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“Peperoni difficili”, commedia dal sapore dolceamaro in scena al Teatro Vascello

“Peperoni difficili”, commedia dal sapore dolceamaro in scena al Teatro Vascello
Maggio 18
06:30 2016

E’ sempre necessario dire la verità nei rapporti umani? Anche quando sia dolorosa sino a diventare insostenibile? E qual è, poi, la verità? Vive nella fede in Dio, in una vocazione totalizzante o nella semplicità delle relazioni? E la sincerità, in fondo, è davvero un elemento imprescindibile della saggezza?

E’ intorno a queste domande chiave dell’esistenza che si snoda, con sorprendente leggerezza ma senza rinunciare a momenti di assoluta intensità, la vicenda narrata nella commedia dal sapore dolceamaro “Peperoni difficili”, andata in scena – a  cura del Teatro Franco Parenti  di Milano – dal 5 al 15 maggio scorsi al Teatro Vascello di Roma. Il testo, ispirato ad una storia realmente accaduta, è scritto ed interpretato da Rosario Lisma (autore ed attore siciliano che alterna la sua attività teatrale alle apparizioni cinematografiche) ed attraversa in modo vivace e convincente, con tratti di grande garbo e sensibilità, le inquietudini esistenziali e religiose dei protagonisti, colti in uno spaccato di vita quotidiana che li vede insoddisfatti di se stessi e continuamente alla ricerca di un punto di equilibrio fra il bisogno di raccontarsi menzogne per sopravvivere al dolore e l’esigenza, per alcuni insopprimibile, di conoscere la nuda verità.

Nella canonica di una città di provincia, Giovanni, un giovane prete (molto ben caratterizzato dallo stesso Rosario Lisma), ben consapevole del suo ruolo di guida spirituale della comunità ma in realtà lacerato da dubbi e da invidie taciute, riceve una visita inaspettata, quella della giovane ed affascinante sorella, Maria (impersonata da Anna Della Rosa, attrice emergente e nota agli schermi cinematografici per una sua apparizione nel film di Sorrentino “La Grande Bellezza”), costretta a lasciare la missione umanitaria in un Paese africano in cui era attivamente impegnata a causa di un improvviso deterioramento delle condizioni di sicurezza. L’incontro, che sembra preludere ad un clima di ritrovata convivialità familiare, diventa il pretesto per organizzare una cena con due amici di lunga data ed assidui frequentatori dell’appartamento parrocchiale, i fratelli Filippo e Pietro, da poco tornati a vivere insieme a causa delle vicissitudini sentimentali del primo. Filippo, infatti (impersonato da un ispirato Andrea Narsi), è un introverso bidello e improvvisato allenatore della squadra di calcio parrocchiale, fortemente scosso dalla recente separazione con la moglie e ossessionato da irrazionali sensi di colpa che lo spingono a chiedere quotidianamente di essere confessato; il fratello Pietro (messo in scena dal bravissimo Ugo Giacomazzi), che lo ospita nel suo appartamento “senza specchi”, è un brillante e colto impiegato di banca, tanto saggio quanto inconsapevole del suo evidente handicap fisico, la spasticità, che ne compromette il controllo dei movimenti ma non l’acutezza di ragionamento e la capacità di eloquio.

La cena, come spiega Maria, ha il suo piatto forte proprio nei “peperoni difficili”, una specialità africana dalla preparazione particolarmente lunga e meticolosa, quasi una metafora di quella vocazione alla perfezione a cui proprio la giovane ragazza appare dedita, e che, in fondo, mette in crisi quel vissuto ordinario dei tre amici, troppo spesso condito da una certa dose di ipocrisia. Nel corso della serata anche Pietro, desideroso di rendersi utile nei preparativi del convivio, cerca di aiutare a servire in tavola, non dissuaso dal fratello Filippo e dal suo confessore Giovanni, timorosi di offenderne l’orgoglio di disabile. Proprio il suo intervento, inevitabilmente maldestro, costringe tutti a riflettere sui limiti che la condizione umana impone, fra aspettative e disillusione. I quattro decidono di proseguire ugualmente la serata, tra riflessioni teologiche, esistenziali e racconti sulla vita di paese. Filippo scopre così, nel modo più crudele per il suo cuore ferito, che la moglie dopo la separazione frequenta già un altro uomo; Maria, per una irrefrenabile ansia di verità, riflette sul significato più profondo di un’esistenza spesa al servizio di una vocazione assoluta. Pietro, invece, comprende di essere già innamorato della giovane operatrice umanitaria, indeciso sul come e sul quando provare a baciarla.

L’inquietudine di Giovanni, invece, che affiora al suo inconscio in un incubo notturno in cui due prelati danzanti si materializzano sul palco come demoni divertiti e disincantati per raccoglierne la confessione, è il sentimento dell’invidia e della disistima di sé, celato nel suo animo sin dall’infanzia forse proprio a causa dall’ingombrante figura di una sorella praticamente perfetta agli occhi della sua famiglia. Per lui, sacerdote così imperfetto ed ordinario, la via della redenzione passa però dalla riscoperta del suo grande senso di umanità e di quella pietas con cui scuote Filippo dalla sua crisi esistenziale per la fine del suo amore, richiamandolo ad una salutare presa d’atto delle sue qualità individuali e alla necessità di riaprirsi alla vita.

Ma è soprattutto nei confronti di Pietro, reduce da una serata romantica con Maria, tanto intensa quanto sfortunata a causa del rifiuto di lei ad amarlo, che Giovanni sceglie di farsi carico dell’imperfezione umana, negando all’amico, in un lungo e commovente abbraccio, l’evidenza del suo handicap e regalando allo spettatore l’immagine di una bugia come autentico strumento di umana compassione.

Dopo aver superato le novanta repliche in giro per l’Italia, c’è da aspettarsi che lo spettacolo di Lisma tornerà presto a calcare le scene di altri teatri.

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