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Juana Romani: “la petite Italienne”. Da modella a pittrice nella Parigi fin de siècle

Juana Romani: “la petite Italienne”. Da modella a pittrice nella Parigi fin de siècle
Gennaio 10
14:29 2018

Velletri – Si può visitare questa mostra sino al 28 gennaio, presso il Convento del Carmine, nuova sede distaccata dell’Accademia di Belle Arti di Roma. L’ingresso è gratuito, grazie all’organizzazione nata dalla collaborazione tra il Comune di Velletri, l’Accademia di Belle Arti di Roma, la Fondazione Arte e Cultura Città di Velletri. L’allestimento è a cura di Stefania Teodonio. A centocinquanta anni dalla nascita di Juana Romani (Velletri, 1867 – Suresnes, 1923) e per la prima volta in Italia, le due istituzioni intendono riscoprire, dopo quasi un secolo di oblio, l’opera e la figura dell’artista veliterna, affermatasi nei Salons con una pittura che nell’ultimo ventennio dell’Ottocento guarda alla grande tradizione seicentista, poi spazzata via dall’Impressionismo e dalle Avanguardie. “Juana Romani (Velletri 1867 – Suresnes 1923), emigrata bambina a Parigi, svolge il mestiere di modella nelle accademie private Colarossi e Julian, poi in diversi ateliers: dello scultore Alexandre Falguière, di Victor Prouvé, Raphaël Collin, Carolus Duran, Jean-Jacques Henner, Ferdinand Roybet. Si indirizza alla pittura in giovane età, mostrando un precocissimo talento: a ventidue anni vince la medaglia d’argento all’Esposizione Universale del 1889, con Bartolomeo Bezzi e Luigi Nono.
In breve tempo la pittrice si impone, con uno stile personalissimo che trae ispirazione dalla cultura del Seicento fiammingo e italiano; ritrattista di donne dell’aristocrazia europea, conquista la critica dell’epoca (Armand Silvestre, Josephin Péladan, Hernst Hoschedé, Rubén Darío, Vittorio Pica): sue opere, Primavera (1894) e Salomé (1898), vengono acquistate dello Stato francese, entrando nei musei nazionali.
Nel 1901, dopo l’inaugurazione della IV Biennale d’Arte di Venezia si reca in visita ufficiale nella sua città natale, assieme all’amico e allievo Antoine Lumière, padre degli inventori del cinematografo, a Trilussa e allo scultore Biondi; promette la creazione di una galleria di arte contemporanea “per accrescere il patrimonio artistico dell’Italia”; Nel 1903 insorgono i disturbi psichici che la portano, nel 1906, ad essere internata ad Ivry-sur-Seine in una clinica alle porte di Parigi. Muore nel manicomio di Suresnes nel 1923, in una vicenda che negli esiti ricorda molto Camille Claudel, allieva e amante del grande Rodin”.
E ancora: “L’ispirazione di Juana Romani è così legata ad una profonda riflessione sull’universo femminile, è spesso rivolta a personaggi letterari (Angelica, dall’Orlando Furioso) donne celebri della tradizione biblica (Salomè) o note per vicende storiche (Bianca Cappello), cui l’artista presta le sue sembianze”. Ma nonostante ciò, la Romani non entrerà nei circoli di “femmes peintres”, nel nome di una superiore parità di genere, conquistata a suoni di arte e di talento con i “colleghi” maschili.

Per maggiori informazioni: http://www.mostrajuanaromani.it

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