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Le razze umane non esistono

Maggio 02
07:09 2020

È intollerabile che una trasmissione televisiva della RAI (che è pubblica) possa permettere a un direttore di quotidiano espressioni come quelle rilasciate martedì 21 aprile da Vittorio Feltri nella trasmissione televisiva Fuori dal coro su Rete 4: «I meridionali sono inferiori», riferendosi agli italiani del sud. E non è la prima volta che espressioni di questo tipo portano la firma di Feltri.

Come sempre accade in casi simili, dopo la bufera scatenata seguono le solite precisazioni che tentano di mettere una pezza al mal detto. Ma nel caso di un direttore di giornale questo non è concesso, sia deontologicamente, in base alle disposizioni di legge che regolano l’attività professionale dei giornalisti, sia professionalmente come sedicente uomo di cultura.

Una frase come quella pronunciata da Feltri su Rete 4 certamente ha, dal punto di vista logico, una ambiguità enorme, perché non precisa l’ambito al quale la sua valutazione di inferiorità si riferisce: può significare tutto e niente. Ma il “linguaggio” (specialmente parlato) non ottempera, quasi mai, alle regole della logica formale (l’unica disciplina che può farlo è la matematica), bensì si svolge nella “convinzione” della sua comprensione da parte di un pubblico molto vasto, basata sull’accezione corrente dei termini usati. E nel caso della infelice frase di Feltri, in assenza di ulteriori specificazioni, si intende inequivocabilmente il riferimento razziale.

Allora bisognerebbe ricordare a Feltri (o forse fargli sapere, perché probabilmente non lo ha mai saputo), che agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, quando insegnava all’università californiana di Stanford negli USA, Luigi Cavalli Sforza ha dimostrato con i suoi studi – che lo hanno reso famoso nel mondo – che dal punto di vista genetico non esistono le razze umane, perché siamo tutti un’unica popolazione. Riporto un suo brano: «Gli studi fatti sul DNA mitocondriale e il cromosoma Y ci portano a trovare il nostro comune antenato nell’Africa orientale, dove un gruppo di ominidi ha iniziato a lasciare le foreste per spostarsi in pianura. Una mutazione genetica li aveva resi in grado di camminare sulle gambe, rendendo quindi le mani libere per dedicarsi ad altri compiti.[…] Il colore bianco della pelle è dovuto esclusivamente al fatto che in determinate aree si consumavano quasi esclusivamente cereali, che non hanno vitamina D. Attraverso una mutazione genetica, si è resa l’epidermide più chiara così da rendere possibile la produzione della vitamina mancante grazie ai raggi solari».

 

Come probabilmente era nell’intenzione di Feltri, potremmo intendere quell’«inferiori» attribuito agli italiani del sud come un riferimento alle loro condizioni sociali. Ma anche in questa nuova accezione, il termine è piuttosto infelice e inammissibile per un giornalista professionista, facendo apparire il suo uso improprio come un’incauta ma voluta provocazione. La storia dell’uomo e l’antropologia insegnano chiaramente che la prosperità delle condizioni socio-economiche dipende in grande misura dalle situazioni ambientali e politiche, che possono variare nel corso della storia umana. Nell’antichità classica il Mediterraneo era praticamente il centro del mondo e tutti i Paesi che vi si affacciavano erano privilegiati dalle possibilità di scambi commerciali e anche culturali facilitati dal trasporto marittimo. Questa posizione privilegiata rimase efficace fino alla scoperta delle Americhe, evento che gradualmente oscurò l’importanza strategica dei Paesi mediterranei. Nell’epoca della rivoluzione industriale hanno assunto una importanza irrinunciabile le città prossime a grandi fiumi, in quanto le nuove industrie meccaniche avevano necessità di attingere a grandi quantitativi d’acqua e di smaltire nelle stesse i residui delle loro lavorazioni. In alcuni casi, poi, i fiumi costituivano ottime vie di trasporto delle merci e delle materie prime necessarie.

Si potrebbe spingere più nei dettagli l’analisi dell’influenza della posizione geografica  sullo sviluppo socio-economico delle popolazioni nel corso del tempo. Ma se ne otterrebbe probabilmente un intero libro. Qui credo che siano sufficienti questi brevi cenni.

Ancora il nostro grande genetista genovese, Luigi Cavalli Sforza, grande studioso anche di antropologia (è stato uno dei padri dell’antropologia culturale), di archeologia, di demografia e di linguistica, ci fa notare che «la ragione per cui gli europei sono economicamente avvantaggiati, rispetto ad altre popolazioni, è probabilmente dovuta all’area soltanto geografica dove si sono stanziati, più ricca di animali che potevano venire addomesticati rispetto alle altre». L’evoluzione umana – sostiene Cavalli Sforza – è frutto dell’evoluzione genetica e dell’evoluzione culturale, ma negli ultimi 10.000 anni «l’uomo ha saputo rispondere alle sfide che la vita gli presentava non tanto con mutazioni genetiche, ma soprattutto con invenzioni culturali». Ma queste ultime sono anch’esse fortemente condizionate dalle condizioni socio-politiche-economiche, variabili nel tempo e nello spazio per fattori contingenti complessi, ma rintracciabili con analisi accurate e libere da preconcetti. In ogni caso le invenzioni culturali non sono correlate a presunte e inesistenti differenze di razze umane.

Da un giornalista professionista e da un uomo di vera cultura ci si sarebbe aspettata, quindi, un’espressione (riferita all’Italia) del tipo “i meridionali sono in molti casi svantaggiati rispetto ai settentrionali”. Una frase di questo tenore non contiene il “veleno” dell’odio razziale e può aprire a riflessioni e scambi d’opinione preclusi ad apodittiche quanto arbitrarie affermazioni del tipo «i meridionali sono inferiori».

Consiglio a Feltri, e a tutti coloro che condividono il suo pensiero, queste letture divulgative di Luigi Cavalli Sforza dalle quali sono tratte le citazioni qui presenti: Geni, popoli e lingue, Storia e geografia dei geni umani, Chi siamo, La storia della diversità umana. Accostarsi un po’ alla scienza farebbe bene a tutti (e a lui in particolare), perché la scienza non conosce confini geografici e tanto meno razziali (che Cavalli Sforza ha dimostrato inesistenti): è universale, frutto e patrimonio dell’unica specie ominide.

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