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La fissione nucleare compie 70 anni – 10

La fissione nucleare compie 70 anni – 10
Novembre 30
23:00 2008

Otto FrischAlla fisica della fissione nessun Nobel (II parte)

Smodate ambizioni, micidiali antagonismi, un arrivismo da fare paura. Nella loro sobria, concisa e rigorosa asciuttezza, le relazioni scientifiche non raccontano nulla dell’influenza dei fattori personali, privati e addirittura politici sui protagonisti di questa enorme competizione che è la ricerca scientifica. Fino dai primordi della scienza è sempre rimasto celato alla opinione pubblica che dissidi personali sorgono e si accentuano tra i concorrenti alla fama e al potere della scienza. Il dramma degli esperimenti sull’uranio vedeva come antagoniste due assolute vedette della fisica nucleare: Madame Irène Curie, figlia di Mària Curie, sposata Joliot, e la signorina Lise Meitner.

Erano le più insigni studiose della loro epoca. Nessuno contestava la loro posizione, eppure si accese tra loro una competizione non del tutto sgombra di vanità e gelosia, in cui ciascuna appoggiava ciecamente i propri collaboratori e, soprattutto, i propri sostenitori. Fu un atto di protesta contro le leggi razziali del Terzo Reich, ma insieme una più che naturale dimostrazione di fiducia e amicizia se, dopo quasi 30 anni di lavoro in comune, Otto Hahn comunicò i risultati delle sue analisi chimiche a Lise Meitner, emigrata a Stoccolma. Prima ancora che qualcuno al Kaiser Wilhelm Institut sapesse qualcosa della nuova scoperta, per il momento inspiegabile, una storica lettera era partita alla volta della Svezia. Con ansia Hahn attese di vedere come la sua compagna di lavoro avrebbe reagito alla notizia della presenza del bario, risultato che contraddiceva tutte le esperienze finora svolte. Hahn aveva persino timore per la risposta. La Meitner era sempre stata un critico acuto e spietato: forse non avrebbe trovato nulla di positivo in quei risultati. (Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici. Biblioteca Universale Rizzoli, 1958)
Dalle memorie di Otto Frisch. In Svezia, Lise Meitner, ormai 60enne, ma come in altri momenti della vita, sempre attiva e intraprendente, era sola. Ed io, suo fedele nipote e da lei indirizzato agli studi della fisica, andai a farle visita. La trovai in un piccolo albergo, faceva colazione meditando su una lettera di Hahn. Inizialmente, Frisch era scettico e, soprattutto, non voleva essere coinvolto. Tuttavia, la Meitner lo convinse della assoluta superiorità dei metodi sperimentali dell’altro Otto della sua vita. Nei due o tre giorni che trascorsero insieme, preso forma a poco a poco l’idea che il modello a goccia del nucleo, inventato da Bohr, potesse essere a ciò che accadeva quando un neutrone colpiva un nucleo di uranio. Le parole esatte di Bohr erano: se una goccia viene colpita da un proiettile esterno, essa tende a deformarsi restringendosi al centro e allungandosi, fino a spezzarsi in due gocce di volume inferiore. Compresero che la chiave della faccenda era nello antagonismo tra due forze di tendenza opposta: una forza nucleare attrattiva che nel modello di Bohr era rappresentata dalla tensione superficiale che tiene unita la goccia, e una forza elettrostatica repulsiva, quella rappresentata dai protoni presenti nel nucleo, che tende a scindere quest’ultimo. Entrambe le forze tendono ad aumentare con l’aumentare delle dimensioni volumetriche del nucleo, ma la repulsione elettrostatica aumenta con un gradiente maggiore, fino ad avere la meglio e spezzare il nucleo. Dunque il nucleo dell’uranio potrebbe essere una goccia alquanto tremolante e instabile, pronta a spaccarsi alla minima perturbazione proveniente dall’esterno, come quella fornita dall’impatto di un neutrone, scrisse in seguito Frisch. Otto e la zia Lise stimarono anche che la energia cinetica dei frammenti fosse enorme: circa 200 MeV (milioni di elettron volt, 10 volte maggiore di qualunque altre reazione nucleare precedentemente osservata. (Abraham Pais, Un danese tranquillo: Niels Bohr e il suo tempo 1882-1962, Bollati Boringhieri 1993)

