La Cantina compatrese

Nel Centro storico di Monte Compatri, sono presenti le cantine vinarie con all’interno le grotti vinarie. Generalmente, e in origine, tali cantine, erano realizzate da un’unica stanza quadrata o rettangolare con sampietrini per pavimento, pareti grezze, travi in legno per solaio e in fondo o lateralmente era posta la grotta vinaria scavata nella roccia vulcanica. Alcune cantine hanno una o due finestre con grate murate. Come realizzate, così sono rimaste. La cantina ha al suo interno la grotta vinaria: nicchie e cunicoli scavati nella roccia tufacea che mantengono il vino a temperatura costante evitando gli sbalzi di temperatura che si aggira “intorno ai 10 gradi d’inverno e 16 d’estate, non supera comunque i 20 gradi”. Generalmente, la grotta vinaria era realizzata sotto il livello del piano terra del calpestio della cantina, formata da un corridoio con nicchie ai lati per la conservazione del vino e delle romanelle, dove bigonci, damigiane e botti erano il suo arredo. In inverno, i produttori locali, facevano, tra amici, il giro delle cantine per un “un goccetto”. Per la maggiore a Monte Compatri si produceva il bianco. Le botti per il vino erano realizzate con doghe di legno, venivano realizzate dai mastri bottari (Lu Bottaru in dialetto monticiano) in legno di Castagno locale. La botte deve essere usata ogni anno per rimanere efficente.
In un periodo storico, Monte Compatri ha visto l’attività della Cantina sociale, dove si realizzava il Monte Compatri DOC. Oggi la cantina sociale non è più attiva.
Monte Compatri è sempre stato un Paese vitivinicolo e ciò lo si deduce dalle tante cantine vinarie, private, presenti nel Centro storico, Il vino prodotto, nei tempi andati, veniva trasportato con i carretti a vino, carichi di barili, a Roma. I sensali in loco facevano da intermediari e, se il vino gli stava bene, contratto (stretta di mano) e “caparra”. Quando il prodotto era caricato, liquidavano l’intera somma. In seguito, i carretti furono sostituiti dai camion.
Oggi la Cantina è “folklore” (pochi sono i produttori locali che fanno ancora il vino e molti solo per sé), vi vengono esposti i vecchi strumenti per la lavorazione dell’uva e del vino e le pareti sono tappezzate da questi: Colaturu, Pistarola, Bigonzu, Tina, Tinozza, Mastellu, Culu, Torchiu, Botte (1000 litri), Mezzabotte (500 litri), Caratellu (250 litri), Barile, Cupella, Bottatore, Bicchierinu, Pompa, Cavallittu, Cavola, Zeppa, Tappi in sughero, Cacciatappi, Mazza, Maju, Battifunnu, Battichiara, Chiodi, Scale in legno, Pigiatrice, etc.
Una tipicità: la “romanella”, ossia lo spumantino castellano, è tenuto nella grotta vinaria. A Monte Compatri ce ne sono a centinaia con grotte vinarie, ognuna con la sua caratteristica. La maggior parte di esse aveva i “condotti d’area” in comune per mantenere la temperatura costante e, inoltre, alcune gallerie delle grotte vinarie sono occluse perché comunicanti. Durante la seconda Guerra Mondiale furono utilizzate come rifugio e, nel dopoguerra, abitate per affittare la casa ai turisti. Tale resoconto è emerso una sera a cena, mentre si mangiava nella cantina pomodori con riso (pomodori dell’orto di Romolo e cucinati da Margherita), prosciutto, salame (acquistato da Alida e Marina) e degustato vino bianco, rosso e romanella di produzione propria (Ubaldo). Tipicità Castellane.
Foto: Cantina Villa, grotta vinaria con romanelle.
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