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La nuova tutela del Paesaggio

Giugno 01
02:00 2008

È entrato in vigore il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio. Le modifiche apportate al vecchio Codice Urbani (dlg. 42/2004) sono state approvate durante la recente fase preelettorale, con un atteggiamento bipartisan veramente costruttivo. Le nuove norme sono state introdotte per rafforzare la tutela sia dei beni culturali che del paesaggio. Vediamo in particolare la Terza parte del Codice che contempla la tutela del paesaggio. La sua definizione ribadisce quella stabilita dalla Corte Costituzionale (con sentenza n.367 del 14/11/2007): “il paesaggio è un valore primario e assoluto che deve essere tutelato dallo Stato in modo prevalente rispetto agli altri interessi pubblici in materia di governo e di valorizzazione del territorio”. Una definizione, questa, che si adegua ai principi della Convenzione Europea ratificata nel 2004. Il professore Salvatore Settis della Scuola Superiore di Pisa e principale fautore dei cambiamenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio (in qualità di consulente del precedente governo Prodi) ha detto che tutelare il patrimonio culturale ed il paesaggio vuol dire salvaguardare una coscienza identitaria che è fattore vitale di produttività e di attrazione. Per il professore di storia dell’arte la nostra Costituzione, prima al mondo, ha stabilito un principio fondamentale, che è quello di collegare organicamente tutela, cultura e ricerca. Infatti l’art. 9 recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione”. È da auspicare che destra e sinistra s’impegnino ora a promuovere ricerca e formazione universitaria in materia di tutela del paesaggio. «Il nostro Paese – sostiene Settis – soffre di un drammatico problema: ha il più basso incremento demografico d’Europa ed insieme il più alto tasso di consumo del territorio. E questo perché l’alleanza della rendita fondiaria con la Politica – egli dice – ha generato colate di cemento, devastazione del paesaggio e mostruose periferie chiamate furbescamente “centralità”». Finalmente lo Stato dovrà proteggere anche gli alberi monumentali (al pari dei beni archeologici), in quanto “cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o memoria storica”. Tuttavia Salvatore Settis lancia un allarme: questa nuova versione del Codice resterà lettera morta se non si affronteranno tre nodi: 1) operare un reclutamento straordinario, basato esclusivamente sul merito, di personale addetto alla tutela dei beni culturali e del paesaggio (in quanto gli organici sono da decenni senza turnover); 2) risolvere il problema della finanza locale, che spinge i Comuni ad un continuo (e ormai selvaggio) consumo del territorio allo scopo di raggranellare introiti da oneri di urbanizzazione, situazione ora aggravata dall’abolizione dell’ICI sulla prima casa; 3) adeguare da subito le normative delle Regioni a quelle del Codice, in quanto l’elaborazione dei piani territoriali regionali che riguardano beni paesaggistici (vincolati in base alla legge Galasso o in base ad atti amministrativi di vincolo) dovranno vedere la partecipazione obbligatoria del Ministero dei beni culturali. In tal modo gli strumenti urbanistici e gli atti di autorizzazione alla realizzazione di interventi sul paesaggio dovranno essere necessariamente sottoposti alle regole certe e univoche fissate dai piani territoriali. L’effetto positivo sarà quello di eliminare il cospicuo contenzioso sulle autorizzazioni richieste, che si è verificato proprio a causa di tale mancanza di regole. Nel vecchio Codice Urbani del 2004 le autorizzazioni rilasciate dai Comuni erano sottoposte ad un semplice controllo di legittimità da parte delle Soprintendenze, ora invece le medesime dovranno emettere un parere vincolante preventivo sulla conformità dell’intervento ai piani paesaggistici ed ai vincoli, rafforzando così la tutela del paesaggio. Il parere delle Soprintendenze potrà essere soltanto obbligatorio (e non vincolante) solo se il Ministero avrà già positivamente vagliato l’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici. I tempi si accorciano: le Soprintendenze avranno 45 giorni di tempo per emettere tale parere, scaduto tale termine potrà essere indetta una conferenza di servizi nell’ambito della quale il soprintendente avrà ancora 15 giorni per esprimere il proprio parere. In mancanza di questo, deciderà la Regione o il Comune delegato. Ma la delegabilità del potere di autorizzazione potrà essere esercitata solo dai Comuni che dispongono di adeguati uffici tecnici e possono assicurare la separazione tra gli uffici che valutano gli aspetti urbanistici e quelli che valutano gli aspetti paesaggistici. C’è da augurarsi, insomma, che siano assunti negli uffici comunali e regionali degli esperti, laureati in scienze forestali e in geologia, e che le assunzioni avvengano per concorso!

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