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L’auto ad aria compressa è viva!!!

Marzo 12
02:00 2007

Il colosso indiano Tata Motors ha firmato con MDI dei Négre (padre e figlio) un contratto per la produzione in India dell’auto ad aria compressa. Il fatto che un’azienda dello spessore di Tata abbia deciso di investire su questo progetto dimostra che non si tratta dell’invenzione bislacca di un folle. In molti ne siamo convinti da anni. Quando 6 anni fa salii su uno dei primi prototipi, nella fabbrica di Marsiglia, ebbi la sensazione di muovermi con la macchina del futuro. Era un’auto straordinaria, un’invenzione geniale, economica e ecologica. Una monovolume a sei posti, grande bagagliaio, 200 chilometri di autonomia, raggiungeva i 120 chilometri orari, consumava 3 euro di elettricità per percorrere 100 chilometri e sarebbe dovuta costare 12mila euro. Veniva alimentata direttamente con aria compressa allo stato liquido, contenuta in due grandi bombole, alloggiate sotto l’auto per tutta la sua lunghezza. In alternativa era dotata di un compressore elettrico capace di riempire le bombole. Per ottenere un pieno era sufficiente collegarla per una notte a una presa di corrente. Insomma già 6 anni fa era un’auto strepitosa. Tra l’altro si avvaleva di ben 56 brevetti originali. Tutto era particolare: dall’impianto elettrico con 3 chilogrammi di fili al posto dei 30 di una comune auto di media cilindrata, ai sedili con anima tubolare che proteggevano il conducente in caso di incidente, al meccanismo per abbassare manualmente i vetri dei finestrini. La carrozzeria era stata progettata per essere leggerissima, offrire ottimi risultati nei crash test e venir costruita anche in fibra e resina di canapa. Ma, nonostante le potenzialità ecologiche ed economiche di quest’auto, sono passati gli anni e i Négre non sono ancora riusciti a omologarla in Francia. E qui bisogna proprio fermarsi e chiedersi come sia possibile che per così tanto tempo si sia riusciti a bloccare la commercializzazione di un mezzo simile. Ora, appunto, la scesa in campo di Tata Motors cambia tutta la situazione. Ho telefonato alla MDI e ho sentito aria di grande festa. È tutto vero, mi confermano. Entro un anno e mezzo gli indiani inizieranno a vendere questo miracolo tecnologico, sbeffeggiato dalle grandi case europee produttrici di automobili, sabotato dalla lobby dei petrolieri e da politici ottusi. E di certo dopo l’omologazione in India sarà difficile per i burocrati europei negare il permesso di circolazione sulle nostre strade all’auto ad aria compressa. Il segreto di quest’auto sta in un’idea rivoluzionaria. Ai tempi, gli ingegneri della Fiat elaborarono un’analisi tecnica di 16 pagine che dimostrava che questo mezzo avrebbe potuto percorrere solo pochi chilometri, molti meno dei 200 che millantavano i Négre. E non avevano tutti i torti: per quanto si possa immagazzinare molta aria compressa allo stato liquido, questa può esprimere solo poca potenza. Ma Négre aveva escogitato un sistema per moltiplicare l’autonomia del mezzo. Infatti, l’aria compressa a 300 bar di pressione esce dalle bombole a 70 gradi sotto zero. Più l’aria è compressa più è fredda, è un principio noto ma non pienamente sfruttato fin’ora nelle sue possibili applicazioni. Négre invece di usare direttamente la pressione dell’aria, la faceva entrare in un contenitore dove veniva scaldata dalla temperatura stessa dell’auto. In questo modo l’aria, aumentando di temperatura, si espande notevolmente e solo a questo punto veniva utilizzata la forza della sua pressione. Ed è questo il segreto che consentiva all’auto di raggiungere un’autonomia di 200 chilometri. Uso il passato perché in questi anni i prototipi sono stati ulteriormente sviluppati. Nell’auto