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La pittura dell’incanto e della fede

La pittura dell’incanto e della fede
Settembre 28
23:00 2007

onofrio-pittura-incantoIncontro con il maestro Guido De Carolis

Maestro De Carolis, che cos’è per lei l’arte?

È il principio creativo e unificatore della realtà. È il manifesto del mondo. È tutto arte, in essenza cosmica. La natura è arte: di conseguenza, l’arte è vita. E si vive spontaneamente, come un respiro. Non sai di essere un artista, quando sei piccolo, ma il Padre Eterno ti dà questo dono che tu sviluppi man mano, con l’esperienza. Gustare e capire le forme, le luci, le notti, le rocce, le montagne, il grande mare: il muto linguaggio del cosmo, impresso eternamente dal Creatore. L’infinito senso dei dettagli. È allora che nasce l’artista.

Come guarda il mondo un artista?

Lo sguardo dell’artista si innamora delle cose, delle forme, di tutto ciò che lo circonda. È capace di coglierne e raccoglierne il dono. Ne sente l’amore con trasporto, con rapimento amoroso. È un sognatore ad occhi aperti. Non ha disimparato ad incantarsi, a perdersi nel mondo, a vivere emozioni. È un uomo che sa prendere il momento col suo amore. Vede amore dappertutto perché lui, per primo, è pieno d’amore. L’amore dell’artista è grande. È l’amore che gli trasforma lo sguardo, che gli fa vedere cose diverse. Ed è così grande che trabocca: deve tirarlo fuori.

Che cos’è per lei la pittura?

È un mezzo spirituale di cui disponiamo per rendere grazie al Creatore del mondo, per glorificare e magnificare la bellezza di ciò che vive. Il pittore è un “raccoglitore”: usa il suo occhio per cogliere e custodire le scintille divine di bellezza, i segni originari, diffusi in ogni dove, per poi fissare (e ricreare) tutto questo sulla tela. Il compito primario dell’artista è quello di donare bellezza agli uomini – o meglio: di rendere manifesta la bellezza esplosiva del mondo, di insegnare a guardarlo, a vederlo. La gente non ha più tempo né modo né, ormai, voglia di fermarsi a contemplare la bellezza che la Natura ci offre in continuazione, attimo dopo attimo, con il prodursi stesso del suo miracolo. Io amo e sento e vivo la Natura: è un respiro immenso, più largo della vita: è gioia e festa spirituale, che mi addolcisce il cuore. La pittura è un grande dono d’amore che mi conforta lasciare al mondo, agli uomini.

Chi è per lei un artista?

Essere artisti è un dono interno e profondo. Già da piccolo vedi il mondo in modo diverso dagli altri. L’inclinazione artistica si rivela a sei-sette anni. Se ne accorgono a scuola, da come il bambino disegna, dal suo tratto. Man mano che cresci, si amplia e intensifica il tuo sguardo, la tua capacità compositiva. Fino a quando, poi, esce fuori il pittore. Il quale, però, è una pianta che non finisce mai di svilupparsi. Le sue radici affondano in cielo, dentro l’invisibile. Dopo la copia, la prova dell’occhio, della mano, del movimento… viene la creazione. Che manifesta la tua personalità. Sei un artista quando hai uno stile e un tratto “tuoi”: quando la gente ti riconosce a colpo d’occhio, perché sei inconfondibile.

E il “maestro”?

È l’artista eccelso, che ha trascorso tutta la vita a contatto con la creazione. È l’artista degli artisti.

Quale compito è chiamato ad assolvere l’artista, sul piano cosmico-evolutivo, e quindi sociale?

