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L’opera di carità del Cardinale Domenico Tardini

L’opera di carità del Cardinale Domenico Tardini
Maggio 11
02:00 2008

Del cardinale Domenico Tardini, scomparso nel 1961, i più conoscono la sua intelligente attività diplomatica di Segretario di stato nel periodo di papa Giovanni XXIII (Tardini era stato ‘minutante’ insieme con Montini nella segreteria di stato già ai tempi di Pio XI e precisamente nella Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari), ma sono forse meno coloro che conoscono di questo ‘prete romano’ l’opera di carità che si esplicava non solo nella vita di tutti i giorni ma anche nella realizzazione di iniziative di grande respiro soprattutto nell’immediato dopoguerra. Su Tardini, negli anni scorsi sono state edite diverse interessanti pubblicazioni specialmente in merito alla sua attività ‘diplomatica’, ma recentemente è stato pubblicato un volume dall’editrice Studium, a cura del gesuita Fausto Gianfreda, che riporta alcuni scritti spirituali e una serie di lettere e appunti di Tardini riguardanti alcune sue opere di carità, delle quali la più importante è stata quella della fondazione di Villa Nazareth sulla Pineta Sacchetti a Roma quando l’Italia stava soffrendo le conseguenze di una guerra disastrosa. L’iniziativa di Villa Nazareth si pone nell’ottica di una particolare attenzione di Tardini verso i ragazzi orfani, un’idea che già aveva avuto durante la guerra, ma che nel 1946 si realizza con i primi ragazzi che vengono ospitati nella prospettiva di una formazione fondamentalmente umana e spirituale ma anche di alto spessore culturale, perché siano futuri ‘leaders’ cioè persone capaci di operare nella professione (qualsiasi essa possa essere) a livello di ‘eccellenza’, come oggi si direbbe, e sempre comunque orientati ‘a far del bene agli altri’.
“Tante volte Tardini – scrive il cardinal Achille Silvestrini nella prefazione a questo volume – aveva sognato di crescere, per la Chiesa e la società, laici cristiani che sentissero l’assillo di ridare a Dio, mediante un servizio ai propri fratelli, il superlucro dei talenti intellettuali ricevuti”. È stato questo l’obiettivo di Villa Nazareth per decenni, perseguito, anche dopo la scomparsa di Tardini, da quanti assunsero la ‘presidenza’ di questa istituzione benefica e, successivamente, della ‘Comunità Domenico Tardini’, oggi Fondazione (oggi, dal Cardinale Silvestrini). Villa Nazareth, dopo una decina d’anni di difficoltà in seguito alle ‘turbolenze’ del ’68, riprese in pieno la sua attività dal 1984, come riferimento e residenza per universitari che usufruiscono di borse di studio messe in concorso ogni anno dall’istituzione, ed è centro di numerose iniziative culturali di alto livello.
L’inizio della esperienza di Villa Nazarteh fu dovuta originariamente al contributo di alcuni benefattori americani con cui erano in contatto sia Tardini che mons. Paolo (Paolino) Ciaccio, suo collaboratore, tanto che nel 1951 affidò per alcuni anni la ‘supervisione’ della sua istituzione alle Sisters of Charity di Cincinnati, anche per la mentalità più aperta che in quel tempo avevano tali suore rispetto alle religiose italiane. Mentre istituiva Villa Nazareth, Tardini stava facendo costruire per le suore carmelitane di Vetralla una nuova Casa essendo stata la precedente distrutta dalla guerra. Ma c’èra in corso un’altra opera – certamente a Frascati alcuni conoscono anche se non molti – dovuta all’opera di Tardini: la ‘casa del clero’ che egli volle fosse costruita per i sacerdoti tuscolani. Tardini era molto affezionato a Frascati. Tra l’altro da giovane, prima di diventare assistente ecclesiastico generale per l’Unione Uomini di A.C. e poi della Società della Gioventù Cattolica Italiana, Tardini era stato assistente regionale della Gioventù cattolica del Lazio, in un periodo in cui era delegato regionale Luciano Tamburrano (presidente diocesano SGCI di Frascati e poi tesoriere generale della stessa GCI), con cui era legato da profonda amicizia. Nel 1946 Tardini era stato profondamente colpito dalle conseguenze dei bombardamenti su Frascati, in particolare dallo stato in cui si trovava il clero che, pur essendo rimasto nei momenti più tragici a confortare la popolazione e a seppellire i morti, aveva quasi tutte le ‘case’ parrocchiali distrutte o in pessime condizioni, In una delle lettere a mons. Ciaccio, Tardini scrive: “…Mi viene l’idea di parlarle di un’altra opera buona. Frascati è una cittadina mezzo distrutta dai bombardamenti. Il clero – che si è portato benissimo – quasi tutto privo di casa. Io vorrei far costruire una casa per i sacerdoti.[…] Se i sacerdoti americani sapessero come e dove vivono i loro confratelli di Frascati, si sentirebbero commossi”. Più volte il cardinale torna su questo argomento. Così Tardini, pur avendo, tramite l’amico Tamburano, cercato inutilmente un terreno più consono per questo obiettivo, fu peraltro ‘costretto’ ad accettare la proposta del vescovo tuscolano Marchetti Selvaggiani a servirsi del terreno a fianco del santuario di Capocroce, dove in effetti fu costruita la casa del clero, peraltro usata solo per poco tempo da quest’ultimo. Nel volume c’è oltre alle lettere sull’argomento, anche una memoria di Tardini del 1957 su questa vicenda.
Dunque un motivo in più perché questo volume di Gianfreda, Domenico Tardini. La guerra, gli orfani, la carità ed Studium, 2007) venga letto attentamente e meditato Riguarda anche un pezzo della nostra storia.

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