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L’indifferenza è la vera emergenza

L’indifferenza è la vera emergenza
Luglio 15
08:42 2013

Foto di Robert Frank, 1955Viviamo nell’era dei social networks e della grande comunicazione di massa, siamo perennemente connessi con il mondo, amiamo viaggiare e conosciamo più di qualche lingua, eppure una parte di mondo ci sfugge o facciamo di tutto per farcela sfuggire

scegliendo di navigare nel dolce mare dell’indifferenza piuttosto che guardare a occhi aperti la realtà. Pochi giorni fa Papa Francesco, in visita a Lampedusa, ha condannato questo nuovo male moderno e il suo dilagare a livello mondiale, perché l’indifferenza è come un cancro contagioso: non fa rumore quando ti cammina dentro e si nutre della tua vitalità. Siamo tutti indifferenti, siamo senza nome e senza volto e siamo talmente assuefatti da questo male che neanche riusciamo e rendercene conto.
È proprio l’indifferenza, soprattutto quella della classe dirigente, il vero problema della nostra epoca, è il suo modo silenzioso di manifestarsi in ogni ambito del reale che rende l’uomo incapace di scegliere, incapace di commuoversi e di trovare soluzioni. Il discorso del Papa ha conseguito tanto successo ma anche troppe polemiche, soprattutto da parte dei politici. Con quel discorso, come molti erroneamente pensano, il Santo Padre non ha voluto giustificare o favorire l’immigrazione clandestina, ha semplicemente voluto evidenziare che se l’immigrazione è diventata insostenibile è soprattutto per colpa di chi, come Boso, è contento di vedere un barcone che affonda. Il leghista ha, infatti, affermato: “Non me ne frega niente di quello che ha fatto il Papa”. Ecco l’indifferenza, ecco l’essenza dell’inumanità che si fa portavoce di una moralità precaria e asservita all’interesse personale. Come si può pensare di trovare una soluzione al problema se esiste un rifiuto di base?
La realtà nella quale viviamo è complessa e pericolosa ma può diventare certamente migliore se guardata e studiata con interesse e curiosità. Questo discorso, ovviamente, non vale soltanto per la classe dirigente ma vale per l’uomo. Perché essere uomini, significa anche essere partecipi alle sofferenze altrui, con le parole o con i fatti, l’importante è mostrarsi sempre interessati. Non si può restare indifferenti di fronte a simili tragedie umane, non si possono non spendere due parole o una lacrima per chi ha intrapreso il viaggio della speranza e per chi è morto in questo viaggio, trascinando a fondo con sé la voglia di cambiare il mondo e di renderlo più giusto. Anche gli Italiani sono stati in passato un popolo di migranti, i volti di tanti anni fa sono gli stessi volti di chi, oggi, approda sulle nostre coste.
Volti veri, non falsamente abbelliti dalla società del benessere. Uomini, donne e bambini che chiedono di essere rispettati, tutelati e soprattutto ascoltati. Nella società del benessere l’ascolto, quello empatico, è divenuto una specie di rito tribale, praticato da pochi e evitato da molti. Ascoltiamo musica, ascoltiamo la televisione, la radio, i gossip ma non sappiamo più ascoltare una persona se non con distrazione e indifferenza. Proprio la società del benessere con i suoi falsi miti, con i suoi modelli culturali superficiali, con le sue mode passeggere, è stata la causa della diffusione dell’indifferenza a livello globale. Perché pensare agli altri se abbiamo tutto? Perché interessarsi ai problemi del mondo se possiedo la mia casa? Perché preoccuparmi della felicità degli altri, se ho la mia? L’indifferenza non è una forma di superiorità intellettuale e morale, l’indifferenza è vigliaccheria, è la scelta più comoda, la strada meno pericolosa da seguire. È un tenersi costantemente fuori dai confini della vita.
L’indifferenza non dà certezze, non dà possibilità di scelte, non è miglioramento e preclude il libero arbitrio, eppure, purtroppo, raggiunge tanto successo, anche fra le nuove generazioni. Siamo vittime del benessere, siamo schiavi delle mode e abbiamo gli occhi appannati dalle illusioni, ci auto inganniamo guardando con fiducia all’America e a ogni altro paese ricco, ma non ci importa niente di quei posti dove la modernizzazione è fallita o non è mai iniziata, anche e soprattutto per colpa del “grande” colonialismo europeo del passato. Esso è stato una forma di avidità ed egoismo da parte delle potenze conquistatrici, ha contribuito ad accrescere le differenze economiche, sociali e culturali di quei posti che oggi appartengono al Terzo Mondo. Il fenomeno dell’immigrazione è divenuto un fenomeno di massa proprio perché quelle differenze sottili e impercettibili del passato si sono trasformate in grandi baratri. La situazione è critica, il divario cresce: da un lato l’Europa, una volta cinica e conquistatrice, oggi assopita dalle mille dolcezze che il benessere offre, dall’altro lato tanta ingiustizia, tanta ineguaglianza ma anche tanta speranza. A dividere i due mondi solo tanta indifferenza. Se le cose restano così, la situazione può soltanto involvere e non evolvere, qualcosa deve cambiare anche perché “l’indifferenza è il peso morto della storia” e ci avvia soltanto verso una morte prematura e verso una paralisi dell’anima.

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