Comincerei col dire che il primo e più grande artista è Dio, sommo fattore, che continuamente crea tutto ciò che esiste e ci sta intorno. Quando l’artista crea, continua e porta a compimento l’opera del Creatore. C’è continuità. L’artista è l’ultimo anello: porta a termine il processo creativo del mondo. L’artista ha dunque un compito spirituale. È stato toccato dalla “bacchetta” di Dio. È stato benedetto, sfiorato in testa da una carezza di Luce, insignito di un crisma, investito di una missione. L’artista agevola un arricchimento dell’anima, della visione e della bellezza del Creato. Dio ha creato il mondo intero; l’artista crea il particolare. Dio ti dà la forza di andare oltre la Natura, di creare le forme un po’ diverse da quelle che vedi intorno a te. È un contributo creativo che si aggiunge alla Natura, sia come forma sia come visione. Perché Dio ha voluto questo? A che servono gli artisti? Perché occorre che ci siano? Per indicare la bellezza: perché attraverso la loro opera la gente si riconduca al Creatore e impari a vedere le cose, come davvero sono. L’artista aumenta la fede.

Che rapporto c’è, per lei, tra arte e fede?

L’arte è fede, proprio in quanto appartiene allo spirito, che manifesta. La fede a sua volta è luce, è amore, è libertà…è qualcosa di grande, la cosa più bella che ogni individuo può sentire…Chi non sente la fede esiste, più che vivere: è spento dentro, è come morto. La fede è il calore e il colore della vita: senza di essa non si può iniziare o finire nulla! Essere artisti significa avere fede nello spirito. Quando si dipinge, o si scrive, o si compone musica…quando insomma si crea, ci si mette in comunicazione con lo spirito che in noi si manifesta, che ci abita all’interno… Non sono io a muovere il pennello: è una forza che arriva dall’eterno, dal cielo, dalla fede…

Il suo rapporto con i quattro elementi della natura.

Li amo tutti in ugual misura. Sono le forze primigenie: senza di loro è impossibile creare. Occorre dunque viverli tutti, sentirli in profondità. L’acqua in fermento delle marine. La terra, che si rinnova sempre. Il fuoco, forza tellurica e luminosa. E l’aria, alito creatore e anima del mondo. Prenda ad esempio il vento: la sua energia che accende la natura. Mi attrae, in genere, quello che si muove: la luce, la presenza, il brivido di vita.

Perché, fra tutte le arti, si è sentito attratto dalla pittura?

La pittura è tutto: la forma, l’aria, l’armonia, l’universo. È l’arte che le racchiude tutte: è poesia, è musica. Il mondo stesso è un quadro che si dipinge di attimo in attimo. Guardare un panorama è guardare una pittura. Tutto è quadro. La pittura ti fa capire, ti fa sognare: ti dà il senso e la profondità di ogni cosa. E ha il grande dono del colore, nella sua stupenda sensualità. È squillo, è gioia, è canto. La scultura ha la forma intera, la rotondità, il volume. Le puoi girare intorno. Mi piace, certo. Ho scolpito diversi bassorilievi. Ma ho scelto la pittura perché la sentivo di più e – principalmente – per l’impagabile ricchezza del colore, che amo. Il colore mi ammalia, ce l’ho dipinto dentro: è carne, sangue, linfa. Il colore mi respira.

Le è stato chiaro fin da subito che avrebbe fatto il pittore?

È la mia vocazione – è tutta la vita, per me, e tutto ciò che sono. Dipingo sempre: mattina, sera, notte. I quadri sono i miei “figli”, e l’arte il mio più grande amore.

Che rapporto c’è, per lei, fra arte e vita?

L’arte affonda nella vita le ragioni della sua verità. Se è avulsa dalla vita, se non si accorda al movimento della vita, finisce piano piano per morire. Senza vita, del resto, l’arte non è neppure concepibile: non avrebbe più nulla da dire. Condivide con la vita il fatto che non conclude. L’arte è ricerca. L’artista fa della propria vita una ricerca inesauribile. Ma non basta una vita. Certe volte penso di non aver tempo sufficiente a finire quel che debbo fare: perciò dipingo anche di notte. L’arte, come la vita, è un continuo porsi degli obiettivi, dei limiti da oltrepassare. Dopo un ‘bello’ c’è un ‘bello’ maggiore: non si finisce mai.

Come colloca l’arte rispetto ai concetti di “vita” e di “forma”?

