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Teatro Trastevere – Io ed Elena

Maggio 05
08:32 2023

Dall’11 al 14 maggio 2023 al Teatro Trastevere (Via Jacopa De’ Settesoli, 3), andrà in scena Io ed Elena di Donatella Busini, un dramma sul rapporto femminile tra madre e figlia nella società contemporanea dove l’invecchiamento è bandito.

La Regia dello Spettacolo è affidata a Mauro Toscanelli, mentre interpreti sono la stessa Donatella Busini (la madre) e Ornella Lorenzano (la figlia). Anche la Drammaturgia musicale e la Scenografia sono affidate sempre a Mauro Toscanelli, mentre addetto alle Luci è Francesco Bàrbera, i Costumisti sono Emanuele Zito e Claudio Giovannelli, l’Aiuto Regia è Francesco Maggi. L’Opera è prodotta da Ipazia Production e l’Ufficio Stampa è affidato ad Andrea Cavazzini e Francesca Siciliano.

Io ed Elena mette a confronto due personaggi femminili, Giovanna, la madre ossessionata dalla paura d’invecchiare che pretende continue conferme da parte di un uomo ideale, ed Elena (la figlia) affetta da conclamata e lucida follia, che si è costruita un dialogo incessante con il suo alter ego, chiamato Blanche DuBois.

Vi ricordate la straordinaria protagonista del testo “Un tram che si chiama desiderio” di T. Williams? Appunto, proprio lei, Blanche DuBois, è una citazione voluta dall’Autrice.

Ma come ha deciso di portarlo in scena Mauro Toscanelli? Come afferma lui stesso: «Ho voluto allestire il dramma dandone un taglio visionario, dove la follia che si contorce aggrovigliata e confusa nella mente delle due donne ha come contrappeso il rigore e l’ordine delle figure geometriche “solide” che caratterizzano la scenografia. Mi piace pensare che chi vi assiste, sia preso per mano e condotto, attraverso le immagini agite e il tappeto musicale, nella penombra di un grembo materno ove tutto è sospeso, tutto è mellifluo, fluido, cangiante. In attesa del parto finale, quello in cui la Consapevolezza viene alla luce, stendendo un velo definitivo e irreversibile sulla condizione umana delle due donne».

Mi pare proprio di vederla questa follia, aggrovigliata ai nostri pensieri, che ci confonde le idee, che si innalza nella monotonia del nostro quotidiano e crea un brillio, uno scintillio, un barlume che accende il nostro interesse.

In questa affermazione del regista vi è la curiosità di un animo aperto ad indagare i drammi e le tragedie della mente, disposta a trovare una via di scampo in un bisogno morboso d’amore o addirittura in un personaggio immaginario con cui poter far dialogare le parti di sé in disequilibrio. C’è sempre un mondo in bilico tra la normalità e la follia, ma di certo la quotidianità inquadrata e normalizzante è sempre meno interessante del lampo di genio che spesso si genera nella mente del folle. Non di rado la nave dei folli, abbandonata al suo destino si ferma nel porto di un teatro, oppure nell’universo letterario di una artista, in un quadro, nelle pagine stranianti di un poeta o nella visione di un genio del cinema. Quante volte lo ha fatto e quante volte continuerà a farlo?

Per chi ha letto Michel FoucaultStoria della follia nell’età classica, la domanda nasce spontanea: «Perché si vede sorgere d’un tratto la sagoma della nave dei folli, e il suo equipaggio insensato che invade i paesaggi più familiari? Perché, dalla vecchia alleanza dell’acqua con la follia, è nata un giorno, e proprio quel giorno, questa barca?».

Il tema del folle ha nutrito folle di artisti e di spettatori, ha rotto quell’equilibrio instabile dove si situa l’ordinario, ha colpito la fantasia e l’immaginazione perché: «La follia e il folle diventano personaggi importanti nella loro ambiguità: minaccia e derisione, vertiginosa irragionevolezza del mondo, e meschino ridicolo degli uomini».

Confesso io stessa che gli insondabili meandri della mente sono sempre tra le mie preferenze, così come questa osmosi continuativa di rimpalli tra le due protagoniste dell’opera (o, forse, esse sono tre perché in una attrice vivono contemporaneamente due anime?) e il contraccolpo doloroso reciproco che ne deriva.

L’incanto è il fulcro attorno a cui ruota la ricerca di madre e figlia; un incanto che si ricollega idealmente al desiderio sessuale della protagonista di Williams.

In questa drammaturgia che sembrerebbe tutta al femminile, in realtà si rimanda continuamente a figure maschili, a volte idealizzate, a volte evocate in quanto personaggi del doloroso passato o del torbido presente della madre, Giovanna.

