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Perchè dall’analogico al digitale?

Febbraio 08
23:00 2010

Sappiamo bene che il progresso tecnologico è pressoché ineluttabile, che talvolta (non sempre) è foriero di grandi comodità e conquiste per l’umanità. Così, forse, potrebbe essere anche per il decoder che dovrebbe permetterci di poter vedere molti più canali di quanti si possano vedere attualmente. Tuttavia, a prescindere da tali considerazioni, viene spontaneo chiederci per quale ragione saremmo tutti obbligati ad adeguarci all’installazione del decoder, come se fosse una sorta di dovere civico, pena il non poter più fruire del mezzo televisivo. Inoltre le modalità in cui tale passaggio è stato realizzato gridano vendetta, senza contare l’ulteriore spesa che i ceti sociali più deboli saranno costretti ad affrontare.
Già il celebre economista John Galbraith, così come innumerevoli altri pensatori, argomentava che il sistema capitalistico per poter sopravvivere ha bisogno di alimentare continuamente nuovi bisogni: come una sorta di bicicletta che, per poter rimanere in piedi, ha bisogno continuamente di qualcuno che pedali. Viene dunque il sospetto che nella fase storica attuale, contraddistinta da una crisi economica senza precedenti, dove la capacità produttiva dell’industria presenta un margine inutilizzato assai grave, i bisogni, se non si riescono a creare, è diventato necessario imporli. Ecco, questo è il problema fondamentale della nostra pseudo-civiltà: il comportamento di ciascuno è veramente libero, come taluni ingenui o ipocriti opinionisti vorrebbero farci credere, o deve essere sempre in qualche modo funzionale al sistema, pena l’emarginazione e l’etichetta del disadattato?
Quando il comportamento dei singoli non fosse adeguato alle esigenze del sistema, il potere economico non trova forse il modo per imporre determinati comportamenti collettivi anche ricorrendo subdolamente alla tecnologia? Ma il progresso tecnico e la presunta comodità sono diventati forse un dovere civico? Certamente l’affare digitale ha una sua rilevanza economica importante sulla quale sarebbe necessario indagare e, comunque, fare svariate considerazioni critiche. Infatti bisogna chiederci innanzitutto: quali sono le dimensioni della spesa collettiva connessa al passaggio dall’analogico al digitale ed a chi giova? Inoltre: perché cambiare, non si stava meglio quando si stava peggio? Non c’erano già abbastanza canali televisivi prima? Perché aggiungere altri canali, magari i soliti spazzatura?
Certo, non che quelli che c’erano prima fossero soddisfacenti, anzi!… Ma potremmo anche chiederci se, con l’avvento del decoder, e dunque di una maggiore pluralità di canali televisivi, sarà forse possibile realizzare una maggiore democrazia mediatica come tutti auspicano. Speriamo! Non sarà forse un espediente per attenuare quel famigerato conflitto di interessi che da troppi anni monopolizza il dibattito politico nel nostro Paese?
Intanto chi paga, come sempre, sono gli umili cittadini, come i milioni di poveri pensionati che, rinchiusi nell’intimità domestica delle loro quattro mura, avevano trovato nella televisione l’unico mezzo di pseudo distrazione mentre ora dovranno pagare ancora una volta per questa loro necessaria “schiavitù”. Mentre mi pongo tali domande, girando su internet, non trovo sfortunatamente alcuno che abbia posto con altrettanta evidenza tali questioni. Mi chiedo: stai a vedere che il disadattato sono proprio io?

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