L’arte realizza la felice coincidenza di vita e forma. Il quadro prende forma piano piano, attraverso i primi segni sulla tela, come un figlio che si viene generando. Esso non può esistere se non attraverso la forma. La forma dell’immagine è estratta dal flusso della vita: è un frammento eterno di essere strappato al divenire. Ma l’immagine rivive negli occhi di chi guarda, che presta la sua vita a quella forma e la scioglie di nuovo nella vita. Te ne accorgi al momento che lasci il quadro, ormai finito, e lo abbandoni al mondo, al suo destino.

Il rapporto tra forma e materia.

La forma esce attraverso la materia. Questa, in genere, è al servizio di quella. Prima c’è la forma eidetica; la materia viene dopo. La forma eidetica tu la crei dentro te stesso: la pensi e la ripensi, magari per anni. Utilizzi la materia per arrivare a quella forma. L’astratto, invece, inverte i termini del problema: parti anzitutto dalla materia, chiedendole di portarti ad una forma. Trovi la forma dentro la materia: è quest’ultima a guidare il processo creativo. La materia, in ogni caso, è per me fondamentale: amo la materia che si muove. Lavoro a punta di spatola e lascio il colore miscelato sulla tela. I miei quadri “vivono” di materia: per questo, con la luce, sembrano corpi di materia in movimento.

E l’energia?

È il ponte che lega il mondo fisico a quello spirituale, e accorda la pittura al circostante. L’intensificazione spirituale dell’energia produce l’astratto, che viene dopo l’arte figurativa. L’astratto è energia che hai nell’animo e che si espande ovunque e poi si esterna. Esplode poderosa e spumeggiante, col suo vigore eruttivo.

Il ruolo dell’ispirazione.

L’ispirazione è necessaria ma non sufficiente al processo creativo. Ed è fuggevole: se non la cogli al volo svanisce, e poi non la riprendi. Devi essere nell’opera, non perdere il contatto: restare collegato con la vita, in ciò che stai facendo. Si crea una sorta di circolo virtuoso fra l’artista che dà vita al quadro e il quadro, che a sua volta gliela rende di riflesso. Prima di iniziare un’opera tu la senti, la respiri, ti vive dentro. Quando l’ispirazione è buona e matura: è allora che devi lasciare la tua impronta, cogliendo il tuo momento più prezioso.

Il ruolo della tecnica.

Fondamentale. Non è un orpello esterno, aggiuntivo o accessorio, ma un fatto spirituale, endogeno, intrinseco al processo creativo. Per un artista vero la tecnica non è distinguibile dall’ispirazione. Intuizione ed espressione sono tutt’uno. Ideare l’opera è già farla. La tecnica si sviluppa nel cervello, più che nelle mani. Procede attraverso lo studio – della realtà, e dell’arte stessa. Io, ad esempio, ho studiato dieci anni la luce di Caravaggio. La tecnica è intimamente legata all’anima, alla percezione, all’idea che porta all’opera. Articola la dinamica del fare creativo. Veicola le pulsioni energetiche e permette loro di manifestarsi al meglio. L’ispirazione senza tecnica è nulla, così come la tecnica senza ispirazione. La tecnica è armonia di cuore e cervello.

L’importanza dello studio.

È importante per un artista, ma non deve mai essere eccessivo. L’artista è un creatore. Lo studioso, il ricercatore, passano la vita ad analizzare quel che gli altri hanno fatto; il creatore deve fare lui. Ciò che l’artista studia è in funzione di ciò che deve creare: altrimenti si ingombra di cose inutili, perde tempo e spreca energie.

Qualche accenno alle tappe cruciali della sua formazione artistica.

Dice bene: “cruciali”. E lo sono soprattutto gli esordi: è dall’impostazione iniziale che si delinea e determina il resto del cammino. Si comincia sempre dalla realtà, la “grande maestra”. Lo studio continuo della realtà e, insieme, la realtà quotidiana dello studio. Ho studiato diversi artisti. Passavo intere giornate nei musei per copiare e addestrarmi, cogliendo sfumature, segni, dettagli. La luce, soprattutto, è importante: riempirsi di luce! È per questo che, di tanto in tanto, ho bisogno di ritornare nel Salento, la meravigliosa terra della mia infanzia, a respirare certe atmosfere, certe luci.

