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Monte Compatri – Jordi Forcadas laboratorio di Teatro dell’oppresso

Monte Compatri – Jordi Forcadas laboratorio di Teatro dell’oppresso
Aprile 29
06:45 2017

La trasformazione “Essere cittadini non vuol dire far parte di una società, ma provare a trasformarla!” Augusto Boal
Nei giorni 8 e 9 aprile presso l’Istituto Comprensivo Paolo Borsellino a Montecompatri si è svolto il laboratorio di Teatro dell’oppresso condotto dal professionista Jordi Forcadas ed organizzato dal regista ed attore teatrale Alberto Ferraro.
In questi due giorni Jordi Forcadas, allievo di Augusto Boal e fondatore dell’istituto “Forn de teatre Pa’tothom” di Barcelona, ci ha dato come prima cosa l’opportunità di venire a conoscenza del nostro personale modo di muoverci all’interno di un gruppo attraverso degli esercizi d’interazione tra le persone che lo hanno costituito. Siamo così venuti a conoscenza delle nostre personali strategie; del nostro personale modo di guardare a noi ed agli altri quando siamo all’interno di un gruppo che si muove attraverso delle regole stabilite da un gioco; del nostro più o meno essere solidali, competitivi, con una visione d’insieme o singola, partecipativi o più individualisti, con maggiore o minore presa d’iniziativa. Tutte queste scoperte sono state rese possibili dalla semplice partecipazione a dei giochi di gruppo tra cui il gioco di comporre dei veri e propri quadri (alberi, lettere dell’alfabeto, scarpe!) attraverso l’incontro di più persone nello spazio. E’ iniziato attraverso il divertimento così il viaggio verso l’ignoto…. quella parte di noi e degli altri che poi sempre più dall’ombra è venuta alla luce nel secondo giorno del laboratorio, mettendo in scena un aspetto personale della nostra vita in cui si è verificata una situazione di oppressione nella quale i nostri tentativi per combatterla sono stati vani. Ma a che scopo mettere in scena una situazione del genere? “Il teatro dell’oppresso vuole generare domande e non risposte” ci dice Jordi Forcadas ed è stata proprio questa la spinta propulsiva che ha fatto sì che ognuno di noi si mettesse in gioco, per aprire uno spazio alla domanda su cosa sentiamo giusto e cosa no a livello personale e collettivo e cosa possiamo fare nel nostro piccolo. Per arrivare alla costruzione delle scene si è partiti anche da esercizi più semplici: alla fine del primo giorno di laboratorio Jordi ci ha chiesto di comporre una scena in cui ognuno di noi immortalasse in un’azione quello che per noi volesse dire “felicità”. Attraverso questo esercizio si è potuto assistere ad una scena in cui la felicità per alcuni cambiava sostanza: chi aveva assunto una posa si è trovato a modificarla e questo ha cominciato a generare delle domande in noi sul senso della felicità: cosa vuol dire per noi e cosa per gli altri e quando avviene il mutamento all’entrare in relazione con gli altri. Già considerando questo semplice aspetto è cominciata una riflessione sul senso di libertà che abbiamo per poter “scolpire” questo spazio della nostra felicità… e quando invece subentra l’oppressore (interno od esterno), come e perché. Il secondo giorno del laboratorio sono state inscenate quindi diverse scene in cui i partecipanti hanno messo in evidenza delle situazioni di oppressione realmente vissuta. Il teatro dell’oppresso, infatti, ci dice Jordi, per lo più usa quattro tecniche base: il teatro forum, la forma giornalistica, il desiderio dell’arcobaleno e il teatro invisibile. Quello che noi abbiamo usato è stato il teatro forum. Si tratta di una forma di teatro sociale in cui i partecipanti non devono essere per forza di cose attori (e così per tutte le altre tecniche teatrali) ed in cui si mette in scena una situazione realmente vissuta in cui uno o più individui hanno subito un torto al quale hanno cercato di opporsi ma invano. Dopo la messa in scena si chiede a chi guarda lo spettacolo di prendere le parti di un personaggio a proprio piacimento e di modificare quel particolare momento che secondo lui avrebbe invece potuto cambiare l’andamento degli eventi e avrebbe forse visto una vittoria dell’oppresso sull’oppressore. Attraverso questo tipo di teatro chi davvero ha subito un’ingiustizia può prendere coscienza della possibilità invece di un’azione risolutrice e questo fa sì che possa assumere in futuro un atteggiamento diverso nel momento in cui si dovesse ripresentare una situazione del genere nella sua vita o in quella di altre persone di sua conoscenza o meno. Inoltre e soprattutto questo tipo di teatro ha la capacità di voler porre al pubblico delle riflessioni e di volerlo rendere “spetattore”, cambiando anche la mentalità generale: la soluzione ai problemi non viene data ma va personalmente cercata e attuata da ognuno di noi; non esiste un eroe ma per poter esserci un mutamento c’è bisogno del contributo di più persone perché… “nessuno si salva da solo!” ci dice Jordi Forcadas.
Grazie a Jordi Forcadas per i suoi insegnamenti e per quello che è riuscito a creare insieme al gruppo e grazie ad Alberto Ferraro per aver reso possibile questo laboratorio!
Jordi Forcadas ha una laurea in direzione artistica conseguita presso l’Istitut de theatre de Barcelona. Fondatore dell’istituto “Forn de teatre Pa’tothom” di Barcelona. Pioniere a livello internazionale nella divulgazione del teatro come strumento di intervento sociale attraverso il teatro dell’oppresso è attualmente il più esaustivo referente ed erede di Augusto Boal con un lavoro orientato a motivare la partecipazione e l’azione sociale attraverso l’arte in generale ed il teatro in particolare.
Responsabile per l’insegnamento in classi di teatro, scienze umane, e studi sull’immigrazione. Jordi Forcadas coordina attività extra-scolastiche allo scopo di fornire agli studenti un più ampio contatto con le arti sociali. Inoltre è coordinatore di numerosi progetti sociali nelle carceri, con i giovani a rischio di emarginazione, persone con sofferenze psichiche, immigrati e tossicodipendenti. Attualmente collabora al progetto FRATT (Fighting Racism Through Theatre), cofinanziato dal programma Justice della Commissione Europea Fundamental Rights and Citizenship.
Il “Forn del teatre Pa’tothom” lavora per la difesa dei diritti umani e l’esclusione sociale mediante la ricerca di modelli sociali alternativi utilizzando l’arte teatrale. In particolare, il FTP si rifà alle tecniche del Teatro dell’Oppresso, sviluppato da Augusto Boal e ispirato alla pedagogia dell’oppresso di Paulo Freire, il cui obiettivo è fornire strumenti di cambiamento personale, sociale e politico per tutti coloro si trovino in situazioni di oppressione.
Collabora da anni con l’Istituto Teatrale Europeo insegnando TDO nel corso di formazione O.S.A.T.E.
Caterina Rosolino

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