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Sulla genetica

Settembre 22
23:00 2007

Io sono molto preoccupato, e l’ho dichiarato anche all’Accademia delle Scienze a Stoccolma quando mi hanno consegnato il Nobel. Quando poi ho ripetuto lo stesso discorso sui pericoli delle manipolazioni genetiche con scambio d’organi tra animali e uomini all’Università svedese mi hanno dato del terrorista. Erano presenti a quel dibattito gli otto Nobel appena incoronati e almeno cinquecento studenti. Ho dovuto rendermi conto che su questo tema c’è una pessima informazione  e preconcetti piuttosto semplicistici e pericolosi. Per di più da parte di scienziati ricercatori si raccontano un sacco di frottole e si promettono miracoli stupefacenti: cambiare organi come si vuole, con la stessa facilità con cui ci si cambia le scarpe o le mutande. Si dà alle gente persino l’illusione, peggio la certezza, che grazie a questa manipolazione fantastica tra poco tutti potremo vivere in eterno. Ma naturalmente presentando questo prossimo gioco di scambi di organi si minimizza sul pericolo di vere  e proprie epidemie facili ad esplodere e in questa faciloneria si rasenta davvero l’incoscienza. Se si parla dei tanti incidenti già accaduti viene detto che la “scienza vuole le sue vittime…”. Più di uno scienziato ci ha comunicato che si stanno preparando maiali allo scopo di fornirci organi appositamente manipolati. In detti organi verranno inseriti geni provenienti da organi umani, così che il trapianto dal porco all’uomo possa realizzarsi con successo. Esprimendoci con maggiore scientificità diremmo che uno scienziato riesce, affondando le mani nel corredo genetico del maiale e inserendogli embrioni umani, a renderlo più simile all’uomo. Con il risultato che così sarà più facile prendergli il fegato, o un rene, per trapiantarlo nell’umano in questione. Avremo così un uomo-maiale (voi direte che ve ne sono già tanti) o un maiale-uomo. E chi vorrà un pezzo di questo maiale umanizzato dovrà pagare i diritti d’autore all’industria che lo ha confezionato. Inoltre, prima di ricevere l’organo del maiale (o meglio del maiale-umano) bisognerà abituarsi a diventare un poco maiali noi stessi; dovranno dunque introdurre in noi un poco di maiale, magari del suo midollo spinale: così il passaggio verso l’altra specie sarà meno banale, eviteremo il classico fenomeno del rigetto. La stessa operazione vale anche per le piante coltivate: volete, cari contadini, del granone resistente agli erbicidi? Eccovelo. E in aggiunta, vi diamo anche gli erbicidi. Usatene quanti ne volete, tanto il mais se ne frega. E passate alla cassa. Se poi noi consumatori non siamo stati manipolati geneticamente per sopportare le alte dosi di erbicidi, affari nostri. Basta che i dividendi corrano. Ma c’è di più: manipolando geneticamente embrioni umani si potranno ottenere (e naturalmente brevettare) pezzi di ricambio. Così, appena nati, metteranno nel freezer un nostro doppione (magari senza testa) che potrà fornirci, pagando naturalmente il brevetto allo scopritore del gene adatto, il cuore, il pancreas, i coglio…, pardon, i testicoli, insomma, qualsiasi organo che dovesse andare in tilt.
Ho fatto anche un’altra riflessione: quando entro in un negozio di giocattoli, vedo esposta una quantità enorme di pupazzi mostruosi, alcuni di questi mostri sono addirittura semoventi ed emettono urla allucinanti, alcuni sputano bava vischiosa: guerrieri che si trasformano in tartarughe giganti, uomini che diventano dinosauri: questi mostri mettono terrore e hanno perfino l’odore dei mostri. Adesso ho capito perché vendono questi giocattoli ai bambini: per abituarli ai mostri che popoleranno il mondo tra poco.
Quello che si cerca inoltre di realizzare l’ho già accennato: è di ottenere dei mostri senza testa. In tal modo si avrebbero tutti gli organi che servono e sarebbe più comodo perché in questo caso, mancando la testa, non ci si dovrà porre il problema della coscienza, dell’anima, della sofferenza. Si potrà anche evitare di chiamarli “uomini”… A quanto ho sentito, si può clonare l’embrione umano – e la direttiva sui brevetti lo consente – in modo tale che ogni essere umano abbia pronto per ogni evenienza un suo clone senza testa (con le rane e i topi hanno già ottenuto buoni risultati) che, in caso di emergenza, gli fornisca un organo di ricambio. Lo si potrà conservare in frigorifero, ma per i viaggi ci sarà una valigetta-kit, che sarà anche valigia-thermos, naturalmente, valigia termica che ci si potrà portare appresso col normale bagaglio da viaggio. Non hanno ancora risolto il problema di come far vivere questi organi senza un cervello che ne controlli le funzioni, ad esempio la respirazione, ma è solo un piccolo dettaglio.
Ho trovato un’antica leggenda greca su Alessandro Magno, che sembra descrivere molto bene proprio la situazione attuale e che ci permette di riflettere.
