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La fissione nucleare compie 70 anni – 15

Aprile 30
23:00 2009

La storia sconosciuta dell’atomica sovietica

Una lettera da Parigi. Ai primi di gennaio 1939, nove mesi in anticipo sull’inizio della seconda guerra mondiale, una lettera proveniente da Parigi mise al corrente i fisici della Unione Sovietica sulla stupefacente notizia che i radiochimici tedeschi avevano scoperto una nuova reazione nucleare di fondamentale importanza. Bombardando l’uranio con neutroni lenti – scriveva il fisico francese Frédéric Joliot-Curie al suo collega di Leningrado Abram Ioffe – causava la disintegrazione del più pesante degli elementi conosciuti in natura in due o più frammenti che si respingevano mutuamente in quantità prodigiosa di energia. Era appropriato che la prima comunicazione scientifica di una scoperta che avrebbe sfidato il sistema politico dominante nel mondo raggiungesse l’URSS provenendo dalla Francia, una nazione alla quale la Russia zarista aveva spesso fatto riferimento in termini di cultura e tecnologia.

La lettera di Joliot-Curie al grande vecchio della fisica russa ricevette un’accoglienza eccitata ed esplosiva in un seminario presso l’Istituto Ioffe a Leningrado. Le prime comunicazioni a proposito della scoperta della fissione nucleare ci lasciarono a bocca aperta – rammentava il fisico sovietico Georgi Flerov in tarda età – c’era come un profumo di cipria nucleare nell’aria. Lettere e articoli sulla rivista scientifica britannica Nature confermarono assai presto la scoperta germanica e iniziative di ricerca sulla fissione nucleare iniziarono dappertutto. Le notizie caddero come pioggia sul fertile terreno dell’Unione Sovietica. L’interesse della Russia nel campo della radioattività risalivano addirittura all’inizio del XX secolo. Vladimir Vernadski, un mineralogo di chiara fama. aveva comunicato alla Accademia Russa delle Scienze nel lontano 1910 che la radioattività apriva nuove fonti di energia atomica, in grado di eccedere un milione di volte tutte le energie che la immaginazione umana poteva avere intravisto nel passato. I geologi dell’Accademia avevano immediatamente, già nel 1910, localizzato una ricca vena di uranio nella valle Fergana situata in Uzbekistan. Una compagnia privata aveva estratto pechblenda in siti denominati Tiuia-Muiun (“Il collo del cammello”) fino al 1914. Dopo la prima guerra mondiale, l’Armata Rossa si era appropriata dei residui dell’estrazione da parte della compagnia di quantitativi di uranio e vanadio. I residui contenevano quantità apprezzabili di radio, che si ottiene naturalmente dall’uranio attraverso decadimento radioattivo. Il radiochimico sovietico Vitaly Khlopin aveva estratto parecchi grammi di radio per fini medicali nel 1921.
La fisica in Russia e in Unione Sovietica. Nel 1895 esistevano al mondo non più di 1000 fisici. Il lavoro in questa nuova disciplina scientifica era accentrato in Europa centrale durante i primi anni del XX secolo. Un certo numero di scienziati russi aveva studiato e imparato in Europa centrale. La preparazione alla carriera di Abram Ioffe aveva incluso ricerche in Germania con il vincitore del premio Nobel Wilhelm Roentgen, lo scopritore dei raggi X. Vernadski aveva lavorato presso l’Istituto Curie di Parigi. Lo straordinario fisico teorico viennese Paul Ehrenfest aveva insegnato a San Pietroburgo per cinque lunghi anni, precedenti l’inizio della prima guerra mondiale. Nel 1918, nel bel mezzo della rivoluzione russa, Ioffe aveva fondato un nuovo Istituto di Fisica e Tecnologia, denominato Fiztekh a Leningrado. A dispetto delle difficile condizioni ambientali e logistiche – il chimico N.N. Semenov descrive fame e rovine dappertutto, mancanza totale di strumenti e apparecchiature almeno fino al 1921 – Fiztekh divenne in breve tempo un centro nazionale per le ricerche fisiche. L’Istituto divenne ben presto il più attraente posto di lavoro e impiego per tutti i giovani scienziati desiderosi di contribuire alla nuova fisica<ù/em> – ricordava il fisico sovietico Sergei E. Frish. Il carismatico Abram Ioffe era conosciuto e stimato per le sue idee innovative e le sue opinioni tolleranti. Assumeva volentieri, come membri dl suo staff di ricerca, fisici principianti che egli giudicava dotati di talento. Dedizione alla scienza era l’unica dote rilevante, secondo Ioffe. La ciurma che Ioffe aveva reclutato era così giovane e desiderosa di far bene che la vecchia guardia della scienza sovietica aveva soprannominato Fiztekh “giardino di infanzia”. Durante il primo decennio, Fiztekh si era specializzato nello studio degli effetti elettrici causati dagli alti potenziali, una ricerca di notevole importanza pratica che operava di supporto alla nazionalizzazione del piano di elettrificazione stabilito dal nuovo governo comunista: il successo del socialismo – aveva più volte proclamato Lenin – sarebbe passato attraverso l’energia elettrica. Dopo il 1928, avendo sconfitto i suoi rivali e consolidato il suo ruolo, Josef Stalin aveva promulgato il primo di una serie brutale di piani quinquennali, che avrebbe costretto la popolazione povera dei contadini al razionamento alimentare, costruendo contemporaneamente monumentali dighe idroelettriche per estrarre energia dai fiumi selvaggi dell’URSS.