Nei pressi di Goteborg. Quando la Meitner ricevette la lettera nella piccola località di Kungelv, nei pressi di Goteborg, ella intuì che si trattava di qualcosa di colossale, Naturalmente Lise Meitner smaniava dal desiderio di discutere con uno specialista la infinità di questioni e di ipotesi che le si erano affacciate alla mente. Che fortunata coincidenza che si trovasse presso di lei il nipote, Otto Frisch, considerato uno dei più bravi e pronti allievi della cerchia del professor Niels, presso l’Istituto di Fisica della Università di Copenhagen. Sui risultati della entusiasmante conversazione tra zia e nipote, che proseguì fino a tarda notte nell’antiquata sala di soggiorno della pensione, Otto Frisch dirà in seguito: A poco a poco ci apparve chiaro che la scissione del nucleo d’uranio in due parti dovesse essere concepita come qualcosa di radicalmente nuovo. (Vale la pena di ricordare in questa sede come la reazione in oggetto fosse, per quanto riguarda il numero atomico, del tipo uranio-92 = bario-56 + kripton-36, e non in due parti praticamente uguali, come viene troppo spesso scritto in letteratura, NdR) Comunque la caratteristica più appariscente di quella reazione era – secondo Frisch – la grande quantità di energia liberata. Tuttavia un altro aspetto assai rilevante era conoscere che la medesima reazione liberava anche neutroni e in quale numero. In un primo tempo, l’emozione era così grande che questo secondo quesito mi uscì completamente di testa. Otto scrisse alla madre che aveva l’impressione di avere catturato un elefante e di non sapere che cose farne. (Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici. Biblioteca Universale Rizzoli, 1958)
Le molte ingiustizie del premio Nobel. Documenti svedesi, recentemente svincolati dal segreto istruttorio, rivelano perché Lise Meitner, una delle persone responsabili della scoperta della fissione nucleare, non ricevette il premio Nobel 1946 per la fisica della sua interpretazione teorica del processo. Nel novembre 1945, tre mesi dopo la fine del secondo conflitto mondiale, una stretta maggioranza dei membri della Reale Accademia Svedese delle Scienze decise di assegnare il premio Nobel 1944 per la chimica a Otto Hahn per la scoperta della fissione nucleare. La decisione è stata e ancora rimane assai controversa, dato che i colleghi berlinesi di Hahn, il chimico Franz Strassmann e il fisico Lise Meitner, non furono inclusi nella delibera della commissione. L’esclusione della Meitner mette in risalto alcune spiacevoli manchevolezze nel processo decisionale. Quattro fattori emergono in particolare:
(i) la difficoltà nel valutare tutte le circostanze che fanno corona al lavoro di ricerca e, in particolare i contributi sotto forma di consigli informali oppure vere e proprie consulenze che hanno contribuito ad una scoperta interdisciplinare;
(ii) la scarsità di competenze in fisica teorica da parte dei componenti della commissione per l’assegnazione del premio e degli eventuali consiglieri cui i detti membri si sono appoggiati; ne deriva un confine fumoso e incerto di cognizioni che confondono invece che chiarire;
(iii) l’isolamento scientifico e, soprattutto, politico della Svezia durante la guerra che ha finito per interrompere tutta la catena di semplici amicizie, contatti internazionali e veri e propri rapporti diplomatici, indispensabili per formulare decisioni di così alta portata;
(iv) la quasi totale assenza di consapevolezza da parte della commissione giudicante nel valutare le conseguenze del pregiudizio, che la persecuzione degli ebrei da parte della Germania, ha introdotto nella documentazione scientifica pubblicata.
Il segreto di ufficio. Tutta la documentazione ufficiale della Reale Accademia Svedese delle Scienze, in tema di consegne di premi Nobel, viene mantenuta segreta per 50 anni e, trascorso questo periodo di totale oscurità, viene rilasciata per consultazione soltanto ad esperti titolati. I documenti, relativi al 1945 e 1946, recentemente concessi in visione, mostrano come i quattro fattori menzionati in precedenza, abbiano influenzato non soltanto la nomina di Otto Hahn, ma anche il giudiziose sul lavoro compiuto da Lise Meitner e suo nipote Otto Frisch, preso in considerazione in vista del premio Nobel 1946 per la fisica. E’ importante riesaminare criticamente la decisione del rigetto di questo secondo premio Nobel non perché Meitner e Strassmann oppure Meitner e Frisch meritavano ampiamente di venire premiati. La ragione di fondo sta nel fatto di avere ignorato, qualcuno sostiene addirittura eclissato, il contributo che tutta la fisica ha dato, negli laboriosi anni precedenti la scoperta e da parte di una partecipazione che più internazionale non si poteva, a una delle più importanti scoperte del XX secolo. In altre parole, la percezione e la storia della scoperta della fissione nucleare sono state completamente falsate dalla visione unicamente chimica della intero procedimento di natura fortemente interdisciplinare.
I premi Nobel attraggono, più di ogni altra gratificazione accademica, attenzione immensa da parte della comunità scientifica e del pubblico in generale. Il premio Nobel 1944 per la chimica assegnato alla fissione nucleare è stato, a dire poco, sensazionale, arrivando dopo la devastante eco della bomba atomica. Otto Hahn divenne una figura pubblica di proporzioni iconiche nella Germania del dopoguerra: il tedesco decente, che non era stato nazista, lo scienziato puro che aveva scoperto la fissione ma mai lavorato per la bomba. Hahn ebbe così il non comune prestigio di riabilitare la scienza tedesca. Di fronte a un personaggio così titanico, Strassmann era soltanto una ombra e la Lise Meitner una immagine prima sfocata, poi del tutto dimenticata. Si è arrivati persino a sostenere che, qualora la Meitner fosse rimasta a Berlino, sarebbe stata di impedimento ad Hahn sulla strada della scoperta. Nessuna di queste circostanze ha mai amareggiato la Meitner. Si lamentava poco, perdonava molto. Bohr ha sempre sostenuto che le spettava il premio Nobel per la fisica insieme al nipote O.R. Frisch. I posteri hanno fatto giustizia. (Elisabeth Crawford, Ruth Lewin Sime, Mark Walker, A Nobel Tale of Post-War Injustice, Physics Today, 50, September 1997)

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