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Non c’è mai silenzio. A Velletri per ricordare la strage

Non c’è mai silenzio. A Velletri per ricordare la strage
Giugno 06
09:45 2014

Viareggio incendio case3Il 29 giugno 2009, poco prima di mezzanotte, nella stazione di Viareggio un treno merci deraglia. Dalla prima cisterna, escono 35mila litri di gas, che si espande nella strada a fianco alla ferrovia. Tre minuti dopo il gas prende fuoco e il fuoco prende tutto. Via Ponchielli, una stradina piccola, stretta, piena di odori e di voci viene cancellata. Muoiono 32 persone.

Lo spettacolo “Non c’è mai silenzio”, scritto e interpretato da Elisabetta Salvatori e in scena al Teatro Artemisio di Velletri il 12 giugno, è il racconto della strada prima dell’incendio,delle sua storia, e la storia delle persone che ci vivevano: le bandiere di Burlamacco a Carnevale e quelle dell’Italia quando c’era una partita. E’ il ricordo di quella notte illuminata dal fuoco. E’ una denuncia alla mancanza di sicurezza. E un canto che chiede giustizia.
trentadue morti ed una città devastata. Non c’é mai silenzio…Il teatro di impegno civile: la strage ferroviaria di Viareggio raccontata col linguaggio universale dei gesti, delle emozioni e della musica. Per non dimenticare la vittime e per la sicurezza di tutti. 29 giugno 2009, ore 23 e 48, una tranquilla sera d’estate a Viareggio.Un treno carico con 14 cisterne di gas propano liquido (GPL), a causa della rottura di un’asse, deraglia proprio in stazione. Una delle cisterne si ribalta, si squarcia e suo contenuto evapora e si spande velocemente nell’area ed entra nelle case circostanti. Due minuti dopo, all’improvviso, ripetute esplosioni squarciano il buio, illuminando la città e un incendio di vaste proporzioni brucia e distrugge tutto, vite umane, storie e serenità di un quartiere tranquillo. Porta via tra le fiamme 32 persone che erano nelle loro case o in strada, alcune subito, altre dopo mesi di agonia. Si può dire che a Viareggio quella tragica notte non c’è stato ‘solo’ un grave incidente ferroviario perché quel disastro ha cambiato qualcosa nell’immaginario collettivo del ‘treno amico’, non solo in Versilia e nelle persone che lo utilizzano ma in tutto il paese e tra gli stessi ferrovieri. Dalle indagini sono emerse gravissime lacune sui controlli e la manutenzione dei carri e un ginepraio di regole e norme, nazionali e comunitarie che hanno reso difficile anche per la magistratura risalire ai soggetti responsabili della sicurezza ed hanno messo in luce gravi lacune nella sicurezza del trasporto ferroviario di merci pericolose. A cinque anni dalla strage, proprio in questi giorni, il processo che vede imputate 34 persone, tra cui l’ex ad delle ferrovie, Mauro Moretti e Michele Elia, nominato al suo posto tre giorni fa, è appena entrato nel vivo, con le deposizioni testimoniali dei ferrovieri in servizio quella sera, di alcuni familiari e degli investigatori. Quella sciagura, inattesa ed inverosimile, ha colpito l’opinione pubblica in tutta Italia e moltissime persone, pendolari, semplici cittadini, lavoratori di ogni settore che hanno dovuto prendere atto dei rischi di un ‘sistema industriale’ ed un trasporto creduto, fino a quel momento, affidabile e sicuro. Una strage di persone estranee ai treni ed alla ferrovia che è divenuta ovviamente un elemento centrale della vita quotidiana per i familiari delle vittime, per migliaia di cittadini di Viareggio e per le Istituzioni locali che instancabilmente da quella notte sono impegnati ad ottenere verità, giustizia e più sicurezza mediante misure più severe per il trasporto delle merci pericolose. Un episodio che è rimasto saldamente ancorato nella memoria di ciascuno ed è diventato parte integrante della vita sociale; dai soccorsi, al lutto indicibile, al vuoto incolmabile lasciato dalle trentadue vittime, tra cui alcuni bambini, alla ricostruzione, all’impegno per la sicurezza e alla necessità di conoscere le responsabilità, fino a diventare esso stesso parte della cultura e della vita sociale di un’intera comunità.
Rappresentare a teatro la strage come forma di impegno civile è uno dei modi per non dimenticare i volti ed i sorrisi delle 32 vittime e contribuire a far conoscere a tutti quanto accaduto e perché. A cominciare dalle regole del trasporto ferroviario che non hanno saputo prevedere e prevenire la rottura di quell’asse metallico cui erano affidate tonnellate di Gas liquido che viaggiavano (e viaggiano) a 100 km all’ora in mezzo a case e città. “Con queste parole l’autrice e attrice, Elisabetta Salvatori, che ha vissuto da vicino questa tragedia, esprime l’essenza del suo lavoro, sulla strage ferroviaria di Viareggio, avvenuta cinque anni fa, la sera del 29 giugno 2009. Il suo teatro consente di raccontare tutto questo col linguaggio universale dei gesti, delle emozioni, della musica e della poesia attraverso la sensibilità di un’attrice che non si ferma al dolore e alla disperazione ma vuole ricordare le vittime raccontandone la vita; un omaggio alla sua terra,alla forza, al coraggio ad alla caparbietà della gente di Viareggio che non permetterà mai, anche grazie a questo contributo artistico, che ‘il silenzio cali sulla vicenda’.
Immagine Scena Elisabetta Salvatori“L’ho chiamato “Non c’è mai silenzio”, pensando che le nostre giornate
sono piene di voci e rumori, a tanti dei quali non ci facciamo neanche
caso, ma se uno, è legato a un ricordo, sentirlo lo rievoca.
Il fischio di un treno, per tutta la città di Viareggio,a cinque anni
dalla strage, una lama, che ogni volta riapre il cuore, porta ricordi e
chiede giustizia. Raccontare questa storia, è stato come entrare nella case di via
Ponchielli,poco prima delle 23.50 del 29 giugno 2009. Conoscerli.
Vedere due amiche che giocavano a carte sul letto, cinque ragazzi a
tavola, con le birre davanti,due sposi sul divano, i bimbi a letto, un
lavandino che gocciola e l’odore delle lavatrici stese. Ho cercato di raccontare la poesia che c’è nella vita di tutti i giorni, e forse per questo, nonostante l’argomento, non è una storia
triste. Mi pareva che la tristezza non onorasse la memoria di quelle 32
vittime. Di loro racconto la vita, e dopo di loro la storia di un treno
che correva troppo forte, che trasportava gas e che non era stato revisionato correttamente, e
unisco la mia voce, a quella di tutta Viareggio, perché anche il palco
di un teatro serva a chiedere giustizia. Viareggio non è solo una terra di vacanze e carnevale, sono figli di
calafati, conoscono il pericolo: hanno domato il mare quando non c’erano
le previsioni del tempo, quando si guardava il cielo per partire.
Hanno principi solidi, perché sono abituati alla precarietà della
sabbia che scivola sotto i piedi. Anche le onde, come un treno, parlano. “Non c’è silenzio”, racconta un po’ anche questo spirito di Viareggio. Città ferita, ma che ha saputo trasformare il dolore in forza, non è
ferma ad aspettare i tempi della giustizia: si muove, si unisce ad altre realtà, denuncia e non permette che su questa vicenda cali il silenzio. (Elisabetta Salvatori)
Il monologo è accompagnato da Matteo Ceramelli al violino e chitarra

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