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Stalker: sindrome del molestatore ossessivo

Luglio 31
23:00 2009

Sempre più spesso ci capita di leggere e sentir parlare di stalking, come di un campionario di comportamenti legati al mondo delle relazioni il cui nucleo è rappresentato da una continua e ossessiva violazione della libertà personale, sia nella sfera pubblica, che privata, che professionale. Simile al mobbing, alle comuni molestie o assimilabile alle altre manifestazioni violente contro l’integrità fisica della persona, lo stalking è un problema che riguarda il 20% della popolazione italiana e colpisce soprattutto le donne. I dati sono forniti dall’Osservatorio Nazionale Stalking (ONS), un ente di volontariato creato nel 2002 dallo psicoterapeuta M. Lattanzi, autore del libro “L’amore oscuro, finché morte non ci separi”. L’ente si occupa dell’analisi del problema, attuando delle forme di aiuto e delle campagne d’informazione utili soprattutto a permettere di individuare e di riconoscere il fenomeno comportamentale da parte di tutti gli attori coinvolti.

Il profilo dello stalker, spiegano gli psicologi, infatti è molto incerto e non sempre riconducibile a delle psicopatologie. Lo stalker (dall’inglese “persecutore”) è un manipolatore della persona. Capace di sedurre e di affascinare, riesce a entrare nell’affettività della vittima e a soggiogarla completamente, prendendone il controllo emotivo. Carpendone i pensieri più intimi, per darle l’impressione di conoscerla e di capirla, la porta alla confusione e alla completa dipendenza affettiva. Lo stalking, è fenomeno trasversale per età ed estrazione sociale, e dal marzo del 2009 è anche un reato che figura nel codice penale, prevedendo una pena fino a quattro anni di reclusione. I luoghi dello stalking sono le pareti domestiche e gli ambienti di lavoro. Riguarda soprattutto i rapporti di coppia. Le sue manifestazioni possono andare dall’invio insistente di sms, e-mail, telefonate e messaggi non richiesti (si parla di cyberstalking, quando la persecuzione è attuata attraverso internet, chat, videofonino ecc) ad appostamenti, pedinamenti e danneggiamento delle proprietà. Secondo l’ONS, circa il 10% degli omicidi dolosi che avvengono in Italia, hanno all’origine atti di stalking.

Pioniere degli studi sullo stalking è Paul Mullen. L’australiano, che da oltre vent’anni si occupa di analizzare e interpretare il fenomeno, ha coordinato la formazione del gruppo di lavoro dell’ONS di Roma. Mullen spiega che lo stalking appartiene a una nuova categoria eziologica che non va confusa con le altre forme di violenza. È una realtà che distrugge la persona creando insicurezza e danneggiando il senso dell’identità e la libertà individuale. Trattandosi di una forma di persecuzione psicologica, è anche molto difficile da dimostrare. Il 25 febbraio del 2009, il consiglio dei ministri ha reso attuativo un disegno di legge che ricalca un Ddl del 2003 e che, nel tentativo di predisporre misure idonee a contrastare fenomeni persecutori ripetuti, prevede l’ordine restrittivo e la diffida. Si tratta di provvedimenti simili a quelli già adottati negli U.S.A. – dove però, si stima, vengono violati dal 60% dei colpevoli – e che, in Italia, secondo l’ONS, incontrano ulteriori ostacoli per la mancanza risorse da destinare alla Polizia per organizzare i controlli. In base alla gravità e alla reiterazione del reato, infatti, i condannati per stalking possono scontare pene minime di sei mesi, gli arresti domiciliari o il semplice divieto di avvicinarsi alla vittima.

Già da marzo, l’Istat ha registrato una media di due arresti per stalking al giorno. Tra gli ultimi episodi di cronaca va segnalato quello di un recidivo di San Cesareo, arrestato 2 volte con l’accusa di stalking ai danni della moglie e che, tornato in libertà, aveva continuato a perseguitarla violando anche l’obbligo di presentazione presso la polizia giudiziaria, fortunatamente finito nuovamente in carcere lo scorso 19 giugno. Ma data la complessità del fenomeno, alcuni operatori della giustizia temono un uso distorto dello strumento della querela. Mentre l’ONS ritiene efficace applicare forme di prevenzione che contemplino campagne di sensibilizzazione e d’informazione per fornire strumenti di comprensione della natura delle relazioni e di alcune forme di attaccamento, ponendosi come centro d’ascolto e punto di riferimento per chi possa essere direttamente o indirettamente coinvolto nel problema. Per saperne di più: www.stalking.it

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