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La maturità di Andrea Martinucci

Luglio 12
22:00 2011

Parlare di maturità artistica di un pittore ventenne potrebbe a prima vista sembrare un controsenso o un giudizio affrettato sulla base di una qualche recente emozione. Tuttavia nel caso di Andrea Martinucci non siamo lontani dalla realtà se affermiamo che questo giovane artista pensa, crea ed elabora le sue idee con la consapevolezza e la serena padronanza di un veterano. Guai ovviamente a pensare che questo aspetto rappresenti la fine di un percorso che è appena iniziato, giacché nessun artista al mondo, a parte presuntuosi imbrattatele che si credono “arrivati”, ha mai pensato nemmeno in tarda età di aver raggiunto il traguardo della conoscenza e della ricerca. Martinucci, appunto, ricerca, e la maturità che in lui traspare risiede nel modo di vivere, affrontare e plasmare i frutti della sua fonte di stimoli. Non si tratta infatti di un improvvisato miscuglio di sensazioni senza costrutto, tipico dei furori giovanili, ma di una vera e propria rielaborazione di quel che si vuole comunicare, fissata nell’opera per il tramite di una già chiara padronanza tecnica. Andrea Martinucci ha pertanto intrapreso questa strada lunga e irta di ostacoli con la determinazione di chi è consapevolmente spinto da forti motivazioni interiori, perché dall’osservazione dei suoi quadri appare netto il desiderio di vivere e rendere comunicabile quell’intimo afflato che distingue, in primis, chi dipinge per mero passatempo e chi invece vive ogni attimo nell’anelito di impugnare il pennello per materializzare e visualizzare quanto fluisce dalla sua vena creativa. E nemmeno questo sarebbe sufficiente visto che, a differenza di coloro che obnubilati dall’ignoranza e dall’autocelebrazione non lo ritengono necessario, in questo artista appaiono come substrato preponderante sia lo studio sia il desiderio di scoperta dei più intimi risvolti della percezione della realtà circostante. Maturità infatti non significa semplicemente sicurezza di sé, ma umile coscienza dei propri mezzi e obiettivi. In Martinucci infatti sono ben presenti e percepibili tutti quei moti dell’animo che un attento spettatore vorrebbe poter percepire, come l’osservazione, i drammi interiori, le inquietudini, le ribellioni e le prese d’atto. Il più grande merito di questo artista, pertanto, non è solo la “bravura” tout court nel padroneggiare la tecnica o nel produrre opere oggettivamente belle e affascinanti, ma soprattutto è nel provare e avere impeti giovanili mediati dalla capacità di non disperderli in mille inconcludenti rivoli. Proprio in questo aspetto risiede la matura gestione del proprio essere artista, vale a dire essere riuscito a creare quel delicatissimo ed equilibrato mix di vivacissimi impulsi creativi, anche tumultuosi, uniti però ad un’analisi profonda senza perdere in immediatezza e freschezza del linguaggio. E quando la curiosità, l’attenzione alle mille sfaccettature dell’essere inteso come uomo o come suo pensiero, come atteggiamento o come ideale, come posizione nello spazio e nella società, diventa il filo conduttore di una ricerca non solo all’esterno ma anche nel proprio intimo, ecco spiegate le sensazioni e le emozioni derivanti dall’osservazione delle sue opere.

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