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La fissione nucleare compie 70 anni – 3

La fissione nucleare compie 70 anni – 3
Maggio 18
02:00 2008

Dall’alto e da sinistra: Theodor von Kàrmàn, George de Hevesy, Michael Polanyi, Leo Szilard, Eugene Wigner, John von Neumann, Edward TellerIn prossimità del Natale 2008, ricorre il 70esimo anniversario della scoperta della fissione nucleare da parte dei fisici Lise Meitner e Otto Frisch sulla base di dati sperimentali forniti dai chimici Otto Hahn e Fritz Strassmann. Controluce intende fornire un collage di scritti di autori vari che hanno narrato fatti e contorni di questa appassionante vicenda che ha cambiato la storia del mondo. I compilatori della raccolta, che uscirà in puntate mensili, sono Nicola Pacilio, docente di fisica dei reattori nucleari a Berkeley (California, USA) e Fabrizio Pisacane, ingegnere nucleare e ricercatore ENEA.

La storia dei sette re magi(ari) della scienza

Budapest, vera capitale della cultura europea. La prima metropolitana dell’Europa continentale non fu costruita a Parigi o a Berlino, ma a Budapest. Lunga tre chilometri, fu completata nel 1896; collegava la capitale ungherese in pieno sviluppo con i sobborghi nord-occidentali. I droshky a cavalli, ricorda il fisico ungherese Theodor von Kàrmàn, trasportavano per le antiche colline di Buda, segnate dalla guerra, donne in vesti di seta accompagnate da nobili ussari in uniforme rossa e colbacco di pelliccia questi spettacoli nascondevano processi sociali più profondi.

Una schiera straordinaria di giovani scienziati. Dalla prospera ma vulnerabile classe media ebraica ungherese, uscirono non meno di sette tra i più straordinari scienziati del XX secolo. In ordine di nascita: Theodor von Kàrmàn (1881-1963), George de Hevesy (1885-1966), Michael Polanyi (1891-1976), Leo Szilard (1898-1964), Eugene Wigner (1902-1995), John von Neumann (1904-1957) ed Edward Teller (1908-2003). Tutti e sette lasciarono l’Ungheria da giovani; tutti e sette si mostrarono eccezionalmente versatili, oltre che dotati, e diedero grandi contributi alla scienza e alla tecnologia. E due di loro, de Hevesy e Wigner ricevettero anche il premio Nobel. Il mistero di questa concentrazione di talenti in un luogo provinciale e così fuori mano ha affascinato la comunità scientifica. A proposito di questa galassia di brillanti fuoriusciti ungheresi, Otto Frisch, il fisico austriaco naturalizzato inglese, nipote di Lise Meitner e suo partner nella scoperta della fisica della fissione nucleare, ricorda che il suo amico Fritz Houtermans, fisico teorico, aveva proposto una scherzosa teoria secondo la quale quegli uomini erano in realtà marziani venuti sulla terra; trovavano infatti difficile parlare senza un accento che li tradisse e così avevano deciso di fingersi ungheresi perché è ben nota la incapacità di quel popolo di parlare qualsiasi lingua senza accento – a parte l’ungherese. Era una teoria divertente per i colleghi e lusinghiera per gli ungheresi, i quali gradivano che una patina di mistero rendessero più romantico il loro passato. Tuttavia, la verità era più dura: gli ungheresi erano espatriati perché la mancanza di occasioni scientifiche e un antisemitismo crescente, e da ultimo violento, li aveva cacciati. Portarono con sé nel mondo la lezione imparata in patria.

Genialità precoci. Avevano cominciato presto a dare prove – diverse e diversamente ricordate – del loro talento. A sei anni von Karman stupiva gli ospiti dei genitori moltiplicando a mente numeri di sei cifre; alla stessa età von Neumann scherzava con il padre in greco classico e aveva una vera memoria fotografica: era in grado di recitare interi capitoli dei libri che aveva letto. Edward Teller – come, prima di lui, Einstein – imparò a parlare, o decise di parlare, eccezionalmente tardi e il nonno mise sull’avviso i genitori: forse il bambino era ritardato. Ma quando Teller, a tre anni, parlò, lo fece con frasi complete.
Anche von Neumann si interrogava sul mistero della origine sua e dei suoi compatrioti. Il matematico polacco Stanislaw Ulam, che calcolò la composizione strutturale della bomba H e, tra l’altro, biografo di von Neumann, ricorda che a volte parlavano delle colline, rurali, primitive e fittamente popolate dei miserabili villaggi ortodossi, che si trovano su entrambi i lati dei Carpazi, tra Cecoslovacchia, Ungheria e Polonia. Johnny (nomignolo americaneggiante assunto da von Neumann negli USA, NdR) diceva che tutti i più famosi scienziati, artisti e scrittori ebrei emigrati dall’Ungheria intorno alla prima guerra mondiale provenivano, direttamente o indirettamente, da quelle piccole comunità carpatiche che si spostavano verso Budapest mano a mano che le loro condizioni materiali miglioravano. Per gente che aveva dietro di sé una simile transizione verso il meglio, il progresso poteva rappresentare una fede metafisica. Da ragazzo, scrive Teller, amavo la fantascienza. Leggevo Jules Verne e le sue pagine mi conducevano in un mondo entusiasmante. Le possibilità di miglioramento dell’uomo sono illimitate. Le conquiste della scienza erano superlative e rappresentavano elementi di progresso per la civiltà.

