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RIFLESSIONI SU RIVOLUZIONE VERDE E DIGITALIZZAZIONE

RIFLESSIONI  SU  RIVOLUZIONE VERDE E  DIGITALIZZAZIONE
Dicembre 17
07:45 2020

La maggioranza dei media parla di transizione energetica e di rivoluzione verde come possibile soluzione dei problemi che affliggono il genere umano in questa epoca. Il problema è complesso, e il modo con cui vengono presentate le possibili soluzioni, contrapponendole come se fossero mutualmente esclusive, non è del tutto corretto. Quello che serve non è una ricetta miracolosa ma una visione complessiva: la strategia ambientale va calata nel contesto economico, sociale e politico del nostro Paese. Vediamo due esempi che dovrebbero indurre alla riflessione. 

Enrico Mariutti, autore del libro “La decarbonizzazione felice“, in un lungo articolo pubblicato da “Il Sole 24 ore” del 11 Novembre 2020, dal titolo provocatorio “La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?” pone il problema della disponibilità dei materiali alla base delle proposte di rivoluzione verde, link: https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/11/11/rivoluzione-verde-fake-news/

Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi obiettivi del Green Deal, avrebbe bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo.
 
Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, curiosamente in lingua italiana non esiste un vero approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio. La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali, spesso rare e difficili da estrarre, in pochi decenni. 

In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. In altre parole, niente è gratis. Ogni scelta deve essere corredata da analisi costi/benefici di medio e lungo termine.

Passiamo a trattare il tema della comunicazione digitale, anch’essa prospettata come la soluzione di molti problemi e tanto enfatizzata come mezzo di lavoro e di aggregazione sociale in tempo di Coronavirus. Tutti oggi facciamo largo uso di strumenti per la comunicazione digitale: posta elettronica, messagistica di diverso tipo, Internet. Inviare e-mail è un gesto che compiamo tutti i giorni e probabilmente per diverse volte. Si tratta di un’attività semplice, che porta via pochi minuti consentendo l’arrivo della comunicazione desiderata al destinatario in tempo reale. Sembrerebbe ci siano solo vantaggi, ma in realtà inviare e-mail genera inquinamento.

Già alcuni anni fa, una ricerca dell’Agenzia francese per l’ambiente ed il controllo energetico (ADEME) aveva effettuato un’analisi su quanto l’uso di posta elettronica incidesse sui consumi energetici e di conseguenza sulle emissioni di gas serra. E i risultati non erano di certo incoraggianti: una sola e-mail da 1 megabyte arrivava a emettere fino d 19 grammi di CO2.  Potrebbe sembrare poco, ma considerando che in media, ciascuna delle auto immatricolate in Europa dopo il 2010 produce 140 grammi di CO2 per chilometro percorso, spedire 8 mail equivale a guidare un’auto per un chilometro. Se si considera che il numero di e-mail inviate ogni giorno ammonta a circa 190 miliardi, è facile comprendere l’impatto sull’ambiente. Le stime dell’impronta ambientale delle e-mail portano spesso a risultati discordi: calcolare l’impatto di un messaggio “virtuale” non è facile, perché occorre considerare il percorso che questo compie attraverso i vari server di Rete che lo condurranno a destinazione. Molti conosceranno la proposta Microsoft di inabissare i datacenter negli oceani per ridurre i consumi energetici per il raffreddamento di questi supercalcolatori. Si parla di informatica eco-sostenibile. Il tema fu trattato da Velletri 2030 in una News ad esso dedicata all’epoca della diffusione dello studio ADEME.

L’impatto ambientale della posta elettronica è molto più negativo di quanto possiamo pensare e i ricercatori del Verbraucher Service Bayern – il servizio dedicato ai consumatori bavaresi – conferma che la digitalizzazione inquina davvero molto. Le previsioni ci dicono che il traffico aumenta continuamente e le conseguenze per l’ambiente non sono per nulla confortanti. Anche l’invio di e-mail è una fonte spesso sottovalutata di gas serra, riferisce Marianne Wolff, esperta ambientale presso il Verbraucher Service Bayern. Una e-mail senza allegati è fonte dell’emissione di circa 10 grammi di anidride carbonica, corrispondente all’impronta di carbonio di un sacchetto di plastica. E’ vero che non possiamo smettere di utilizzare il web e la casella di posta elettronica, You Tube, Facebook, WhatsApp, ma un uso più attento potrebbe davvero fare la differenza. Ogni giorno nel mondo vengono scambiate oltre 190 miliardi di email e molte di queste non sono poi così necessarie. Quante volte rispondiamo con un semplice e inquinante “grazie” alle mail?

Quanta anidride carbonica viene emessa a causa delle nostre attività in rete? Riprendendo un articolo del Financial Times, David Molloy della Bbc si è posta la domanda in una trasmissione dello scorso 19 Novembre, arrivando alle stesse conclusioni, link:
https://www.bbc.com/news/technology-55002423

Per concludere, i temi ambientali posti dalla rivoluzione verde e dalla digitalizzazione sono temi complessi, e contrapponendo potenziali soluzioni come se fossero mutualmente esclusive non è corretto. Per ogni soluzione dovremmo fare un analisi costi benefici, includendo tutte i fattori in gioco, non ultimo l’impatto sociale anche verso popolazioni invisibili al mondo occidentale. Il Pianeta Terra non è una eredità ricevuta dai nostri Padri ma un prestito da restituire ai nostri Figli (antico proverbio amerindio).

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