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L’ambiente è una foglia di fico?

L’ambiente è una foglia di fico?
Settembre 16
18:12 2019

L’ambiente, da molti, dai più, la politica non fa eccezione, è stato considerato finora nient’altro che una foglia di fico. Argomento ‘neutro’ più volte utilizzabile per coprire le ‘vergogne’, a necessità, sparisce quando si parla di qualcosa d’altro considerato più urgente, più attuale. Non dovrebbe più raccontarcelo il filosofo né il poeta che l’ambiente è il luogo dove ci troviamo: che non si parla ‘solo’ di Foresta amazzonica o dei Caraibi ‘incontaminati’. Ambiente sono il paese, la città, il marciapiedi, il lago, l’aiuola, il parco, le fontane, i cassonetti che utilizziamo. Quello che ci circonda e parti di esso, non citate a caso, perché tutti questi insiemi o parti attorno a noi, anche ai Castelli Romani, sono orrendamente sporchi. E sono così perché ogni giorno centinaia di migliaia di persone, in questo territorio dove l’edificazione selvaggia ha voluto cento volte gli abitanti concessi, gettano plastica, rifiuti quotidiani, rifiuti ingombranti nei luoghi dove non devono essere gettati. Prima di ripulire occorre soffermarsi sul fatto che molti non hanno imparato il gesto di conferire rifiuti nel giusto modo: i sacchetti nei contenitori dedicati per materiale, gli ingombrati in discarica e nei punti prescelti durante le cosiddette ‘giornate ecologiche’. Differenziare, poi, è la pratica irrinunciabile del momento ma nei confronti dell’ambiente resta una panacea da superare. Per ora, infatti, differenziamo (e male ancora, molto male) per non farci sommergere, ma siamo già da un pezzo nel tragico ‘capitolo’ della storia nel quale dovremmo produrre diversamente e con meno involucri. Anche ‘sua maestà l’industria’ nel suo complesso dovrà decidere di mettere al lavoro esperti (alcuni marchi lo hanno già fatto con successo) al fine di consegnare le merci all’utenza con meno incarti salvando la qualità della consegna, perciò senza dispersione di prodotto e immettendo meno confezioni.

Perciò non è che ci sia poco da fare tra rivoluzionare le produzioni industriali, utilizzare sempre, ogni volta che è possibile materiali riciclati/riciclabili; fare agricoltura senza veleni, che non dovrebbe nemmeno chiamarsi biologica, perché una logica vitale e non mortifera se non sta in quello che mettiamo nello stomaco dove dovrebbe essere? Per fare agricoltura del genere ad oggi occorre bonificare miriadi di terreni perché l’inquinamento visibile è una tortura per occhi e cervello ma l’inquinamento nascosto è quello che dovrebbe preoccupare di più (terreni dove le mafie hanno schiaffato fanghi venefici, rifiuti ospedalieri, materiali radioattivi); esistono poi le cave ‘bonificate’ con l’immondizia, le strade e le colline rifatte con rifiuti pericolosi….Prima di dare la colpa ai partiti, allo stato, alle mafie, occorre dire che molti cittadini hanno dato il loro benestare a questo stato di cose, anche solo non fiatando mai sull’argomento. Non gli stessi ma altri, e purtroppo in qualche drammatico caso coinciderà la persona, costretti ad andare ai cortei, ormai di interesse nazionale, contro le scarse o nulle politiche per l’ambiente dei poli chimici o nei territori distrutti dal conferimento di rifiuti tossici; luoghi dove s’ammalano di tumore intere famiglie, con perdite umane in tutte le fasce dì età, dai bambini agli anziani. Qualcuno non pulisce più davanti la porta di casa, davanti l’azienda, nel cortile dove giocano i bambini, davanti la propria attività familiare, perché non percepisce più il fastidio nei confronti dei rifiuti o degli eterni agglomerati di plastiche, di aiuole o vasi zeppi di mozziconi di sigaretta, dove insistono macchie sovrapposte di alimenti e gomme americane stratificati dal tempo. Ecco, anche abituarsi a questo, come anche ai tavoli sporchi di avanzi d’ogni genere al tavolo d’un caffé cittadino (succede ormai anche questo), vuol dire aver perso la rotta. Se non è pulito qui, ordinato, spazzato, perché dovrebbero esserlo la spiaggia, il bosco, il prato, la passeggiata delle vacanze estive? La cartolina che ci portiamo dentro, quella del mondo di qualche decennio fa, può darsi che si realizzasse con la collaborazione di cittadini magari poco informati sulle eco-mafie ma ancora capaci di utilizzare una scopa, uno straccio, un bidone. Ora invece, il surplus di informazione ricevuta in ogni dove, ci rende inerti osservatori di schermi, qualche volta per molte ore al giorno: quelli che sanno un po’ di tutto, senza sapere niente in fondo, incapaci anche di tenere pulito il marciapiedi di fronte all’uscio. (Serena Grizi)

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