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“Matriciana” di Francesco Sensi

“Matriciana” di Francesco Sensi
Marzo 31
23:00 2009

9979-le-MatricianaPer rendere ragione di un piatto così importante occorreva un libro accuratissimo e, nei limiti della pagina scritta, altrettanto gustoso. Impresa non facile. Ci è riuscito Francesco Sensi, con il suo saggio monografico dedicato alla “mitica” Matriciana. L’idea di base è questa: cucinare e/o gustare un piatto significa accendere un tracciato di luce dentro il buio della storia. Il sapore è un percorso da attraversare per riconnettersi allo spazio-tempo da cui proviene e che ha, a sua volta, attraversato per giungere – più o meno intatto – fino a noi. Un modo, forse anzi “il” modo per abbracciare la cultura del popolo che l’ha prodotto, e saggiarne l’identità. Ecco l’intento della collana che questo testo inaugura nel migliore dei modi: sapere i sapori. Sapere i sapori per assaporare i saperi; e viceversa. Si procede dunque ad una vera e propria “filologia” dell’universo-Matriciana: della sua genesi, della sua storia, della sua evoluzione. È soprattutto alla ricostruzione – e quindi alla salvaguardia – dell’autentica ricetta originaria, che mira la ricerca storica affrontata con sagacia dall’autore. Senza escludere il conflitto delle interpretazioni: dando cioè udienza alle diverse “scuole” di pensiero. Fondamentalmente due: quella amatriciana e quella romana. La Matriciana è infatti un piatto ibrido, di acquisizione: naturalizzato romano, ma a metà fra Lazio e Abruzzo. Si parte dunque dalla Gricia, o Matriciana in bianco: il piatto semplice, pratico e sostanzioso dei pastori amatriciani (metà del ’700). E se ne segue il percorso lungo i tratturi, le vie della transumanza verso i pascoli della Sabina e della campagna romana, da un lato, e verso il mare Adriatico, fino al Tavoliere delle Puglie, dall’altro. Poi gli amatriciani migrano a Roma, dove si specializzano come osti e bettolanti, diffondendo con successo la loro specialità. Poi ancora, all’inizio dell’’800, c’è l’incontro decisivo della pasta con il pomodoro. È Roma dunque la patria – sia pur adottiva – dell’autentica, “storica” Matriciana: tra il 1798 (quando Napoleone instaura la Repubblica Romana) e il 1807 (quando Pio VII viene tradotto in esilio). Sono anni duri e drammatici. Lo Stato Pontificio è in dissesto economico. I viveri scarseggiano. Il popolo romano soffre di fame. Ecco allora, provvidenziale, questo piatto “autoctono”, semplice e gustoso, preparato con quel poco che resta di reperibile (il pomodoro casalino, l’olio, il guanciale, il pecorino). Come si suol dire: di necessità virtù. Grande virtù, in questo caso. Proprio dalle tribolazioni di quel periodo, e dal suo regime economico “di guerra e sussistenza”, ha modo di nascere la Matriciana, uno dei piatti più buoni e celebri del mondo.

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