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La Casa: uno spazio “inventato”

La Casa: uno spazio “inventato”
Aprile 01
02:00 2007

La costruzione di uno spazio che servisse come rifugio e successivamente come luogo di raccoglimento familiare nasce abbastanza presto dopo la comparsa dell’uomo sulla terra. I villaggi neolitici raccontano, con la loro presenza attraverso i millenni, come l’uomo abbia inventato un suo spazio privato, interno al mondo, un focolare, un luogo che non solo lo proteggesse dagli agenti esterni ma che fosse anche rappresentativo di se stesso. Dalle capanne costruite con grandi pietre, si è passati alla costruzione di capanne con terra, fango e robuste foglie di alberi. Agglomerati di case sparse, per lasciare il posto nel tempo a costruzioni di veri e propri spazi urbani, con zone centrali, fornite di risposte ai bisogni della popolazione. Tuttavia, è sempre la casa che rimane lo spazio individuale, necessario per collocarsi nel mondo. È lo spazio che accoglie l’identità di ognuno di noi, e come tale è il proseguimento di noi stessi, si veste di noi e specularmente noi dello spazio che abitiamo. La casa ha da sempre rappresentato chi siamo. Gli oggetti muti, comunque simbolicamente ci identificano, custodiscono i nostri interessi, le nostre scelte. Dalle cose più banali, oggetti insignificanti, alle collezioni, ai libri, all’arredamento. La “nostra” casa è il nostro spazio di mondo conquistato, privato, dove regna una particolare sacralità. Questo luogo in molte culture viene “protetto” con immagini e statuette sacre, per tenere lontani gli animi avversi allo spirito protettore della casa. D’altra parte riscontriamo lo stesso comportamento d’usi e costumi presso le case degli antichi romani dove si custodivano in casa statuette votive che avevano la funzione di proteggere tutti i componenti la famiglia. Accanto all’atrio era presente il lararium, luogo dove si tenevano le statue dei lares, protettori della casa e della famiglia. Basti pensare che non era raro trovare nelle case del secolo scorso, in particolare nelle camere da letto, altarini votivi di santi protettori, o della Madonna, o di Gesù. Per non parlare delle famose campane di vetro (oggi diventate oggetto d’antiquariato), che racchiudevano Madonne, Santi protettori. Molto diffusa era la statuetta della Madonna Addolorata. Anche nelle case degli ebrei è abbastanza ricorrente trovare accanto all’uscio, celata una piccola pergamena, che contiene la preghiera giornaliera ebraica, che ogni ebreo prima di oltrepassare la soglia di casa tocca con la mano per ricevere protezione da Dio. Questo genere di comportamenti, insieme ad altri, definiscono l’identità di un’abitazione e di chi la abita, come luogo appartenente a persone o gruppi familiari, che, in un certo senso, esprimo se stessi, attraverso il luogo abitato. Luogo e non spazio, essendo la casa una “piccola porzione” di superficie terrestre identificata da un nome. Ed è proprio il nome a trasformare lo spazio in un luogo identitario, proiezione della nostra personalità. Il luogo abitativo è uno spazio a cui è stato posto un limite simbolico, una frattura nello spazio stesso, che lo ha reso rappresentabile. Possedere una casa, dunque, è simbolo di fissità di un luogo, di permanenza costante. Rappresenta un punto fermo, uno spazio umano nel quale ci si può organizzare ed orientare la propria esistenza. Ogni casa presenta delle differenze di arredo, delle classificazioni di spazi scelte da chi abita la casa, addirittura dei simboli identitari. Certo è che gli interni delle case, in riferimento alla struttura organizzativa degli spazi, hanno subito dei cambiamenti in rapporto al cambiamento delle funzioni degli spazi stessi. Questa cosa è di non trascurabile importanza se la rapportiamo al cambiamento di certi comportamenti ed orientamenti culturali avvenuti in questi ultimi decenni. Addirittura, dicendola come Edward Hall, il tipo di struttura di un interno può dar luogo a comportamenti che egli definisce o di “fuga sociale” o di “attrazione sociale”.
Oggi le suddivisione degli interni abitativi prediligono l’ingresso nell’abitazione direttamente nel soggiorno della casa. Il fatto che si sia eliminato il cosiddetto disimpegno che accoglieva gli ospiti, a cui impediva di “attraversare” con lo sguardo gli ambienti dell’abitazione, elimina in un certo senso il potere simbolico della soglia di casa, che ogni ospite supera chiedendo il permesso. Aperta la porta di casa, chi sosta dall’altro lato della soglia può osservare quei simboli che contraddistinguono un’abitazione da un’altra. Questa novità, ampiamente condivisa in questi ultimi vent’anni, è il frutto di un consenso collettivo di apertura verso un mondo-altro, con cui ci confrontiamo giorno dopo giorno, quindi di disponibilità a forme di accoglienza. Il “mondo esterno” riceve un’apertura più immediata. Abbattuti quei muri perimetrali che incasellavano gli ambienti rendendoli chiusi, impenetrabili, segreti, è lo spazio aperto a trionfare, a dare luce, colore, calore umano. Il soggiorno–ingresso diventa così nel tempo una simbologia di suddivisione degli spazi interni, che riflette un modo di sentire la “casa” nella società postmoderna. Questo tipo di architettura degli interni, rientra ormai in una forma di vita abitativa che ha permesso di esporre il “centro” del proprio spazio abitativo, noi, e noi verso gli altri. Alla stessa maniera l’ambiente cucina ha cambiato l’uso simbolico di luogo isolato dalla zona di rappresentanza. La cucina è diventata uno spazio dove tranquillamente si ricevono gli amici, complici anche della preparazione dei piatti da gustare in compagnia.
L’ingresso di casa, come la cucina sono in definitiva diventati due spazi centrali di un’abitazione. Sono stati spogliati di quelle sovrastrutture fisse, arcaiche, conferendogli fisiologie simboliche di apertura verso comportamenti naturali di accoglienza nella propria dimora, nella propria casa. La nostra casa per noi è un cosmo, a cui abbiamo dato una serie ordinata di forme e funzioni, come noi abbiamo creduto, in rapporto a quello che noi siamo e vogliamo essere in funzione alle relazioni con le persone. Allora la casa è uno spazio sacro per ognuno, il centro, separato dall’esterno, ma inserito nell’esterno, con il quale si relaziona e viceversa. E come siamo noi, anche la nostra abitazione è un contenitore di usanze, credenze, stili di vita, storie. Le nostre storie, individuali e familiari. E così le case acquistano un’anima, un profumo, un’essenza propria, si vestono di quell’umanità che solo le persone che abitano la casa sanno infondere, per sempre.

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