in cui paiono assommarsi tutte le qualità del popolo italiano, non sta girando. Si è fatta rinchiudere per quattro giorni – assieme a ventisei pittori milanesi – nella hall di un albergo di Milano per offrire loro l’opportunità di ritrarla venti ore al giorno. Alla fine delle sedute acquisterà il dipinto che più le piace”. (Continua)
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I brani riportati nel testo sono tratti dal volume già citato nella prima puntata: I. Bachmann – Quel che ho visto e udito a Roma. Macerata, 2002)

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