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PER UN “MUSEO DEL BOSCO” a ROCCA DI PAPA.

Aprile 30
19:43 2023

A tutti i candidati Sindaco di Rocca di Papa,

 PER UN “MUSEO DEL BOSCO” a ROCCA DI PAPA.

 ITALIA NOSTRA CASTELLI ROMANI lancia un appello alla società civile ed in particolare a tutti i candidati sindaco di Rocca di Papa affinché, chiunque sarà al governo della città, in seguito alle prossime elezioni comunali, si impegni concretamente, ed in tempi brevi, alla realizzazione di un progetto che riteniamo certamente originale e qualificante per la città di Rocca di Papa, un progetto legato alle tradizioni culturali ed ai valori identitari della città. L’autrice del progetto Maria Pia Santangeli, nota scrittrice ed animatrice culturale, afferma giustamente, e noi come Italia Nostra Castelli Romani ci sentiamo partecipi fino in fondo di questo ideale, che: “Tutti abbiamo la responsabilità di NON SPEZZARE IL FILO DELLA MEMORIA.” Proprio in virtù di questo ideale l’idea di un “MUSEO DEL BOSCO” non può e non deve passare inosservata all’opinione pubblica, poichè potrebbe dare vita ad una peculiarità affatto non comune e diventare un prezioso riferimento nel panorama dei luoghi di interesse culturale e storico nella regione Lazio come nel centro Italia. Del resto da tempo si vanno diffondendo in Italia i musei etnografici che ritraggono il passato e la vita contadina e, certamente, la comunità di Rocca di Papa era legata profondamente alle attività nei boschi circostanti. Perché dunque rinunciare a farlo anche a Rocca di Papa, sapendo che non sembrerebbe esserci ancora un museo del bosco in Italia?

ITALIA NOSTRA CASTELLI ROMANI desidera dunque offrire in tal senso tutta la sua collaborazione ed il suo impegno affinchè il progetto suddetto vada a buon fine.

Per approfondire e chiarire meglio le ragioni e caratteristiche concrete del progetto, non troviamo nulla di meglio che riproporre le parole della stessa autrice Maria Pia Santangeli in un articolo già pubblicato sul Piccolo Segno nel 2012 .

“ Perché un Museo del Bosco a Rocca di Papa ( articolo)

 

Durante la ricerca da cui è nato il libro Boscaioli e carbonai nei Castelli Romani, ho intervistato circa sessanta persone, uomini per lo più, ma anche donne: rocchigiani, roccaprioresi, larianesi, nemesi, velletrani, marchigiani di Sarnano, boscaioli veri e propri, ma anche mulattieri sia locali sia abruzzesi, rogaróli di Genzano, bovari di Lariano, barcaioli di Gastelgandolfo. ( Questi ultimi  trasportavano il legname da una parte all’ altra del lago Albano). Tutti mi hanno riferito, fra tante altre cose, che i rocchigiani erano il gruppo di boscaioli più numeroso  e anche quello che comprendeva i boscaioli più specializzati. I marchigiani, che si fermavano nei Castelli per cinque-sei mesi vivendo in baracche nel mezzo dei boschi,  erano considerati più lenti, ma più precisi, per questo venivano affidati alle loro compagnie i boschi più estesi.

Fra i lavoratori del bosco di Rocca di Papa mancavano solo i bovari, cioè quelli che trascinavano fuori dal luogo del taglio travi e pali con le coppie di buoi, le cosiddette vette. (I bovari erano di Rocca Priora, di Artena e di Lariano.). Tutti gli altri, considerando anche  i fascettari, i manicari, gli scalari e i carbonai possedevano una grande conoscenza degli alberi, del legno, della natura in genere, avevano una grande cura dei loro attrezzi che sapevano costruire e mantenere efficienti. Le accette, spesso riposte sotto il letto matrimoniale, erano muti testimoni della vita domestica.

 Mi piace ricordare tre testimonianze: le parole del carbonaio Libertario De Santis:” Devi conoscere il legno, che è diverso a seconda del sole e dell’ ombra che ha preso, della terra che ha succhiato”; del tagliatore Metardo Rufini: “L’ attrezzo buono fa l’ uomo bravo” e del fascettaro Dante Gentili che in poche parole dà un’ idea dei lavori di una volta: “Prima della guerra lavoravamo tutti nel bosco, chi stroncava, chi facciava, e c’erano pure gli scorzini, che erano ragazzi, e mi ricordo anche che c’erano i miei coetanei che sono morti in Russia. Prima hanno fatto questo lavoro, ‘ste fatiche, e poi sono andati a morire là “.