ad aria compressa è stato integrato un serbatoio di gas e il motore può essere indifferentemente azionato dalla combustione del gas o dall’aria compressa. È, cioè, un motore ibrido. Così, se non c’è modo di alimentare l’auto con una presa di corrente o un pieno di aria compressa liquida, si può farla andare con il gas che già è supportato da una rete di distributori. Ma la presenza del gas ha anche un’altra funzione che ha portato l’ultimo modello a un’autonomia di 500 chilometri e una velocità di 150 chilometri orari. Infatti l’aria in uscita dalle bombole ora viene scaldata nel “vaso di espansione” con una fiamma alimentata dal gas così da moltiplicare ulteriormente il volume dell’aria e quindi moltiplicare la quota utilizzabile di pressione. Invece di utilizzarla a 2-3 gradi di temperatura la si porta a 30 gradi. E, come abbiamo detto, aumentando la temperatura, l’aria si espande ulteriormente. Infine si è sperimentato l’uso di meccanismi che recuperano l’attrito della frenata dell’auto e dell’inerzia nei percorsi in discesa per sviluppare elettricità che permette di comprimere altra aria nelle bombole. […] Tata Motors ha comprato i diritti per l’India. Ma, ad esempio, Eolo Italia, che deteneva i diritti per il nostro paese, pare non esista più e quindi i diritti potrebbero essere liberi. Vedremo quel che succederà ora. E certo la partita non è chiusa. Resta da registrare che insieme all’auto ad aria compressa sono molte le tecnologie che le Multinazionali del Dolore sono riuscite a sabotare. Vi ricordate le campagne di linciaggio contro gli scopritori della fusione fredda? Oggi nessuno più la mette in discussione e ci sono decine di brevetti registrati. Ma ancora gli investimenti nella ricerca, per arrivare ad applicazioni industriali, sono minimi. E che dire del progetto delle torri energetiche da impiantare nei deserti? Bloccato anche quello. Si tratta di enormi tubi, alti 800 metri e larghi 400. Sarebbero da installare nei deserti più torridi. Alla base migliaia di metri quadrati di pannelli solari scaldano l’aria che salendo attraverso il tubo si espande grazie all’alta temperatura dando vita a un vero e proprio tornado artificiale all’interno del tubo stesso. In cima una schiera di pale eoliche azionano enormi turbine che producono elettricità. Figuratevi che basterebbero 40 di questi tuboni per produrre l’energia elettrica necessaria a tutto il pianeta. Anche questo progetto è bloccato da anni. […] Ma la lista delle invenzioni bloccate è lunga (vedi il libro “Olio di colza e altri 30 modi per risparmiare” http://www.commercioetico.it/libri/jacopo-fo.html).
Nel nostro piccolo il premio Nobel Rubbia ha dovuto andarsene in Spagna per veder realizzata la sua idea di centrale solare “di potenza”. Una cosa geniale: con specchi e lenti si scalda fino a 500 gradi una miscela di sali minerali contenuta in tubi di metallo brunito posti all’interno di tubi trasparenti, isolanti termicamente. Vengono scaldate sostanze innocue simili chimicamente ai comuni fertilizzanti agricoli. Queste sostanze a 500 gradi sono liquide e vengono accumulate in un grande serbatoio sotterraneo, coibentato per non disperdere il calore. In questo modo lo si può utilizzare sia di giorno che di notte per produrre elettricità. Con questo calore viene portata dell’acqua a 100 gradi e si sfrutta il vapore così prodotto per azionare un generatore elettrico a turbina.
Fra duecento anni i nostri pronipoti si chiederanno increduli: “Ma perché se avevano già tutte le invenzioni necessarie per evitare l’inquinamento hanno continuato per decenni a suicidarsi respirando petrolio bruciato?” La risposta sarà una sola: “Erano coglioni!” (Fonte: Il C@C@O della domenica)

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