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SPECIALE CGA MESTRE – CENTRO STUDI ASTRO: nel Lazio la maggiore densità di lavoratori slot/vlt

Luglio 14
13:40 2022

Giochi: nel Lazio la maggiore densità di lavoratori slot/vlt, dopo la pandemia taglio del 14% degli esercizi con AWP

ROMA – C’è il Lazio in cima alla classifica delle regioni con la maggiore densità di lavoratori dedicati agli apparecchi da gioco. Come riporta Agipronews è quanto riporta il “Percorso di Studio sul settore dei giochi in Italia” condotto dalla CGIA di Mestre in collaborazione con il Centro Studi dell’associazione As.tro, presentato oggi a Roma. L’indagine ha tenuto conto dei dati di fonte camerale relativi alle aziende del comparto, ma nelle stime non sono inclusi i lavoratori dei concessionari. Il Lazio risulta avere 27 addetti ogni 100 mila abitanti, davanti ad Abruzzo (21) e Veneto (20,7), per un totale di 1.547 addetti. Insieme ai lavoratori di sale scommesse, sale bingo e sale giochi il numero complessivo è invece di 4.644 lavoratori, il più alto in Italia. Per quanto riguarda gli esercizi che ospitano AWP (le comuni slot machine), il numero è passato dai 5.465 di fine 2019 ai 4.687 a fine 2021, con un taglio del 14% dopo l’emergenza Covid. Quelli con le videolottery sono invece passati da 516 a 467 (-10%).

SPECIALE CGA MESTRE – CENTRO STUDI ASTRO: I DATI NAZIONALI

Giochi, Covid e tassazione si abbattono sull’occupazione: in due anni persi oltre 8 mila posti di lavoro

ROMA – Più di 8 mila posti di lavoro nel settore dei giochi sono stati persi nel biennio 2020-2021. È il quadro che emerge dal “Percorso di Studio sul settore dei giochi in Italia” condotto dalla CGIA di Mestre in collaborazione con il Centro Studi dell’associazione As.tro, presentato oggi a Roma. L’indagine, focalizzata in particolare sugli apparecchi da gioco (le cosiddette AWP o slot e videolottery), parte da una stima del numero di addetti del comparto, realizzata sulla base di informazioni fornite dagli archivi camerali e dalla banca dati del Ries, nella quale i soggetti che operano nel settore delle AWP (le comuni slot) e delle VLT sono tenuti a registrarsi. Lo studio, riporta agipronews, evidenzia «una contrazione degli occupati di almeno 8.400 unità» tra gli addetti al settore «corrispondente a una diminuzione di quasi il 15% (14,8%)». Un numero potenzialmente ancora sottostimato visto che lo studio non ha incluso i lavoratori dei concessionari di giochi. Il confronto ha preso in esame l’ultima rilevazione della CGIA (fine 2018) e i dati stimati a fine 2021; particolarmente difficile è stato proprio il biennio 2020-2021, definito “drammatico” dalla Cgia.

«Nel rapporto del 2019 si era stimato in quasi 57 mila gli addetti sostenuti dal sistema nel 2018. A fine 2021 stimiamo che il comparto sostenga molti meno addetti: circa 48 mila», si legge. A gravare sul settore nel 2020 e 2021 sono stati ovviamente gli effetti della pandemia, anche se – rileva la CGIA – le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria hanno accompagnato altri fattori “tecnici” e normativi (come la riduzione del payout, le norme locali su distanziometro e limiti orari, l’aumento della tassa sulle vincite, le prescrizioni sanitarie da osservare anche in caso di apertura delle sale) che hanno accentuato le difficoltà della filiera. «Il biennio 2020/2021 è stato vissuto in maniera drammatica dal settore in quanto negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo aumento della tassazione che, per effetto della costante erosione dei margini delle imprese, in molti casi ne ha ridotto la sostenibilità», spiega la CGIA.

