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Sacro GRA, dall’immagine alla scrittura

Sacro GRA, dall’immagine alla scrittura
Ottobre 01
17:05 2013

Col docu/film Sacro GRA, vincitore del Leone d’Oro al 70° concorso della Mostra del Cinema di Venezia, vince la letteratura. Il documentario, capace di stillare dal quotidiano meno scontato che ci sia, piene immagini cinematografiche con piccole storie che hanno un inizio e, in alcuni casi, una fine, suggerisce la letteratura. Grazie alle riprese senza alcun commento di fondo e con scarni dialoghi dettati da necessità narrative concrete, (salvo l’austero ma logorroico nobile decaduto piemontese dalla dizione perfetta, immaginifico come un grande letterato al meglio delle proprie capacità espressive – vedi il dialogo con la melanzana) scaturisce la necessità mentale di mettere a commento il nostro ‘tesoretto letterario’ interiore. Ci si potrà provare la poesia ribelle, melensa o mistica; le pagine pasoliniane da sovrapporre alla strada più ‘scontata’ (se si volesse essere cinici) di viados e ragazzine sulla Salaria (il monologo travolgente di Mamma Roma); piccoli haiku d’affetto per questa periferia sfregiata, bella ancora da fare male, le pagine disperanti, e infine ripudiate, di Goffredo Parise, le acque più calme, in apparenza, di Vite di uomini non illustri di Giuseppe Pontiggia, non per forza autori ‘romani de Roma’ ma viaggiatori (pensando al Manganelli di La favola pitagorica e di Ti ucciderò mia capitale). Quei viaggiatori che non girano in tondo, come non fa Rosi sul Raccordo Anulare, che hanno colto lo spirito di molte città o di questa perché vergini per nascita dall’analisi di malefatte e virtù storiche e, nello specifico romano, allergici allo spirito indomito e orgoglioso dell’eterna Roma Capoccia. Mentre scorre il film potrete ripassare le liriche sui fiumi che scorrono, sulle madri che invecchiano, sulla neve che fa tutti uguali, i vivi – vivi nelle loro attività fisiologiche – e i morti, morti due volte, con una caterva di piccoli angeli che scesi dalle cupole delle cattedrali, dai frontoni dei palazzi, stanno giù giù «più vicino ai marciapiedi dove è vero quel che vedi»* a campare ogni giorno. Senza dimenticare di vivere, a quanto pare: così il nobile decaduto col castelletto ‘bedandbrefast’ e l’infermiere confortatore (ricordate Nicolas Cage in Al di là della vita di Martin Scorsese? 1999). Con punte di eccellenza: l’ingegnere elettronico Francesco De Santis che cura, auscultandola, un’enclave di palme di varie specie, abitando una curiosa casa laboratorio sul GRA, recinto nel recinto, cercando sistemi per cacciare il nefasto Punteruolo Rosso, incubo d’ogni arboricoltore o scienziato, simbolo (?) di qualcosa di più barbaro dell’oggi; che va corrodendo quel che sembrava già un punto di non ritorno, o simbolo di una anarchia, di un disordine combattuto da tutti gli stati ad ogni livello, un caos invece impossibile da dominare per cui De Santis cerca (sperando di non trovarli?) «gli antipasti della vendetta». Il ‘palmologo’ De Santis lo troverete in rete con le sue pubblicazioni fra cui Palma Palmae con Gianfranco De Micheli edizioni Pendragon. *testo di L.Bertè (Serena Grizi)

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