E nell’opera, la Musica e il Teatro nel Teatro, riescono a far percepire al pubblico la dimensione di fluidità in cui agiscono la follia e la disperazione, fino a quando non si concretizza il parto finale: finalmente la Consapevolezza viene alla luce, stendendo un velo definitivo e irreversibile sulla condizione umana delle due “donne”.

Mi piace chiedere all’Autrice e Attrice:

Come nasce l’opera originaria, ossia, il libro?

«”Io ed Elena” nasce da un incontro fortuito al “Fringe” di Edimburgo dove ho avuto una lunga conversazione con una attrice che conviveva con una madre psicotica. Le difficoltà che questa donna affrontava nel quotidiano, in solitudine, nell’assoluta indifferenza di chi le era accanto nella vita, narrate con sollievo a una estranea come me, mi ha molto colpito».

Come hai dovuto preparare la strada per il personaggio che interpreti a Teatro?

«Ho cercato di trovare nel testo stesso e nelle dinamiche tra le due donne, i momenti in cui la maschera narcisistica di Giovanna cominciava ad incrinarsi, provando a rendere visibili queste crepevia via che si svelava il personaggio, con empatia, fino alla resa finale di fronte alla realtà».

Sei più a tuo agio quando scrivi o quando reciti a Teatro? Sei più

‘Scrittrice Scrivente’ o ‘Scrittrice Parlante’?

«Mi sento certamente più a mio agio nella scrittura sia per esperienza che per formazione. La scrittura ha in me un effetto catartico; la recitazione è un atto di amore verso il testo».

Tra i due ruoli potevi scegliere quello della Madre o della Figlia? Ti senti più madre o più figlia?

«Il ruolo di Giovanna mi è stato proposto dal regista, è ha fatto la scelta giusta, perché essendo Giovanna affetta da narcisismo non è una madre matura, anzi è più figlia che madre. E davvero io personalmente non sono madre ma figlia, non ho il benchè minimo senso materno».

Cosa ti ha affascinato di Blanche DuBois e perché ne hai riverberato lo spirito nel tuo libro?

«Blanche è la terza protagonista della pièce. Suo è l’incanto, sua la ricerca della meraviglia, suo è il dolore per un passato che fu e che l’ha resa quello che è. La DuBois incarna alcune delle caratteristiche di entrambe le donne in scena. La fragilità di Elena, la sua dolcezza e folle saggezza e l’incapacità di accettare la realtà di Giovanna, il suo negare il tempo che passa e i tentativi di nascondere un passato poco limpido ma molto doloroso. Blanche è “Io ed Elena».

Cosa diresti al pubblico che sarà presente, spero numeroso, in sala?

«Lo inviterei ad immergersi in questa storia d’amore dolorosamente vissuta sia nel proprio spazio familiare che nel proprio universo individuale, da due donne disperse come monadi nella società contemporanea. È un dramma della solitudine che ci coinvolge tutti: perché chi di voi non si sente spesso solo e talvolta anche un po’ folle?».

Rammentiamo che l’opera letteraria di Donatella Busini, pubblicata da puntoacapo Editrice nel 2021 ha vinto vari Premi:

Opera vincitrice: Concorso letterario “Anima Mundi” 2020 e “Lago gerundo” 2020;

Opera finalista: Concorso letterario “Ernesto Calindri” 2020 – sezione Donna;

Opera menzionata al merito come miglior dramma: Teatro dei Marsi di Avezzano.

 L’Autrice:

Donatella Busini, classe 1971, si è laureata in Fisica per poi lavorare nel settore dell’Innovazione Tecnologica ricoprendo ruoli manageriali presso importanti aziende di consulenza High Tech in Italia e all’estero. È autrice, attrice e produttrice teatrale, titolare di Ipazia Production, società di produzione artistica nella quale ha voluto coniugare la sua più che ventennale esperienza manageriale con l’amore e la passione per il teatro e la volontà di espressione del libero pensiero. Il suo primo testo, L’Inizio, è stato tra i lavori segnalati al premio Fersen 2019 ed è risultato Semifinalista al concorso Calindri nella sessione Donne e Finalista al premio Quasimodo. Il suo successivo lavoro, il monologo Svetlana, ha vinto nel 2019 il premio di miglior testo preso la rassegna Laccio Rosso promossa dal teatro Antigone in Roma e il premio Antigone assegnato dallo stesso. Svetlana è stata finalista nella sessione Monologhi presso il Premio Ruzzante. Io ed Elena ha avuto una menzione al merito come miglior dramma dal Teatro dei Marsi di Avezzano, ha vinto il premio Anima Mundi per la scrittura femminile e il Premio Lago Gerundio.

Info:

IO ED ELENA

di Donatella Busini

 Orari spettacolo:

Feriali ore 21, festivi ore 17:30

 

Via Jacopa De’ Settesoli, 3

 Biglietti:
biglietto intero 13, ridotto 10 (prevista tessera associativa)

Prenotazioni:

info@teatrotrastevere.it

 

 

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