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La scienza in pillole. La rifrazione della luce e il finalismo in fisica

Febbraio 06
20:55 2010

Risposte brevi a domande importanti

 

La velocità della luce cambia a seconda della densità del mezzo di propagazione: aumenta al diminuire di questa e nel vuoto raggiunge il suo valore massimo (circa 300 000 Km/sec). Dunque, all’interno di un mezzo omogeneo la luce si propaga con velocità costante, mentre cambia velocità  se attraversa mezzi di diversa densità o strati a diversa densità dello stesso mezzo, come avviene quando attraversa l’atmosfera.

 

A tale variabilità della velocità di propagazione della luce  è collegato il fenomeno della rifrazione, per il quale se un raggio luminoso attraversa la superficie di separazione fra due mezzi trasparenti e omogenei, ma differenti per densità  (per es. aria e acqua), con un angolo d’incidenza i rispetto alla verticale, la sua traiettoria rettilinea devia, avvicinandosi  alla verticale o allontanandosene, a seconda che la velocità di propagazione nel secondo mezzo v2 sia inferiore o maggiore di quella nel primo mezzo v1, formando con essa un angolo r (di rifrazione) che soddisfa questa semplice legge:  sen i / sen r = v1 / v2. Tale legge di rifrazione (ben nota a tutti  dagli studi scolastici) certamente esprime matematicamente ‘come avviene’ il fenomeno della rifrazione, ma non spiega ‘perché avviene’ così e non altrimenti. In altri termini, è una legge, come tutte quelle della fisica deterministica, basata sul concetto di ‘causa efficiente’, che considera ogni fenomeno univocamente determinato da una causa esterna materiale e priva di significati metafisici e finalistici. A questa concezione della fisica ‘classica’ (di Galilei-Newton) si contrappone la fisica ‘finalistica’, che al cieco concetto di causa efficiente sostituisce quello di ‘causa finale’, già introdotto da Aristotile: un fenomeno si svolge in modo da realizzare un certo fine, concepito generalmente come la manifestazione della volontà divina. In altri termini la Natura si comporta sempre in maniera ‘intelligente’, esprimendo questa sua intelligenza come obbedienza al disegno divino. In tale spirito s’inserisce il primo tentativo corretto (dopo quelli errati di Descartes, Leibniz e Newton) di spiegare la legge di rifrazione, compiuto dal grande matematico Pierre de Fermat (1601-1665) basandosi sull’idea (finalistica) secondo cui la Natura sceglie sempre la via più semplice, che per Fermat era quella che realizza la maggiore economia, rendendo minimi il tempo o lo spazio percorso. Nel caso della rifrazione, seguendo questo principio finalistico, la luce si avvicina alla verticale quando la sua velocità nel secondo mezzo è minore che nel primo, perché in tal modo riduce lo spazio percorso e quindi il tempo di percorrenza: è questa la ‘causa finale’ che spiega perché la luce cambia direzione al variare della sua velocità.

 

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