“L’ascensione di Alessandro Magno portato in cielo da due grifoni” dal romanzo greco dello pseudo-Callistene vissuto ad Alessandria d’Egitto nel IV sec. d.C.
«Alessandro Magno era un imperatore molto potente. La sua passione era scoprire il mondo, ma non faceva del normale turismo che gli desse la possibilità di conoscere i paesi nuovi, la gente nuova. Il suo turismo era molto particolare; voleva scoprire tutto per conquistare, possedere a costo di distruggere. Per lui conoscenza significava potere, significava imporre sottomissione. E laddove ne fosse ostacolato risolveva con un massacro, una strage. In verità non gli importava più di tanto gestire, governare un regno- gli bastava poter dichiarare “Lo posseggo!”, anzi, “L’ho posseduto, è stato mio!”. Tant’è che spesso dopo averli rapinati per bene, abbandonava quei luoghi per buttarsi a nuove conquiste: dalla Persia – suo regno principale – conquistò l’Egitto e scese fino all’India. Sulla carta possedeva il più grande impero che uomo al mondo avesse mai conquistato. Ma per gestire e governare un impero del genere Alessandro avrebbe dovuto risiedere a lungo su ogni territorio: conoscerne i problemi, organizzare un’amministrazione, le vie di comunicazione, i mercati; occuparsi dei terreni agricoli, quindi delle acque, dell’irrigazione e dei fiumi navigabili; per non dire dell’emanare leggi e farle rispettare. Ma Alessandro Magno non aveva tempo, doveva sempre proseguire, andare altrove, alla conquista d’altre terre; sottomettere altri popoli, abbattere mura e torri, soggiogare. Ancora giovane e avendo collezionato un immenso impero, seppur aleatorio, si dedicò alla raccolta e selezione di animali di ogni tipo e razza. Si dilettava a incrociare animali di specie diversa, ottenendone strane creature, spesso eleganti e curiose, talvolta chimere e mostri. Possedeva un serraglio smisurato. Il suo sogno era di riuscire a far accoppiare i due animali considerati più potenti: il leone e l’aquila. Provò con mille espedienti, ma era difficile convincerli ad accoppiarsi: quei due animali non provavano nessuna attrazione sessuale tra di loro.
Infine, li ubbriacò di cibi e bevande altamente afrodisiache, quindi ordinò ad una troupe di danzatori maschi e femmine, specializzati in figurazioni d’amplessi al limite dell’osceno, di esibirsi per quelle due bestie, coinvolgendole entrambe nel gioco di accoppiamenti contorti ed acrobatici. E qui la cosa cominciò a funzionare: la leonessa si dimenava all’impiedi come un’odalisca; l’aquila svolazzava intorno sbattendo le ali come mantelli e avviluppando la leonessa che sputacchiava penne ad ogni amplesso. “Ci ho addosso una voglia bestia! – starnazzava roco il re degli uccelli – Mi rotolerei come una scrofa addosso a te bella zozzona… ma perdio!, tu puzzi come una fogna!”-”È bella la tua, di puzza… A parte che quelle tue piume che mi sventoli addosso riescono solo a farmi vomitare”. Ma dagli e dagli, i due animali, alla fine, si accoppiarono, con ruggiti e ululati di piacere. Da quel folle amplesso, nacquero due “grifoni”, i mitici esseri con il corpo di leone e la testa e le ali d’aquila. Ognuno sfoderava quattro splendenti ali. I due esemplari, ancora cuccioli, erano già abbastanza imponenti e terrificanti. Alessandro aveva un programma: crescerli in fretta e poi servirsene per farsi trasportare in volo più in alto possibile nel cielo. La madre leonessa li allattava, ma il nutrimento che quei due cuccioli riuscivano a poppare dalle sue sei zinne non era sufficiente a soddisfare il loro appettito. Alessandro diede ordine che venissero allattati anche da donne; ogni giorno, due a due, diecine di giovani nutrici offrivano le loro poppe ai due mostri-cuccioli… Le più svenivano durante la poppata. Dopo un anno i grifoni erano cresciuti e possenti, ognuno sbatteva le sue quattro ali e si alzava in volo con grande facilità. Alessandro impose un largo giogo al collo dei due grifoni accostati, quindi vi appese al centro una grande cesta, nella quale si sistemò comodo. Si era procurato una canna molto lunga, sulla cui cima aveva infilzato un fegato di cavallo, che era cibo assai appetito dai grifoni, e da dentro il cesto la issò in alto, sopra le teste delle bestie, che allungarono golosi il collo verso il malloppo di fegato, sbattendo le ali, per raggiungerlo. Così i due mostri volanti trasportarono su, sempre più su nel cielo, lo scaltro Alessandro. Ormai lo strano carriaggio aveva superato le cime dei monti più alti… Alessandro Magno scrutava l’orizzonte e ammirava le terre a lui ancora sconosciute… Fra sé commentava: “Splendide davvero, ma ne ho abbastanza di regni, territori, guerre e conquiste…”-”Certo… che vantaggio ne hai tratto, poi?!”