Parte di Fiztekh diventa orientata verso la fisica nucleare. Dalla sede principale di Leningrado, l’Istituto Fiztekh aveva pianificato la creazione di centri provinciali a partire dal 1931, i più importanti a Kharkov e Sverdlovsk, nel 1932, quando la scoperta del neutrone e quella della radioattività artificiale aveva incrementato il passo della ricerca in direzione dei segreti del nucleo atomico. Abram Ioffe aveva deciso di diversificare parte degli sforzi e delle iniziative di Fiztekh specificatamente verso l’energia nucleare. Il governo condivideva i suoi entusiasmi. Andai a trovare Sergei Ordzhonikidze – Ioffe ha scritto molti anni più tardi – il quale era segretario del Consiglio Supremo della Economia Nazionale, esposi davanti a lui il piano di riforma e, dopo letteralmente 10 minuti, lasciai il suo ufficio con un ordine da lui firmato di assegnarmi la somma da me richiesta per il rinnovamento di Fiztekh. Per dirigere il nuovo programma, Ioffe scelse Igor Kurchatov, un eccezionale fisico 29enne, figlio di un ispettore geologico e di una insegnante, nota in una regione boschiva del sud degli Urali, nel 1903. Kurchatov era (troppo) giovane per l’incarico, ma era un leader nato, vigoroso e pieno di fiducia in sé. Uno dei suoi coetanei ricorda la sua caratteristica tenacia. Come sempre, rimanevo assai colpito dal suo grande senso di responsabilità per qualunque problema dovesse affrontare, per qualunque dimensione il problema avesse. Molti di noi, dopo tutto, assumevamo una attitudine spensierata, e quasi casuale, verso aspetti della vita che ci apparivano secondari. Non c’era neanche un pizzico di quella attitudine in Igor Kurchatov. Egli affondava i suoi denti nella nostra anima e bevevo il nostro sangue fino al compimento dei nostri obblighi. Allo stesso tempo, non vi era nulla di pedante da parte sua. Egli si gettava con evidente gioia, entusiasmo e convinzione nel vortice degli impegni coinvolgendo anche noi nelle iniziative, contagiati dal suo slancio e dal suo stile energetico. Lo avevamo già ribattezzato General.
Nel giro di un anno, giustificando in pieno la fiducia che Ioffe aveva avuto in lui, Kurchatov aveva organizzato e diretto una Conferenza Nazionale sulla Fisica Nucleare, con partecipanti da parte delle repubbliche russe e di nazioni estere. Con Abram Alikhanov, aveva costruito un piccolo ciclotrone, che divenne nel 1934, la prima macchina di quel genere operante dopo quella di Berkeley, presso la Università di California, nel laboratorio dell’inventore dello strumento, Ernest O. Lawrence. Kurchatov diresse la ricerca al Fiztekh nel 1934 e 1935, pubblicando l’esito delle ricerche in 24 articoli pubblicati su riviste scientifiche di prestigio.
Reazioni a catena controllate e bombe all’uranio. Kurchatov analizzò gli studi sulla fissione pubblicati in tutto il mondo per dimostrare che una reazione a catena controllata era tecnicamente fattibile e compilò un elenco degli strumenti e dei materiali necessari per realizzare un esperimento di quel tipo. Quando gli si chiedeva se era possibile costruire una bomba all’uranio, egli rispondeva con tranquillità che l’impresa era alla portata dell’URSS e che forniva una stima dei costi coinvolti: una bomba all’uranio sarebbe costata tanto quanto il più grande impianto idro-elettrico costruito in Unione Sovietica fino ad allora. Si trattava di una stima più bassa di diversi ordini di grandezza rispetto alla verità, ma comparabile a quella di Rudolf Peierls e Otto R. Frisch avevano prospettato per il Regno Unito otto mesi prima per il governo britannico. In ogni caso, come Frisch commentò più tardi, il costo di un impianto per la separazione dell’U-235 sarebbe stato insignificante rispetto al costo della guerra.
Il rilascio di neutroni da parte della fissione dell’uranio. Il team di Joliot-Curie in Francia organizzò e portò a termine un esperimento per misurare il numero di neutroni secondari emessi dalla fissione di un nucleo di uranio. Nell’aprile 1939, i francesi riportarono un valore di 3.5 neutroni secondari per singola fissione dell’U-235. Enrico Fermi, che ormai lavorava alla Columbia University-New York con Leo Szilard, confermò la validità del risultato. In un seminario a Fiztekh nel mese di Aprile 1939, due giovani fisici del gruppo di Kurchatov, riportarono un risultato tra 2 e 4 neutroni secondari per fissione. Il Progetto Manhattan sovietico era sul punto di partenza.
(Richard Rhodes, Dark Sun, The Making of the Hydrogen Bomb, Simon & Schuster, 1995)

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