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Nel mondo ma non… del mondo, di Angela Cuomo

Nel mondo ma non… del mondo, di Angela Cuomo
Ottobre 25
12:24 2021

È bellissima questa silloge di Angela Cuomo. È sospesa fra la descrittività lirica e l’afflato metafisico. Ha un battito interiore che si identifica con originalissime metafore (“Chiome di salici come vestiti estivi/ di dame, scomposti dal vento/ s’immergono in uggiose fantasie quotidiane…”, oppure la centrale definizione di sé stessa: “E io Penelope ed Ulisse insieme…”, che dobbiamo tenere a mente per tutta la lettura della raccolta, in quanto è un punto chiave, un sintagma didascalico di grande importanza: ma non voglio togliere ai lettori il gusto della scoperta d’una poetica densa e profonda qual è contenuta in codesto libro.

Per fare un esempio della polisemica espressività di Cuomo, riporto alcuni versi da “Settembre”: “Trabocca di luce/ di limpido celestiale/ il mio settembre che si riposa/ nel tempo travasato e attraversato/ dalle foglie aranciate, di noi povere persone/ importate dai paesi affumicati/ dalla distrazione e dai frammenti di vita”.

Il tempo e la vita sono due condizioni di riflessione continua da parte della poetessa (ma aggiungeremo il sostrato metafisico: Dio). Lei parla del “sospiro del tempo”, tanto che “cercare le radici del ritorno è la sfida che sembra impossibile” (notiamo con piacere che l’ipermetro è molto usato da Angela Cuomo, con risultati musicali distesi come accordi consonanti; e tuttavia, quando la poetessa usa l’ipometro, non scende al di sotto del settenario sdrucciolo, tranne rare liriche sistemate anche nel trisillabo, ad es. “Autopresentazione”, ma – ripeto – è un’eccezione che conferma la sua regola musicale, tenuta sull’ampio respiro del fluire poetico-narrativo).

Centrale è “Preghiera di tarda primavera”, bellissima, da mandare a memoria per il suo palpito intenso di anelito alla Fede (“Fa’ che Tu ascolti sempre questo mio sdrucito desiderio di Te”). Insomma, siamo di fronte a un’anima tesa al mistero delle cose, di contrasto con gli “egoismi che esalano l’inutilità dell’esistenza”.

Nella sezione dedicata a Leopardi – molto variegata e ammiccante – si legge: “Le strade del mio essere/ hanno gallerie scontate”, ma poi, verso la fine, c’è un’interessante (e inedita, credo) richiesta al Poeta sulla verità interiore dei suoi amori. Ed ecco un distico (settenario e novenario piani) su cui riflettere (e che si aggancia alla poetica dell’autrice): “Ascoltare la vita/ nelle sue chiare dissonanze”.

È complesso il pensiero di Angela Cuomo, sospeso fra tenerezza, sensibilità estrema delle cose e ricerca d’un quid che plachi l’animo in questa vita contraddittoria, dolorosa (si rilegga “Autopresentazione” e soprattutto la splendida “Coriandoli”, nuova, originale, gnomica e allusiva, allegorica e furtivamente religiosa, religiosa a suo modo). Ci sono sintagmi (“le nostre tasche illuminate dalle lucciole”) indimenticabili, come “il tremore dei miei sogni”. “Sogni” è una parola-chiave che fa da richiamo speculare alla raccolta. Infatti, la ritroviamo, fra l’altro, nella “centralissima” lirica intitolata di nuovo “Settembre”, la quale, insieme con “Tu sarai”, appartiene alla triade della specularità testuale. Segnalo ancora “Coriandoli”, che amo particolarmente perché vi ritrovo il problema (anzi la problematica, che è più complessa come definizione) del tempo e quello più profondo e toccante e drammatico e lirico e invocativo e tenero di Dio. D’altronde il titolo (“Nel mondo ma non… del mondo”) è il tema, e se la citazione evangelica è posta a simbolo gnomico della raccolta, il centro focale si determina da sé.

Che dire di più? È impossibile rifare, in una prefazione, l’atmosfera della poesia. Semmai si può offrire al lettore un tracciato, un senso della poetica, ma è lui che deve gustare quanto non è ripetibile.

Questa raccolta è una silloge che va riletta e riposta nell’anta in cui si mettono i libri più amati. Io farò così quando l’opera sarà stampata.

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