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Le Alpi che fanno l’Europa

Le Alpi che fanno l’Europa
Gennaio 18
14:33 2010

AlpiOrganizzato per la prima volta dalla sezione valdostana dell’AIIG, con il patrocinio dell’Assessorato Istruzione e Cultura, e in collaborazione con l’Associazione Forte di Bard e il Casinò de la Vallée di Saint-Vincent, si è tenuto dal 26 agosto al 1° settembre 2009 il 52° Convegno Nazionale AIIG, “Le Alpi e l’Europa”, articolato in due giornate di sessioni plenarie, alternate ad escursioni di studio sul territorio. Obiettivo della manifestazione, far conoscere la regione ospitante e le tematiche connesse alle Alpi occidentali, con particolare attenzione alla nuova realtà territoriale dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo. L’importanza dei convegni AIIG, espressione viva del legame profondo tra Università e scuola, che in altri ambiti è ormai poco più che un ricordo, non consiste tanto nel contrastare la pericolosa tendenza all’impoverimento (orario e disciplinare) sistematicamente praticato nei confronti della Geografia all’interno della scuola, ove ormai l’insegnamento è di fatto ridotto alla somministrazione ‘in pillole’ di rimasticati polpettoni ‘per problemi’, comuni a gran parte della manualistica scolastica; ma si concretizza anche nel diffondere dimensioni e applicazioni originali della ricerca, con riflessi sul concreto operare politico-culturale. In questa direzione, la Valle d’Aosta appare territorio privilegiato di osservazione per la semplicità della delimitazione spaziale del territorio, e per essersi qui realizzato un più marcato rapporto agonistico uomo-natura, in quanto ambiente alpino, dove “più ferree appaiono le leggi della Geografia”, come ha ricordato il Presidente Nazionale dell’AIIG, Gino Devecchis in apertura dei lavori. La presenza della politica, nella persona dell’Assessore all’Istruzione e Cultura Laurent Vierin, il saluto iniziale, pronunciato anche in francese, rappresentano segnali significativi di una realtà regionale bilingue che “punta all’investimento culturale”, come ha tenuto a rimarcare in apertura della seconda giornata il Sovrintendente agli studi Patrizia Bongiovanni. La riflessione sul tema caldo dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo, ha visto confrontarsi i responsabili degli affari internazionali delle regioni Liguria e Piemonte, rispettivamente Canale e Marcon, la quale ha precisato le tappe istituzionali che hanno condotto alla definizione del progetto, a partire dalla Dichiarazione d’Intenti del 2006, firmata dai Presidenti delle regioni interessate, ricordando come la sovranità nazionale e il tema dei confini siano ancora “qualcosa che fa sussultare le diplomazie nazionali”. Mentre Dematteis ha voluto sottolineare, nella sua introduzione al tema, come il rapporto delle Alpi con il contesto europeo sia segnato da una contraddizione di fondo: l’essere queste “cuore” del territorio sia dal punto di vista fisico che politico (7 Stati nelle Alpi), poiché attraverso di esse passa gran parte dei flussi che uniscono il Nord e il Sud dell’Europa; ma di fatto “margine”, in quanto territorio proprio da quei flussi trascurato o escluso, e ridotto a “campo vacanze” o, peggio, ad un ruolo “scenografico e folklorico”, ben lontano dalle strategie di innovazione e sviluppo sostenibile di Lisbona e Goteborg. Definiti da Daniele Ietri gli obiettivi dell’Euroregione (prevista dal Regolamento CE 1082/06, che consente di creare un GECT – Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale attraverso il quale dare personalità giuridica alle collaborazioni tra regioni), e le relative problematiche, si è passati ad una panoramica storica del ruolo delle Alpi nei conati di definizione unitaria del territorio e del concetto stesso di Europa, nell’intervento di Mario Fumagalli. Attraverso momenti cruciali di ‘apertura’ (lo sforzo espansionistico dei Romani fermato militarmente nella Selva di Teutoburgo; la effimera realtà dell’Europa carolingia, naufragata nei conflitti ereditari tra i discendenti di Carlo; la fortunata combinazione dinastica che regala a Carlo V l’enorme ‘ciambella’ europea, interrotta dal pericoloso ‘buco’ costituito dalla Francia) e ‘chiusura’, connessi spesso agli optimi e pessimi, il relatore ha ripercorso la grande vicenda delle Alpi, fino all’attraversamento delle stesse nella Piccola Età Glaciale, tramite i trafori ferroviari di fine Ottocento (realizzati sotto la spinta degli interessi della nascente industrializzazione italiana, affamata di materie prime d’Oltralpe), e allo sfruttamento per la produzione di “carbone bianco” (l’energia elettrica) all’inizio del XX secolo. Non meno suggestiva l’analisi (condotta da Marco Cuaz) della montagna nell’immaginario collettivo, da “locus horridus” dell’antichità, a paradiso nella configurazione rousseauiana del racconto di viaggio fra Sette ed Ottocento; da baluardo della patria nel mito nazionalistico di fine Ottocento e della Grande Guerra, a “virtutis iter” nella prevenzione del disagio giovanile di Don Bosco; per arrivare al recupero ecologista ed europeista in tempi più recenti, dagli anni Settanta del secolo scorso, che danno alle Alpi il ruolo di “laboratorio dell’Europa”. La seconda giornata di lavori, coordinati dal Sovrintendente Dongiovanni, ha visto alternarsi la perizia scientifica della Prof.ssa Cerutti (esperta di glaciologia e climatologia storica) nel riaffermare il ruolo della Natura nel condizionamento della storia, individuando nel territorio valdostano un fondamentale canale di traffico regolato metaforicamente dalla ‘chiusa’ delle Alpi nell’alternarsi di ottimi e pessimi climatici. Così che, nel profilo tracciato da Rivolin, “strettamente legata alla sorte delle vie di comunicazione che l’attraversano” appare la storia della Valle d’Aosta, “cerniera” tra le culture franco-borgognona, germanica e italico-lombarda, rimaste saldamente impresse nella fisionomia linguistica della valle. Che infatti riconosce tre lingue ufficiali: italiano, francese e tedesco, patrimonio linguistico accuratamente coltivato, anche se declinato in modo diverso a seconda degli ordini di scuola, in un sistema educativo bi-plurilingue, caratterizzato dalla precocità dell’approccio alla seconda lingua e dalla naturale alternanza delle lingue in relazione alle esigenze comunicative, con un “particolare spazio riservato alla conoscenza e lettura del territorio”, definito comunemente “civilisation valdotaine” (come da sintesi della Vernetto). All’interesse degli argomenti trattati, alla competenza dei relatori, va sommato ancora il valore aggiunto delle escursioni, guidate dalla sapiente affabulazione della Prof.ssa Cerutti, e dell’organizzazione complessiva, affidata al Comitato ordinatore (Freydoz, Cerutti, Reboulaz). Mentre decisamente discutibile è apparsa la professionalità dell’operatore turistico coinvolto nell’accoglienza dei partecipanti, a meno di scoprire che nel dialetto franco-provenzale di zona ‘convegnista’ sia sinonimo di un simpatico abitatore di queste terre, l’allocco.

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