Dei circa 48mila lavoratori sostenuti dal sistema AWP-VLT presi in esame dalla CGIA, 14 mila sono addetti “diretti” che operano presso le sale dedicate attraverso slot e vlt o in esercizi che svolgono anche altre attività di gioco (agenzie di scommesse, sale giochi, sale bingo e negozi di gioco) nelle quali la presenza di apparecchi ha un apporto rilevante come fonte di ricavo. A questi si aggiungono 11 mila persone tra i gestori che collocano gli apparecchi nei locali; la maggioranza, calcolata in 22 mila unità, riguarda invece i soggetti che lavorano presso esercizi (bar, tabaccherie ecc.) in cui sono presenti le slot e che sono sostenuti dai ricavi generati da queste. Nel totale rientrano infine anche gli addetti dell’indotto, ovvero i dipendenti delle imprese che producono gli apparecchi da gioco (circa 1.300).

Giochi, il lungo lockdown dimezza ricavi per apparecchi ed entrate fiscali: slot machine operative scendono a 253mila (-39%)  

ROMA – Riguardo gli apparecchi da gioco, lo studio CGIA Mestre in collaborazione con il Centro Studi As.tro rileva che a fine 2021 erano circa 253mila le slot operative in 51.837 esercizi in tutta Italia; rispetto al 2015, la riduzione degli apparecchi è stata del 39%, mentre gli esercizi con AWP sono scesi del 38%. Tale contrazione è coerente con la riduzione disposta per legge nel periodo 2017-2018, mentre il successivo calo tra il 2019 e il 2021 si ritiene effetto della crisi-Covid: gli apparecchi sono spariti da oltre 6.600 esercizi. Sul fronte videolottery, prosegue Agipronews, gli apparecchi registrati a fine 2021 sono invece 55mila in circa 4.600 sale; rispetto al 2019 le macchine hanno avuto un calo del 4%, mentre per le sale c’è stato un decremento del 6,2%. A pesare sul comparto degli apparecchi è stata ovviamente l’emergenza sanitaria, che ha costretto il settore a uno dei maggiori periodi di sospensione dell’attività: 166 giorni di lockdown nel 2020 e da 151 a 178 giorni nel 2021 a seconda delle regioni. Il susseguirsi dei provvedimenti di stop ha portato le aziende a lunghissime chiusure forzate che oscillano da 218 fino a 245 giorni consecutivi.

Tale blocco è ricaduto pesantemente sulla raccolta, che rispetto al 2019 è crollata del 60%, con una corrispondente riduzione del gettito e dei margini della filiera. In particolare, il gettito del PREU si è ridotto del 52%, passando da 6,7 miliardi del 2019 a 3,2 miliardi di euro. Anche in questo caso, però, la crisi pandemica non spiega interamente lo stato di crisi del comparto, visto che la riduzione della raccolta causata unicamente dalla sospensione dell’attività sarebbe stata del 45%. A determinare l’ulteriore taglio è stato il concorso di ulteriori elementi, in primis l’inasprimento del PREU: la crescita continua delle aliquote a partire dal 2015 e fino al 2021 e il carico dell’emergenza sanitaria, hanno comportato una forte riduzione del margine della filiera, con un crollo del 50% per le videolottery (da 1,5 miliardi di euro a 767 milioni) e di quasi il 60% per le slot machine (da 3,3 miliardi a 1,3 miliardi). Per quanto riguarda il biennio 2020-2021, la discesa per il fatturato VLT è stata di almeno il 63% rispetto al 2019, mentre per le AWP si registra un decremento di almeno il 46%.

L’elevato impatto fiscale e la connessa riduzione dei margini operativi comporta la progressiva marginalizzazione delle imprese di dimensioni medio-basse, la diminuzione della redditività complessiva del settore che perde attrattività per investitori nazionali ed internazionali. La perdita di gettito registrata nel 2020 dal settore apparecchi, aggiunge il report Cgia, supera del 10% le entrate della cedolare secca sugli affitti. Nonostante la contrazione, il contributo dei giochi al fisco rimane rilevante: se mancasse il gettito prodotto dal settore, ogni famiglia dovrebbe versare 258 euro di tasse in più allo Stato.   

