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La “Divina Commedia” non è per tutti

La “Divina Commedia” non è per tutti
Marzo 12
11:42 2020

(Spunti per una lettura alternativa e impopolare del poema di Dante)

Questo libro, polemico e acuto, che vede il Poema Sacro nei “risvolti” taciuti da una comoda critica addomesticata del nostro più grande Poeta e Maestro di vita, è di Massimo Desideri, dantista di fama anche se scomodo, direttore della pregevole “Collana dantesca” della Società Editrice Dante Alighieri, e già autore di un testo fondamentale (“Il volto nascosto di Dante – Anticattolicesimo ed enigmi nella Commedia”). Il presente studio consiste di 282, costa 18,00 euro ed è stampato dalla Youcanprint di Lecce. Il mio invito a leggerlo – per la sua forza dirompente – è rivolto a tutti, nessuno escluso.
Se si è onesti (e i grandi intellettuali lo sono), non si può negare che la Commedia sia un insuperato capolavoro che tiene il lettore a distanza. Dante si ama dal basso del suo piedistallo. È un ‘unicum’; anzi: è l’unicum di tutte le letterature di ogni tempo. A coloro i quali cercano le fonti (e c’è un ossessivo martellamento su una sorta di furto da parte dell’Alighieri a un certo Libro della scala , in voga da quando Miguel Asin Palacios ha battuto il ferro per dimostrare l’indimostrabile), che colgono somiglianze o prestiti o prelievi da Ovidio, Virgilio, Boezio, Tommaso d’Aquino, Agostino, Alfragano, la Scuola Veneta Escatologica, Stazio e Lucano e Persio, il Vecchio e il Nuovo testamento etc. etc.; a costoro diciamo che gli artisti (ma anche i filosofi) si sono scopiazzati tutti, con la differenza che non tutti gli scopiazzamenti sono uguali.
Shakespeare ha preso di sana pianta trame dagli italiani, ma le opere prime e quelle del Bardo sono completamente differenti; echi wagneriani si trovano già in Andrea e Giovanni Gabrieli; sistemazioni bachiane originano da Vivaldi; insomma, ‘nil sub sole novi’, tranne l’impronta digitale.
Nel nostro caso, il dito di Dante ha tutte le trame delle dita della storia, e nessuna.
Come il marmista che usa la stessa pietra con cui altri hanno fatto le lapidi e lui ne trae il ‘Mosè’. Anche quando Dante ‘traduce’ è originale, perché egli rinnova dalle radici pianta e humus.
A chi non sta bene questa spiegazione, smetta di leggermi e di aprire la vasta disamina scritta da Massimo Desideri, che dell’Alighieri ne sa più di tanti, proprio perché egli, Desideri, ‘sa di non sapere’. E della Commedia non indovinerà mai nessuno la vera chiave di volta: Dante se l’è portata nella tomba.
Lui asseriva che i piani di lettura sono quattro, ma sapeva di mentire, perché il Poema Sacro è infinito, inesauribile. E non per la dottrina, bensì per un mistero che non può essere svelato: e Dante questo lo sa. Perciò l’accesso al Tempio è limitato di numero. Non c’è autore, come lui, che richieda una vita per entrare nel vestibolo.
Infatti, una vita non basta. Per cogliere le sfumature? Per spiegare al ‘vulgo’ le segrete cose? Per indovinare ciò che si nasconde sotto il «velame de li versi strani»? No: non lo sappiamo. L’opera è piena di segreti, di insulti larvati alle regole, di dichiarazioni che il sabato è fatto per l’uomo e non questi per il sabato, di trasgressioni che, a quei tempi, solo un pazzo o un nuovo evangelista poteva permettersi. Infatti, non l’uomo, ma la sua opera fu bruciata e messa all’indice. Poi addomesticata (illusione, dolce chimera sei tu!).
Cosa fa Massimo Desideri, dantista scomodo, fuori squadra, sempre in bilico sulla pèntima? Dice quello che non si vuole udire. Mette scompiglio nei luoghi interpretativi ritenuti certi (dal caos nasce l’universo!): leggete con attenzione il capitolo 2: “L’uso dantesco del volgare non significa volere rivolgersi a tutti” , oppure il 12: “Dante vuole pochi eletti al suo seguito”, o anche “Un mito rovesciato: l’Ulisse di Dante” e la ‘vexata quaestio’ di Catone (pagano e suicida) guardiano del più cristiano dei regni.
Insomma, a scorrere con superficialità, Dante pare contraddirsi spesso; altro che coerenza e sudditanza al cattolicesimo e alle usanze, al perbenismo morale!
Si tratta di un rivoluzionario; la rivoluzione deve distruggere prima di ricostruire. E sembra che guardasse con simpatia ai catari (anche l’amico Guido Cavalcanti e altri avevano quel debole, nella Fiorenza di allora; d’altronde, non si spiegherebbe altrimenti la forte propensione alla sola Madonna Paupertas nell’undicesimo canto del Paradiso, dove san Francesco viene isolato per sottolineare quel solo punto di vantaggio-scontro con la Chiesa opulenta del momento, anche se Dante poi mitiga il tutto affermando che non stavano nel giusto né Ubertino da Casale né Matteo d’Acquasparta, sebbene sia chiara la propensione dell’Alighieri per l’estremo rigore del primo).

Giorgio Bàrberi Squarotti mi rispose, in un’intervista in cui chiedevo chi fosse il nostro poeta più attuale: «Dante». Infatti, quelle cose che oggi si approvano ma nel Medioevo portavano al rogo, egli le ha scritte, anche se cripticamente per non essere un suicida volontario (vedi, ad es., il problema degli omosessuali, quello di San Giovanni l’evangelista, la sistemazione in Paradiso di personaggi che la Chiesa divideva – Gioachino da Fiore, Sigieri di Brabante insieme a Tommaso D’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio –), l’elezione delle donne al modo di Gesù che rivelò a una donna, per di più Samaritana, il suo compito salvifico. Dante abbraccia la teologia della Croce e condanna il successo della Chiesa terrena. La teologia della gloria è solo in Paradiso, col trionfo di Cristo. Un profeta scomodo, il nostro ‘ghibellin fuggiasco’.
Le atmosfere di questo libro che ho esaminato con passione oltre che con distaccata lucidità, sono coinvolgenti per vari motivi: Desideri evita (e ci riesce in pieno) di essere pedante (difetto dell’accademismo italiano, in specie dei dantisti); evita di dare a intendere che ha detto la parola definitiva; ribadisce le sue tesi che in parte troviamo già nell’opera sopra citata e le amplia, anche alla luce di letture recentissime; pone una immensa cultura con ariosità, e tuttavia con precisione scientifica; mette il dito – ogni volta che gli capita l’occasione – sull’apertura mentale di Dante, il che sradica il Poeta da ogni catalogazione sistematica.
Hai visto mai che ha ragione chi afferma che Dante ha scritto il ‘Quinto Evangelio’? Modestamente, io sono fra costoro, e Desideri con me (più precisamente io con lui). Non siamo un numero che può presentare una lista per andare al governo: molti hanno paura di commentare il Dante vero: essi potrebbero avere la maggioranza alle elezioni.
In sintesi: un libro che va non letto, ma studiato. E se lo si legge soltanto, lo si riponga in luogo sicuro: verrà il tempo in cui sarà ‘necessario’ riprenderlo fra mano.

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