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Le emozioni nella Filosofia e nella Psicologia – 1

Marzo 12
10:12 2010

Anche Thomas Hobbes (Westport, 1588- Hardwich 1679) considera le emozioni importanti e le collega a movimenti del corpo e a un’azione immanente, definendole “tendenze”. Cartesio, nome umanistico italianizzato di Renè Descartes (La Haye, Touraine, 1596- Stoccolma 1650) a prima vista condivide l’idea stoica secondo la quale lasciarsi andare è debolezza. A suo modo di vedere le emozioni devono spingere a rendere più perfetto il corpo. Le due fondamentali sono tristezza e gioia, alle quali seguono le altre emozioni. Egli affronta la tematica della meraviglia, decrivendola come un’emozione pura lontana dall’affezione. Spinoza (Baruch 1632-l’Aia 1677) sostiene che l’emozione tocca interamente la vita umana e deriva dallo “sforzo di perseverare nel proprio essere”. L’uomo tende a perseverare nel proprio essere (conatus) e prova emozioni diverse a seconda che questo compito gli riesca bene o no. Per Blaise Pascal (Clermont 1623-Parigi 1662) le emozioni, e in particolare la paura, aiutano l’uomo a preservarsi dal pericolo, mentre Emmanuel Kant, pur essendo un razionalista ammette l’importanza delle emozioni anche nel campo della sfera politica; parlando del riso, lo definisce come il venir meno di un’aspettativa, come una tensione per qualcosa che si risolve in nulla. Esso è benefico per la salute umana e ne aumenta la forza vitale. Shopenhauer ritiene che vivere significa “volere” e volere significa desiderare qualcosa. Il desiderio implica l’assenza dell’oggetto desiderato. Dall’appagamento del desiderio e del bisogno scaturiscono un nuovo desiderio e bisogno e in questa continua oscillazione il piacere rappresenta soltanto un momento transitorio: è la semplice cessazione del dolore. Nella seconda metà dell’Ottocento, grazie a studiosi come Charles Darwin e psicologi come William James si fanno strada teorie stando alle quali le emozioni sarebbero un residuo di qualcosa di antico che all’uomo serviva a scopo difensivo (teoria dell’ereditarietà).
Dal punto di vista psicologico l’emozione si definisce come uno stato mentale in grado di provocare nel nostro organismo delle reazioni fisiologiche da cui derivano poi le sensazioni: l’emozione è provocata dalla percezione dello stimolo e a sua volta causa l’attivazione fisica. A Darwin si deve l’avvio di uno studio che mette in relazione di continuità le espressioni emozionali degli animali con quelle dell’uomo (L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali 1872) servendosi di uno studio scientifico basato sul metodo osservativo. La sua ipotesi è che le espressioni dell’uomo siano riconducibili alle espressioni intenzionali degli animali e che l’evoluzione comporterebbe un distacco delle azioni dal loro impulso immediato per divenire segni. L’espressione sarebbe dunque “il gesto reattivo dei progenitori divenuto segno”. Darwin confermò le opinioni sull’innatezza e sull’ereditarietà degli atti espressivi riuscendo a spiegare la loro genesi come ATTI ORIGINARIAMENTE COMPIUTO PER UNO SCOPO BEN DEFINITO, quindi divenuti abituali ed ereditati così da essere usati anche in modo volontario e cosciente come mezzi di comunicazione.

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