Un libro può ricordare tutto questo, ma non ha la forza comunicativa, il potere evocativo degli oggetti: le accette, i segoni, i sottopancia dei muli, gli stronchini, ‘e rasore… parlano, raccontano storie vere. Neanche le fotografie possono rendere la verità come la vista degli oggetti che si presentano nella loro realtà, quasi in carne e ossa, oso dire.

Da parecchi anni ho preparato un progetto per un Museo del bosco,ma questo progetto è rimasto sulla carta. L’ Amministrazione l’ha considerato positivamente, tanto da scriverlo più volte nei programmi elettorali, ma poi, per mancanza di fondi e di un locale idoneo, tutto è stato rimandato al futuro, un futuro che ormai NON può più aspettare perché i testimoni non ci sono quasi più – voglio ricordare  la scomparsa proprio in questi ultimi giorni di uno degli ultimi facciatori ( squadratori di travi ), lo straordinario artigiano artista Gabriele Lupardini. Inoltre gli oggetti deperiscono, nella migliore delle ipotesi sono abbandonati nelle cantine o addirittura vengono buttati. Non si può più aspettare se

vogliamo – ed è dovere della nostra generazione – costruire, anche se in modo imperfetto e lacunoso, una sorte di ponte fra il passato e il futuro. Non dico altro sul valore della memoria perché sono convinta che sia un pensiero di cui tutti abbiamo chiara coscienza, anche se spesso non ne facciamo oggetto di riflessione.

Che cosa si può fare dunque? L’ idea è quella di cominciare a raccogliere il materiale  per organizzare una MOSTRA PERMANENTE, con la prospettiva di trasformarla poi in Museo. Il primo progetto prevedeva che il Museo fosse ubicato in viale E. Ferri in collegamento con la Biblioteca, progetto anche questo abbandonato. Oggi c’è una bella cantina antica, dietro al Comune, che il proprietario generosamente concede. Certo bisogna ripulirla e dare una sistemata al pavimento – per questo nel passato si erano proposti due volontari – , ci sono molte fotografie da far incorniciare e bei disegni di Franco Carfagna- uno degli ultimi testimoni, due tavoli da comprare e poco altro. Si può cominciare con poco ( 5000 euro ), in maniera dignitosa però, – la nostra Anna Onesti, scenografa, ci darà volentieri qualche consiglio per l’allestimento – in modo che il pubblico lo possa gustare non solo durante la Sagra delle castagne, non solo durante la Notte verde, che forse non si farà più. Potrà essere visitata dagli alunni delle scuole e potrà anche essere un piccolo tassello utile per il turismo. Starà a noi cittadini farne un luogo vivo, stimolante: si potranno fare corsi di fotografia e pittura naturalistica, ricerche sulle piante selvatiche commestibili e molto altro. Tutto ciò che riguarda la natura sarà di casa al Museo Potremmo anche pensare  un gemellaggio con Sarnano, una bella cittadina della provincia di Macerata  da cui provenivano  nei Castelli molto boscaioli  durante i mesi del taglio.

Ho fiducia che queste parole saranno accolte da tutti i giovani, in particolare dall’ Associazione Rocca Forte che, nel rievocare qualche giorno fa il bombardamento del 14 – 2 – 1944, ha dato grande importanza al significato della memoria e dell’ identità di un luogo e di un popolo; ho fiducia nella Pro Loco, che sta dimostrando intelligenza e amore per Rocca di Papa, e possiede la veste giuridica per accedere ai fondi europei, a quelli della Regione e della Provincia; ho fiducia nel Centro Anziani, e nel Comitato del Centro Storico, nel corpo insegnante, in tutti i cittadini e Associazioni. Non ho dimenticato l’ Associazione L’ Alveare che della tutela del castagno ha fatto la sua bandiera. Infine nell’ Amministrazione stessa che, sono sicura vorrà contribuire, anche se nei limiti delle sue finanze. Insieme ce la faremo. Il futuro Museo non è né di destra né di sinistra, è di tutti. Tutti abbiamo la responsabilità di NON SPEZZARE IL FILO DELLA MEMORIA.”

Contatti: enricodelvesc@gmail.com, 3331135131.

 

 

 

 

 

 

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