- gli fece eco una voce imponente. – “Chi è che mi parla?” Alessandro si guardava intorno ma non vedeva nessuno. La misteriosa voce continuava: “Ti capisco. E chi non si scoccerebbe di far massacrare il proprio esercito, solo per riuscire ad annientarne due o tre altri dei nemici.”-”Si può sapere chi mi parla? – urlava quasi isterico Alessandro.-”Noi!”- risposero all’unisono i due grifoni.-”Voi? Da chi avete appreso a parlare con voce e linguaggio da uomini?”-”Le nostre nutrici, da loro, col latte abbiamo succhiato anche le parole… Ad ogni modo, ti stavamo dicendo, caro imperatore… visto che ti sei scocciato ormai di conquistare terre, dopo averle insozzate di sangue, adesso t’è preso lo sfizio di conquistarti il cielo?! “-”No, veramente io ero solo curioso di vedere… osservare dall’alto il mondo… “ – “Taci, impostore” – lo insultano sempre all’unisono i due grifoni – e tanto per incominciare tira giù quella canna con quella schifezza di fegato che ci hai appeso!”-”Che schifezza? Non è il vostro cibo più appetito?”-”Macché, te l’abbiamo fatto credere… Il nostro cibo più appetito sono gli uomini”-”Come?”-”Sì! Noi ci abbuffiamo solo della carne degli umani. E il prossimo pasto ce lo faremo con te! Ti spiace?” Alessandro sbiancò in viso per lo spavento e, forse per la prima volta in vita sua, si sentì tremare: “Voi volete mangiarmi… divorare me che vi ho creato?!”-”Hai ragione – risposero i grifoni – prima ci pare giusto che ti si permetta di terminare il tuo viaggio. Ti porteremo fin sulla luna! “Detto, fatto, sbattendo le ali ad un ritmo forsennato, i grifoni raggiunsero la luna e planarono su una gran distesa di polvere. Venne subito loro incontro una processione vociante di strani esseri. Erano uomini e donne che assomigliavano a statue mutilate, alcuni erano senza testa, altri senza braccia… altri ancora col corpo divelto, squarciato, eppure si muovevano quasi senza impaccio. “Ma chi sono? Chi li ha ridotti a ‘sto modo?” domandò sconvolto Alessandro. “Non li riconosci? In gran parte è opera tua e di altri magnifici conquistatori al par tuo. Forse ti sei scordato di quante teste hai fatto mozzare? E donne squartare coi loro ragazzini?” I tronconi d’uomini, quasi danzando, si fecero intorno ai tre e chi possedeva ancora una testa sputò in faccia ad Alessandro. Altri gli orinarono addosso, altri ancora, dinfrà le natiche, sparacchiarono smerdazzi orrendi.
Alessandro si trovò concio e impanato d’ogni zozzeria. Ma la processione non era finita. Si videro venire avanti mostri orrendi, bestie con teste umane, uomini con capocce d’animali e strane creature con due teste, tronchi di caprone con seni di donna e faccia di maiale. Bestie che strisciavano sul ventre come serpenti ma mostravano volti da scimmia e, sul dorso, gobbe da cammello. “Ma questa non è solo opera mia!” cercò di difendersi Alessandro. “Infatti non sei il solo al mondo che si diletta a crear mostri. Ma osserva tu con i tuoi compari pazzi fanatici, che avete combinato!” Quindi, ghignazzando, i due grifi sollevano Alessandro e lo scaraventano giù dalla luna. L’imperatore rotola nel vuoto, scomparendo ogni tanto fra le nuvole. Era talmente terrorizzato che non gli riusciva nemmeno di far sortire un gemito. La terra gli veniva incontro a velocità incredibile… stava già per schiantarsi al suolo… quando i due grifoni lo raggiunsero e lo abbrancarono, evitando che si riducesse a una marmellata. Ma per tanto spavento ormai Alessandro era del tutto impazzito: gli occhi spalancati come di vetro, biascicava parole senza senso apparente, si muoveva a scatti, con fatica. Era ormai ridotto ad un vecchio canuto. Dov’era finito l’incedere possente e il magico sguardo del divino imperatore? A parte qualche suo fedele ufficiale, nessuno ormai riconosceva in quel relitto il grande Alessandro. Lo nascosero in una grotta dove visse come animale in gabbia fino alla fine dei suoi giorni.
Affinché l’Impero non crollasse e non fosse invaso dai tanti nemici che Alessandro Magno si era creato con le sue guerre ed invasioni, si dovette mentire e dire che egli era in piena salute. Si trovò un contadino che vagamente gli somigliava, non certo colto, ma furbo e abilissimo a recitare gesti e atteggiamenti dell’imperatore. Lo si mise in sella al cavallo regale e lo si fece sfilare per le città per mostrare che l’impero di Persia aveva ancora il suo capo. Ma il vero capo in realtà si era autodistrutto per le sue brame di dominio. Da quell’antro, osservava quello che era stato il suo regno e nei pochi sprazzi di lucidità che gli restavano, meditava sul tragico errore d’aver confuso la conoscenza con il potere».
Fonte: Il C@C@O della Domenica

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