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Sui 4.908 reclusi nelle carceri del Lazio

Febbraio 22
23:00 2008

Il 30,50% dei 4.908 reclusi nelle 14 carceri del Lazio (1497 detenuti, 137 donne e 1360 uomini) deve ancora essere sottoposto al giudizio di primo grado di un Tribunale. Il dato è stato diffuso dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni durante il convegno “Il ruolo del Garante dei detenuti nell’ambito del sistema carcerario e la sua riforma”, organizzato dallo stesso Garante, dal Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Guido Milana, e presieduto dal Vicepresidente del Consiglio, Bruno Prestagiovanni.
Il 38% dei detenuti delle carceri laziali (1888 persone, 149 donne e 1739 uomini) sta scontando una pena definitiva. Infine, un altro 30% dei reclusi sono appellanti o ricorrenti.
Sempre secondo i dati è errata la percezione che l’Indulto non abbia avuto, a suo tempo, effetti sulla vivibilità delle carceri: al 31 luglio 2006 (prima dell’entrata in vigore dell’Indulto) i detenuti presenti nelle carceri del Lazio erano 5.989 (480 donne e 5509 uomini), lo scorso 5 febbraio erano 4908 (387 donne e 4521 uomini). Per effetto dell’indulto dalle carceri laziali sono, quindi, usciti 2636 detenuti (1463 italiani, 1173 stranieri); ne sono rientrati per aver commesso di nuovo un reato 864, 591 italiani e 273 stranieri (circa il 33%).
Un dato, questo, che preoccupa e non induce all’ottimismo anzi, sollecita il Garante a lanciare un appello: «Non siamo ancora ai numeri pre-indulto – ha detto Marroni – ma fra allarmi sociali e richieste di maggiore sicurezza e tolleranza zero, credo che si tornerà presto a quei livelli. Basti pensare che a settembre 2006, un mese dopo l’entrata in vigore dell’indulto, i reclusi erano 3.873, oggi siamo già a oltre mille in più, 4908. Tutto ciò senza tener conto che gli indicatori ci dicono che se si vuole ridurre il numero dei reati non serve aprire le celle o costruire più carceri, occorre aumentare sensibilmente il ricorso alle misure alternative alla detenzione».
Altri dati che il Garante ha fornito e sui cui riflettere, sono i seguenti: il 44% dei detenuti presenti nel Lazio sono stranieri. Dei 4908 reclusi, infatti, 2157 sono stranieri, di cui 1344 extracomunitari e 813 comunitari. La comunità più rappresentata in carcere è quella romena (653 detenuti) seguita da quella marocchina (190), da quella albanese (155) e da quella algerina (146).
Riguardo la giustizia minorile, lo scorso anno, nel centro di Prima Accoglienza per Minori di Roma sono transitati 1.100 adolescenti: in tutta Italia sono stati 3.600. Attualmente l’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo ospita 53 giovani, 43 ragazzi e 10 ragazze, oltre il 90% dei quali stranieri (per lo più romeni). Nel 2006 Casal del Marmo è stato il primo Istituto minorile d’Italia per ingressi (294 giovani), con una presenza media di 53 unità. Il periodo medio di permanenza è di circa due mesi. Il tratto caratteristico del 2007 è che gli operatori del Centro di Prima Accoglienza di Roma notano una lieve tendenza in aumento dei giovani romani e del Lazio a commettere reati, anche se non sono molti quelli che finiscono a Casal del Marmo perché, in virtù della presenza di una famiglia alle spalle, beneficiano di misure alternative alla detenzione.
«Quella del garante dei detenuti – ha detto il Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Guido Milana – è una figura ancora nuova, presente solo in due regioni (Lazio e Sicilia), che sconta difficoltà legate all’assenza di un supporto normativo di riferimento. Una figura, quindi, dai contorni incerti, non prevista e regolamentata dall’Ordinamento penitenziario, guardata a volte con sospetto e preoccupazione da molti magistrati o Pm. Basti pensare che i Garanti, nonostante la collaborazione che si è instaurata con gli Istituti di pena, non hanno il diritto di ispezione che la legge riconosce ai Parlamentari e ai Consiglieri regionali ed accedono al carcere usufruendo della stessa norma che regola le collaborazioni dei volontari. E’ per questo che ritengo fondamentale sostenere qualsiasi iniziativa consenta di ribadire le loro prerogative».
«Offrire garanzie alla parte debole della popolazione – ha aggiunto Milana – può sembrare superfluo quando questa sconta pene inflitte dalla giustizia. Al contrario, ritengo che i contemporanei devono essere sempre più convinti che riconoscere i diritti a chi non li ha rispettati è un segno di grande civiltà».
Il Garante dei detenuti del Lazio è in prima linea nel cercare di far comprendere come possa essere migliorato un sistema che prevede la detenzione come pena principale, se non unica. «Un lavoro – ha detto Marroni – che nasce dalla constatazione che gran parte della popolazione detenuta è composta da tossicodipendenti, immigrati e portatori di disagio psichico per i quali la detenzione non è la soluzione giusta».
Un nuovo sistema penitenziario deve essere modellato sulla base dei principi della Costituzione e in particolare dall’articolo 27, secondo cui le pene devono consentire il recupero e il reinserimento sociale del reo, essenziali per il successo del sistema. In tale ottica, occorre con un cambiamento di impostazione che ponga al centro il detenuto come persona, e il ricorso sempre più massiccio a forme alternative alla detenzione per consentire al di rientrare a pieno titolo nella società.

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