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La fiamma e la falena

Febbraio 10
23:00 2008

Like a moth to a flame, only I am to blame…you’re to have not to hold.
Madonna, Ray of Light-To have and not to hold.

Torcia, vola al tuo lume la falena accecata, crepita, arde e loda il fuoco onde soccombe.
Charles Baudelaire, I fiori del male

Un battito d’ali irregolare avanza nella notte buia e silenziosa: si tratta di una falena che goffamente si fa strada fra la vegetazione del sottobosco. Nonostante questo tipo di farfalla esca al tramonto e si rintani alle prime luci dell’alba cerca ciò di cui ogni essere vivente ha bisogno: la luce. Sfreccia nell’aria umida e carica d’elettricità (forse tra poco scoppierà un temporale) ed è inebriata dall’aroma che il bosco emana, è come se la terra, gli arbusti, le foglie, i fusti e i fiori (che in questo momento sono chiusi) emanassero un unico respiro.

Un lampo all’orizzonte è seguito da un tuono. La falena si spaventa ma non si perde d’animo e continua il suo barcollante volo attraverso l’oscurità. Il tuono riecheggia ancora nell’aria e questo contribuisce a rendere l’atmosfera ancora più irreale: è l’unica forma di vita che popola la foresta stanotte, vi sono solo lei e il rombo che si protrae all’infinito.
Si libra nella notte densa, illuminata solo da qualche sporadica stella, schivando cespugli, castagni, querce e a volte innalzandosi fino a sfiorare le punte degli abeti. Improvvisamente cade una goccia d’acqua, ma la farfalla non può fermarsi di fronte al primo ostacolo e procede senza indugiare nemmeno un attimo. Un’altra goccia. Sa che non può fermarsi, non si deve assolutamente fermare. Un’altra ancora. Volare sta diventando pericoloso, se una di quelle gocce la colpisse sarebbe spacciata. Comincia a piovere definitivamente. Comprende che così non può continuare ed è costretta a fermarsi e a trovare riparo sotto un cespuglio di more. La pioggia si fa più fitta, poi cominciano ad infuriare lampi e tuoni. Il temporale imperversa e la falena sa che quello passato lì è tempo sottratto alla sua preziosa ricerca, tempo che non potrà mai recuperare. La notte, a volte, può risultare straordinariamente breve.
Chiude gli occhi, si ode solo il rumore che la pioggia fa sferzando le fronde e il vento che piega le cime degli alberi, i tuoni sono sempre più lontani. Rimane così, sospesa, per chissà quanto tempo a cullarsi nel suo riparo mentre intorno a lei la natura impazzisce. Quando riapre gli occhi il temporale è cessato del tutto.
Il piccolo animale, contento del cambiamento di tempo, ricomincia la sua ricerca, ma ora volare è diventato difficile. L’aria è pesante e veramente carica d’umidità, per quanto la falena si sforzi la frequenza dei battiti delle ali è nettamente inferiore a prima. Lotta con tutta le sue forze contro l’impulso che le suggerisce di fermarsi, ma più va avanti e più le sembra di avere le ali come immerse nel fango. Ogni tanto perde quota, ma riesce a riacquistarla con sforzi che le provocavano crampi ovunque. Non vuole arrendersi e si aggrappa al pensiero della luce tanto cercata: doveva trovarla stanotte, a tutti i costi. Poi, comincia a precipitare inesorabilmente verso terra e inutili sono i tentativi di addolcire l’atterraggio. Lo schianto con il suolo è sordo, e la terra fredda e bagnata non risparmia una delle ali della povera farfalla notturna, che si spezza. E’ immobile, con il dorso a terra, fissa il cielo privo di stelle e piange sommessamente. Tutto finito. Sarebbe morta lì e per i passanti sarebbe stata solo una falena stecchita e raggrinzita. Ma non poteva finire così, ogni suo sforzo sarebbe stato vano, tutta la sua vita sarebbe stata inutile se si fosse fermata ora. Questo pensiero le da forza e dopo vari dolorosi tentativi riesce a ribaltarsi. Zoppicando riprende il suo viaggio. Dall’ala rotta partono violente scariche di dolore che la pervadono fino al torace, le zampette affondano nella fanghiglia e questo ostacola ulteriormente il cammino. Percorre parecchia strada e quando ormai è al limite delle possibilità fisiche scorge un barlume proprio dietro ad una quercia. Ritrova improvvisamente la sua vitalità e incurante del male che le procura correre sfreccia verso ciò che aveva visto, e finalmente eccola lì, una fiamma, che appariva ancora più luminosa immersa in quell’oscurità profonda. La falena era fuori di se dalla gioia e si mise a girarle intorno, poi si fermò, rapita, e cominciò ad ammirarla. L’aveva tanto sognata ed ora era proprio davanti a lei, ed era sua. Ha voglia di toccarla con l’ala sana per saggiarne la consistenza, ma sa che non può. Così continua a fissarla e ad osservare la sua varietà di colori e il suo muoversi sinuosamente stagliandosi nell’oscurità. Poi comincia ad avvicinarsi sempre di più, fino a sentirne il calore che la inonda. Non resiste, si butta nella fiamma e brucia.
Magari ora vi state chiedendo – Che storia è?! Parla di una farfalla che si è fatta trascinare da ciò che le piaceva ed è morta orribilmente! – Forse è così, o forse parla di un essere che sarebbe scomparso comunque all’alba e che allora decide di vivere fino in fondo ciò che aveva da sempre cerato. Adesso vi dirò come termina la storia.
Per la falena fu un lento, dolce bruciare; per un mortale istante era stata nel cuore della fiamma e ne aveva carpito l’essenza. Al mattino il fuoco si estinse, la fiamma e la falena eran divenute un’unica cosa: cenere.

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