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Storia delle antichissime chiese di Ariccia (2/2)

Aprile 30
23:00 2009

Dell’antichissima Chiesa Collegiata
Risale ai primi secoli della Chiesa la costruzione in Ariccia di una magnifica collegiata in onore della SS.ma Madre di Dio Maria sulle rovine di un antico tempio pagano. Era situata nel luogo dove ora esiste la chiesa sconsacrata di S. Nicola, di fianco al nuovo municipio. Quando il 27 aprile 1665 fu demolita per ordine del pontefice Alessandro VII, sotto le fondamenta furono trovate alcune medaglie di bronzo attestanti l’edificazione della stessa risalente al 520 d.C. durante il regno di Atalarico (1). Era composta da tre navate di cui le arcate erano sostenute da colonne di granito orientale e la sua lunghezza era di 120 piedi. Un’alta torre o campanile gli era di fianco. Vi erano dieci altari in onore di molti santi ed era ornata da molti marmi pregiati. L’altare maggiore era addossato al muro e sopra di esso era dipinta l’Assunzione della SS. Vergine. Il coro era angusto e separato dalla navata centrale da una balaustra in legno che formava il presbiterio. La porta grande di accesso era in marmo; nell’anno 1557 fu aperta una porta dalla parte ovest per comodità dei fedeli. La navata destra dell’altare maggiore era coperta con semplici tavole di legno da cui si vedeva il soprastante tetto di tegole il quale non impediva l’ingresso della pioggia. La sagrestia iniziava da questa navata scendendo le scale fino sotto il pavimento della chiesa, la quale, essendo molto umida, fu trasformata in cantina. Un portico, su cui erano le stanze canonicali, ne formava la facciata (2). Molti furono i pontefici che visitarono questa chiesa tra cui Pio II (1458-1464) (3), Sisto V (1585-1590), Clemente VIII (1592-1605) e Urbano VIII (1623-1644) il quale il 15 maggio 1626 da Castel Gandolfo venne a celebrarvi la messa accompagnato dai cardinali Savelli e da tutto il Capitolo, dai principi Taddeo e Antonio Barberini e ricevuto dal principe Paolo Savelli signore di Ariccia.
Era dotata, questa chiesa, di molti terreni, beni e lasciti nel territorio ariccino donati da innumerevoli benefattori. Dei beni si fa menzione in molti istrumenti antichi custoditi nel monastero dei SS. Alessio e Bonifacio di Roma specialmente in quattro di essi degli anni 1281-1296 in cui si citano Confines moderni Ecclesiae S. Mariae de Aricia.
Sei canonici erano destinati al servizio della chiesa, ma essendo tra loro uguali, non avendo un capo, né dignità, né sigillo, né aula capitolare, né cassa comune, insomma nulla che denotasse essere una collegiata, nessuno di essi vi risiedeva lasciando un sacerdote delegato alla cura dei fedeli. Il 20 aprile 1575, durante una visita, il cardinale Fulvio della Corgna vescovo di Albano scoprì che molti canonici non risiedevano nella chiesa lasciando alquanto trascurata la cura ai fedeli e con autorità ordinaria sostituì il canonicato alla dignità di arcipretato con un arciprete e quattro canonici. Essendo nato loro il dubbio se tutti o alcuni di essi fossero tenuti alla residenza, nel 1566 fecero ricorso alla Sacra Congregazione del Concilio la quale stabilì che tutti fossero tenuti alla residenza sia perché erano canonici sia perché curati. In altra visita del 14 settembre 1583 il cardinale Alfonso Gesualdo, vescovo di Albano, ordinò ai canonici che risiedessero nella collegiata senza subaffittare le stanze ad estranei e il divieto assoluto alle donne di entrarvi sia di giorno che di notte. Infine venne il giorno della demolizione per questa chiesa (4) e la collegialità ivi soppressa fu di nuovo eretta nella nuova collegiata ultimata nel 1665 su disegno dell’architetto Lorenzo Bernini sulla pubblica piazza di fronte alla residenza dei Chigi. Durante la demolizione i marmi pregiati, le iscrizioni, le lapidi e tutto ciò che era di ornamento alla chiesa furono per la maggior parte dispersi, distrutti o recuperati da coloro che ne erano proprietari o portati via da chiunque ne avesse bisogno. Due colonne di granito, giacenti davanti alla facciata della chiesa di S. Nicola, furono comprate nel 1751 dal principe Agostino Chigi per sostenere la loggia sopra la porta del suo palazzo. Altri marmi e lapidi funerarie rimasero nel cortile del Collegio di S. Nicola e in varie abitazioni private. Anche i quadri e le immagini dei santi subirono la stessa sorte dei marmi. I vari altari erano di giuspadronato di più famiglie che se ne impossessarono e li vendettero. Un altare era di proprietà dei Savelli con il quadro della Visitazione della S. Vergine e la statua in legno dorato di S. Apollonia patrona di Ariccia, ora conservati nella chiesa dell’Assunta. Nella navata destra c’era la cappella della Confraternita del SS. Rosario con il quadro della Madonna del Rosario e nella navata sinistra la cappella della Confraternita del SS. Sacramento ambedue con i propri stendardi e arredi sacri circondate da cancelli e con le loro tombe poste sotto il pavimento di dette navate (5). Dopo la demolizione le due Confraternite dovettero provvedere ognuna ad una propria sede. Di fronte a tanto scempio non resta altro da dire anche se sono trascorsi oltre trecento anni. (Fine)
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(1) Atalarico (516-534) re degli Ostrogoti; ancora fanciullo regnò sotto la reggenza della madre Amalasunta.
(2) Non è chiaro se la chiesa fosse a modello della basilica costantiniana a tre navate di cui quella centrale sopraelevata e se avesse l’abside in fondo all’altare maggiore ma la copertura in legno della navata destra come dice il Lucidi, op. cit., e forse delle altre, il portico e le colonne che reggono gli archi a tutto sesto indicano essere di stile paleocristiano.
(3) Le date della visita di questo pontefice indicano che forse il paese non era totalmente abbandonato dalla popolazione prima dell’acquisto dei Savelli.
(4) Avendo però premura di conservare metà della navata centrale per la costruzione della nuova chiesa intitolata a S. Nicola di Bari con annesso collegio affidata ai Padri Dottrinari nel 1667. Oggi la chiesa è sconsacrata.
(5) Benché secondo l’uso della Chiesa i cadaveri si dovessero seppellire nei cimiteri e non nelle chiese, ivi si seppellivano. Le persone più ricche si facevano fare uno scavo sotto il pavimento della chiesa capace di ricevere la salma pagando al Capitolo dieci scudi. Nel 1633 essendo i sepolcri pieni e per il fetore che emanavano specie d’estate, con istrumento del 4 dicembre dello stesso anno i canonici provvedettero a svuotare le tombe della chiesa e a creare un cimitero dietro la stessa.

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