 

Giochi: dalla lotta all’illegalità alle norme locali, i nodi per il futuro del settore

ROMA – Due ulteriori nodi emergono dalla ricerca sul gioco della CGIA di Mestre condotta in collaborazione con il Centro Studi As.tro. Il primo riguarda la fondamentale differenza tra gioco legale – che risponde a regole precise, assicura determinate percentuali di vincite ed è una risorsa preziosa per l’erario – e illegale, che sfugge a qualsiasi forma di tassazione e non ha regole che tutelino i giocatori. Sulla quantificazione di quest’ultimo, prosegue agipronews, non vi sono dati puntuali; tuttavia nel 2020 il direttore dell’Agenzia Dogane e Monopoli, Marcello Minenna, ha stimato la dimensione del fenomeno in «una quantità finanziaria analoga a quella che viene introiettata dallo Stato nella gestione delle concessioni, quindi tra gli 8 e gli 11 miliardi di euro». Strettamente legato al tema del gioco illegale c’è quello delle leggi regionali e delibere degli enti locali che negli ultimi anni hanno puntato a contenere il comparto del gioco lecito con disposizioni come il “distanziometro” e i limiti orari. A partire dal decreto Balduzzi del 2012 – il primo provvedimento che prevedeva una progressiva pianificazione territoriale delle attività di gioco, attraverso distanze minime da luoghi sensibili, «si è progressivamente affermata una regolamentazione frammentata e spesso disomogenea». Le diverse norme locali – ogni Regione ha la sua legge sul gioco – hanno disciplinato la materia con un diverso grado di severità, in alcuni casi non limitandosi a regolamentare il rilascio di nuove autorizzazioni, ma applicando le regole anche alle attività già operative, che hanno trovato un ostacolo la loro sopravvivenza. Rispetto al decreto Balduzzi, ricorda la CGIA, la lista dei luoghi sensibili si è inoltre notevolmente arricchita e frequentemente le leggi regionali danno la possibilità ai Comuni di individuare ulteriori spazi off limits: in tutto sono 13 le Regioni che hanno ampliato l’elenco e 14 quelle che danno la possibilità ai comuni di individuarne di ulteriori. Una stretta che, paradossalmente, rischia di favorire l’attività illegale, che può più facilmente sfuggire alle centinaia di controlli effettuati ogni anno dall’Agenzia Dogane e Monopoli e dalle forze dell’ordine.

Gioco online: in Italia più di 4 mila lavoratori, gettito fiscale record (887 milioni di euro) con la pandemia

ROMA – Sono 4.351 gli occupati presenti in Italia addetti al gioco online. Come riporta Agipronews è il dato che emerge dal “Percorso di Studio sul settore dei giochi in Italia” condotto dalla CGIA di Mestre in collaborazione con il Centro Studi dell’associazione As.tro, presentato oggi a Roma. «I Concessionari autorizzati ad operare nel settore del gioco online sono 84, di cui 53 italiani», a cui fanno capo gli oltre 4.000 lavoratori «e 31 esteri». La ricerca precisa comunque che «i risultati economici di tali imprese derivano da diverse attività connesse con il gioco lecito sia fisico che a distanza». Il gioco online «è quindi solo una delle attività svolte da queste imprese». La stima è che i soli proventi online dei 53 concessionari italiani «rappresentino un ammontare di risorse in grado di sostenere almeno 1.500 lavoratori». Insieme al maggior peso che il gioco online ha assunto negli anni è cresciuto in maniera rilevante anche il gettito per l’erario. Dal 2015 al 2020, riporta lo studio, il gettito è triplicato (da 212 milioni a 634 milioni di euro), mentre nel 2021 si stima che abbia raggiunto un ammontare di almeno 887 milioni di euro. A crescere è anche il tasso di incidenza della spesa online sulla spesa totale del gioco lecito, passato da poco più del 4% nel periodo 2012-2015 ad oltre il 20% nel 2020. Particolarmente rilevante è il balzo dell’online nel 2020, in concomitanza con il lockdown della rete fisica: la crescita è stata del 45% (la spesa è passata dai 1,8 miliardi di euro del 2019 ai 2,6 del 2020), mentre per il 2021 si stima un aumento del 66% sul 2020, con una spesa vicina ai 4,5 miliardi (4.439 milioni di euro). Rilevante è quindi anche l’attività di contrasto dell’Agenzia Dogane e Monopoli ai siti di gioco non autorizzati: dal 2006 al 2020 ne sono stati inibiti oltre 9.000 e ogni anno ne vengono mediamente inibiti 600. Nel corso del tempo, con l’ampliamento dell’offerta legale e una maggiore consapevolezza dei consumatori, sono però diminuiti i tentativi di accesso ai siti non autorizzati: mentre nel 2009 erano stati oltre un miliardo, nel 2020 il totale è stato di 64 milioni (-97,4%).

 

 

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