I Maestri dell’arte contemporanea che le sono cari o vicini.

Tanti: tutti i veri artisti, quelli con la “a” maiuscola, quelli che non hanno paura di affrontare la tela. Due su tutti: Segantini, profondissimo e da studiare continuamente, di cui ammiro il tratto e il senso del colore; e Fattori, la cui luce mi sembra stupenda.

Parliamo dei tre filoni fondamentali della sua arte: realistico, simbolistico, astratto.

Si comincia sempre dalla realtà. La realtà è madre e origine e maestra: è da lì che tutti veniamo. Per questo va studiata con estrema attenzione. Ma ad un certo punto l’artista sente, in modo altrettanto naturale, l’esigenza di svincolarsi: di essere libero e autonomo. Ed ecco il Simbolismo, che è una dimensione spirituale: un sogno che continua, e trasporta ancora più in là, il grande sogno dell’arte. C’è poi l’astratto, che io definirei uno studio particolare di tutto ciò che esiste: la realtà trasformata, ma non scorporata, poiché resta immanente alla materia. Il segno astratto non è una macchia abbandonata così, a caso, sulla tela. Io miscelo la realtà con altri stili, con altre dimensioni: tra il sogno e la realtà c’è l’Infinito.

Che cosa può dirci della sua arte?

Faccio una pittura fresca, viva, palpitante: c’è tutti i colori del mondo. Parto dalla realtà visibile. Catturo dettagli che poi miscelo e compongo in una sintesi immaginaria dentro me. Prima di farlo, dunque, il quadro me lo dipingo dentro, lo imprimo dentro l’anima. Dipingo a memoria ciò che ho catturato con lo sguardo. Dalla realtà arrivo a una dimensione di sogno, che poi è quella che vive il fruitore dell’opera. I miei quadri sono fatti per sognare: si comincia a sognare davanti alla tela. Ti trasportano in un’altra dimensione, pur quando fortemente incisi nel dato di realtà.

Che differenza c’è tra la realtà “normale” e quella “astratta”?

L’astratto è una realtà. La realtà “normale” si vede; quella “astratta” è una composizione interiore prodotta dalla fantasia dell’artista, a partire dalla realtà “normale”. L’astratto è una forma emanata dall’artista, ma è reale. L’artista disegna la realtà dentro di sé: ne esce l’astratto. È l’impronta assoluta che la realtà ha impresso nell’artista. È un frammento estratto dall’esperienza. È la stampa della forma emozionale: un ritratto dell’anima, con le sue forze in gioco. I quadri astratti sono composizioni esoteriche: si arriva all’“alto dei cieli”. Ma bisogna prima studiare e “fare” la realtà. L’astratto presuppone il dominio della realtà. Te lo puoi permettere solo dopo che hai compiuto un lungo percorso, non subito. È inammissibile l’astratto a vent’anni. Molti ragazzi partono dall’astratto perché non sono in grado di fare un buon figurativo (difettano di basi tecniche) e, in virtù di quel criterio, pensano di poter giustificare qualunque cosa, anche gli obbrobri. Occorre ritornare alla realtà, alla bellezza della pittura.

Originario di Maglie (Lecce), dove è nato il 5 maggio 1929, Guido De Carolis vive e opera a Ciampino (Roma). Da decenni presente sulla scena artistica nazionale ed internazionale, fondatore e organizzatore di Premi, è apprezzato anche come promotore di iniziative culturali e animatore di cenacoli artistici. Pluriaccademico, è membro di giuria di importanti mostre. Sue opere sono collocate presso Musei, Gallerie, Pinacoteche, Collezioni pubbliche e private in ogni parte del mondo. A lui, Marco Onofrio ha recentemente dedicato un volume monografico: “Guido De Carolis. Pittura Luce Energia” (Edilazio).

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