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Per le antiche vie

Per le antiche vie
Giugno 19
22:00 2014

Albano Laziale ai primi del '900Sfogliando attentamente le pagine di questo libro arioso (Per le antiche vie, di Maurizio Bocci), essenziale, una sorta di elicottero sulla storia e le visioni di Albano, un ‘elicottero’ guidato da Maurizio Bocci, mi sono venute in mente numerose considerazioni. Maurizio Bocci osserva che se ha potuto realizzare questo eccezionale libro-documento, lo deve alle cartoline, che si spedivano in segno di saluto.

Oggi non usa più inviare il cartaceo, ma ai social network affidiamo, minuto per minuto, pensieri, immagini: e chissà quale fine faranno nell’immenso archivio di queste reti sociali ove sono connessi individui tra loro distanti … e forse non avremo più a disposizione l’opportunità per racimolare ed eternare i momenti, i luoghi, le atmosfere del nostro passato nelle nostre città.

Alla stessa maniera, non esisteranno gli illuminanti e preziosissimi epistolari, perché le lettere non si mandano più, tranne quelle che richiedono i pagamenti delle numerose tasse che affliggono gli italiani. Però, ogni medaglia ha il suo rovescio. Se il telefono e il cellulare, e quindi le e-mail, ci mettono sincronicamente a contatto con l’interlocutore – e tutto ciò sa di prodigio – dovremo acquisire una nuova forma mentis per le tecnologie che non permetteranno di lavorare come oggi nei vari campi della vita. Tuttavia, debbo esprimere un’osservazione che nasce sempre dal contemplare i luoghi nella loro realtà di appena cento anni or sono. Apparentemente, le piazze, i palazzi, le strade, i panorami, sono gli stessi, con qualche modifica in meglio o in peggio, ma praticamente essi sono diversi, appartengono a un mondo che non è più. Voglio significare questo: la città (o il piccolo paese), pur restando all’apparenza uguale nei suoi monumenti etc., è tutt’altro con il susseguirsi delle generazioni. La Albano dei primi del Novecento, anche se strutturalmente ha conservato la sua forma centrale (non parlo delle aggiunte di agglomerati urbani che – come in tutto il mondo – deturpano la “bellezza antica”), nell’intimo è cambiata. Una via popolata da gente che discorre e passeggia, magari accanto a muli, asini e cavalli, è assolutamente diversa dalla stessa che le macchine intasano di puzza, rumore, con brutale occupazione degli spazi destinati alle “creature viventi”.
Via Aurelio Saffi, di cui si legge nel libro, e piazza Pia e lo stesso Corso, pur restando uguali nella struttura architettonica e urbanistica, appartengono a un altro mondo, a un’altra città, a una realtà irriconoscibile. Questo libro, fruibile, agile, documentatissimo e appassionato, è un’esortazione. A suo modo, è un invito alle ‘istorie’, quelle patrie, perché anche una strada non solo “ha” una storia, ma “è” una storia: lì vissero i nostri simili, quelli da cui abbiamo ereditato la vita e il dna. Pure il nostro paese è il nostro dna. Quello generale. Per ciò dobbiamo amarlo, e amarci!

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