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#Nonleggeteilibri – I ‘casi’ di Sacks fra neuroscienze e vita vissuta

#Nonleggeteilibri – I ‘casi’ di Sacks fra neuroscienze e vita vissuta
Maggio 31
11:56 2021

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) L’occhio della mente (titolo originale: The Mind’s Eye) di Oliver Sacks, Adelphi ed. 2011 traduzione di Isabella C. Blum € 13,00 isbn 9788845930621 e-book € 6,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

L’occhio della mente è uno di quegli incredibili viaggi che si può sempre sperare di fare assieme all’ottimo medico, accademico e scrittore britannico Oliver Sacks (1933-2015) che, da par suo, ci introduce ai misteri e alle meccaniche del cervello, organo prezioso le attività del quale, nei secoli in cui se ne sapeva molto poco, si credeva fossero svolte dalla coscienza. L’autore attraverso i casi presentati ci svela che il nostro agire quotidiano, o meglio, ogni nostra singola azione, è un insieme di più attività complesse governate dalla mente, delle quali non ci rendiamo neppure conto finché si perde una abilità a causa di un trauma, di un ictus anche lieve o del temuto tumore. Nei casi, alcuni dei quali già ampiamente presentati nei precedenti libri L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello e Un antropologo su Marte, entrambi Adelphi, si legge di pazienti che continuano a scrivere le parole pur non essendo più in grado di leggerle; oppure che non vedono più i colori; di altri che non riconoscono più gli oggetti, oppure le persone, anche quelle frequentate ogni giorno (prosopagnosia); che non percepiscono più la profondità e non sanno quindi individuare gli spazi tra gli oggetti (anche per un semplice strabismo non corretto), a causa della perdita della visione stereoscopica tanto cara proprio al medico Sacks. L’autore fa un racconto metodico, a tratti diaristico, delle attività quotidiani di suoi pazienti, o lettori che gli si rivolgono per via epistolare, persone che considera nel loro insieme di preziose capacità, istruzione, saperi, status. Vite smontate, e rimontate spesso per fortuna, a causa di una sola delle infermità sopra citate, la quale può trasformare la vita in un inferno se non ci si arma della dovuta pazienza e del dovuto ottimismo. È in questo modo, attraverso i campionari ‘umani’ descritti dall’autore che il lettore si avvicina al quotidiano in rapporto alla malattia senza fuggire inorridito di fronte a ciò che nessuno vorrebbe leggere e sapere. L’autore stesso si mette in gioco quale protagonista con le proprie difficoltà: soffre di fortissima prosopagnosia (uscito dal suo analista e incontrandolo per le scale e non riconoscendolo, lo saluta solo quando sente il portiere che lo chiama per nome!) e fa la cronistoria d’un melanoma maligno che lo colpì all’occhio e lo condusse alla perdita della visione centrale dello stesso. Un racconto del genere non è semplicemente consolante, così come può esserlo la condivisione della malattia per via della possibilità di scambiare informazioni, come suggerisce Sacks, ma è anche occasione di apprendere l’esistenza di ‘mappe’ per procedere attraverso le vicissitudini di patologie complesse come quelle a carico del cervello. Le neuroscienze hanno fatto passi da gigante negli ultimi decenni e Sacks specula sulla esistenza della visione ‘dell’occhio della mente’, quando l’occhio o gli occhi hanno perso la visione del mondo esterno, o non l’hanno mai conosciuta, ponendo domande tratte dalla lettura e dallo studio del turbinio di pubblicazioni scientifiche mondiali da cui ha attinto notizie, contribuendo al progredire di quella scienza che, ben lontana dall’aver trovato soluzioni, si nutre continuamente di studi ed intuizioni. A luglio del 2015, un mese prima di morire, affidò un suo testamento alle pagine del New Yorker: «Il bismuto è l’elemento 83 (della tavola periodica, n.d.r.). Non credo che vedrò il mio 83esimo compleanno, ma sento che c’è qualcosa di speranzoso, qualcosa di incoraggiante, nell’avere “83” intorno. Inoltre, ho un debole per il bismuto, un modesto metallo grigio, spesso non considerato, ignorato, anche dagli amanti del metallo. Il mio sentimento di medico per i maltrattati o gli emarginati si estende al mondo inorganico e trova un parallelo nel mio sentimento per il bismuto».

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