Ispirazioni da grandi scrittori di fantasia. Leo Szilard era assolutamente soggiogato dagli scritti scientifici e politici di H.G. Wells. La fede ragionata di Szilard per il progresso e le sue idee politiche finirono per isolarlo dalla sua classe sociale. Secondo lui, questa era stata plasmata dal particolare ambiente di Budapest, ai primi del secolo. Una società – sostiene la parafrasi di uno storico – in cui la sicurezza economica era data per scontata e si attribuiva molto valore alle conquiste intellettuali. Quel Minta (una sorta di Istituto di Studi Avanzati, NdR), che Szilard e Teller avrebbero più tardi frequentato, gratificò profondamente von Karman nei pacifici anni 1890. Mio padre (fondatore dell’Istituto) credeva fermamente che tutto – latino, matematica, storia – si dovesse insegnare mostrandone le connessioni con la vita quotidiana, scrive appunto von Karman. Gli studenti cominciavano lo studio del latino girando per la città e copiando le iscrizioni dei monumenti e dei musei; cominciavano quello della matematica consultando i dati della produzione agraria dell’Ungheria, preparando tavole e disegnando grafici. Non imparavamo mai le regole a memoria sui libri; cercavamo invece di elaborarle da noi. Quale migliore addestramento di base per uno scienziato?
Eugene Wigner, piccolo, magro, figlio del direttore di una conceria e destinato a diventare uno dei principali fisici teorici del XX secolo, entrò nel Gymnasium luterano nel 1913; John von Neumann lo seguì l’anno successivo. Facevano due anni – gli ultimi due – di fisica, ricorda Wigner. Erano molto interessanti. I nostri insegnanti erano straordinariamente bravi, ma quello di matematica era fantastico. Dava lezioni private a John von Neumann – gliene dava perché si rendeva conto che sarebbe diventato un grande matematico.

Amicizie scolastiche come supplementi di addestramento reciproco. Von Karman trovò in Wigner un amico con cui parlare di matematica andando a passeggio. Wigner aveva un talento matematico eccezionale ma, accanto al prodigioso figlio del banchiere che aveva fondato il Minta, non si sentiva più di prima scelta. Von Neumann impressionò i colleghi con la sua intelligenza per tutta la vita. A Princeton, dove nel 1933 von Neumann, a soli 29 anni, divenne il membro più giovane dell’Institute for Advanced Studies, fondato da poco, divenne popolare questa battuta. In realtà, il matematico ungherese era un semi-dio ma aveva fatto uno studio accurato e dettagliato degli esseri umani ed era in gradoni imitarli perfettamente. La similitudine suggerisce che, dietro la maschera di bonomia che von Neumann aveva imparato a indossare, si nascondesse un freddo manipolatore. Anche Wigner trovava che non ci fosse intimità nella sua amicizia. Ma trovava pure che fosse comunque l’unico vero genio di tutto il gruppo. Von Karman studiò ingegneria meccanica all’Università di Budapest, poi passò a Gottingen nel 1906; de Hevesy provò con Budapest nel 1903, passò alla Technische Hochschule di Berlino nel 1904, poi lavorò con Fritz Haber (l’inventore della yprite, il gas nervino letale divenuto macabramente famoso nella primo guerra mondiale) e quindi con Ernest Rutherford. Szilard aveva studiato al Politecnico di Budapest e fatto il servizio militare prima che gli eventi seguiti allo armistizio gli facessero decidere di andarsene. Invece Wigner, von Neumann e soprattutto Teller vissero il drammatico collasso della società ungherese da adolescenti – Teller all’inizio della pubertà, un momento delicatissimo – e da testimoni diretti.

Prima la Repubblica ungherese, poi la Repubblica sovietica ungherese. La rivoluzione ungherese dell’ottobre 1918 giunse come un uragano, nessuno la preparò e nessuno la organizzò: scoppiò per un impulso irresistibile. Furono un po’ più di 100 giorni: 133 per l’esattezza. Giorni di confusione, speranze, paure, comica inettitudine e anche, in una certa misura, violenza. Verso la fine della guerra, von Karman era tornato a Budapest dopo aver lavorato come ingegnere aeronautico per la aviazione austro-ungarica. Aveva partecipato alla creazione di uno dei primi prototipi di elicottero. Anche de Hevesy era tornato. Durante la breve vita della repubblica, von Karman contribuì a riorganizzare e modernizzare la università e fu anche sottosegretario all’istruzione durante il regime sovietico. Ne ricordava più l’ingenuità che la violenza. Per quel che posso rammentare, non ci fu terrorismo a Budapest durante i 100 giorni dei bolscevichi, anche se sentii parlare di alcuni eccessi sadici. Non avendo un fisico qualificato, l’università assunse de Hevesy come docente di fisica sperimentale nell’inverno 1918-1919. In marzo il sottosegretario von Karman gli affidò la cattedra di chimica-fisica di nuova istituzione, ma de Hevesy trovò insoddisfacenti le condizioni di lavoro sotto la Comune e in maggio andò in Danimarca a trovare Niels Bohr. I due vecchi amici convennero che de Hevesy sarebbe entrato nel nuovo istituto di Bohr a Copenhagen appena questo fosse stato ultimato (1921). Per von Neumann e Teller l’esperienza della Repubblica sovietica fu molto più dura. Non erano ancora membri della élite intellettuale come de Hevesy e von Karman: erano soltanto figli di uomini di affari – il padre di Teller era un affermato procuratore legale. Edward Teller ricorda così questo periodo: Amavo la scienza. E la scienza mi dava anche la possibilità di fuggire da quella società condannata. E von Karman stesso: Fui contento di andarmene dall’Ungheria. Sentivo di averne abbastanza di politicanti e di sconvolgimenti politici. Improvvisamente mi pervase la convinzione che soltanto la scienza dura.
(Richard Rhodes, The Making of the Atomic Bomb, Touchstone 1986)

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