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“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”

Dicembre 11
17:24 2011

Storia della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il 22 ottobre scorso è scomparso Antonio Cassese. Giurista, scrittore, docente di diritto internazionale in Italia e all’estero, rappresentante del governo italiano in vari organi dell’ONU, tra cui la Commissione dei diritti umani;  è stato presidente del Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e primo presidente del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, nel quale ha operato anche come giudice. E poi presidente della Commissione internazionale d’inchiesta dell’Onu sui crimini nel Darfur, conclusioni che hanno portato al deferimento della questione alla Corte penale internazionale. Nel 2009 era stato nominato presidente del Tribunale speciale per il Libano.
Voglio ricordarLo, farLo conoscere al grande pubblico e rammentare la data del 10 dicembre1948, riportando un brano tratto da un suo libro “Il sogno dei Diritti umani”, Feltrinelli, 2008.
«Parafrasando Rousseau, si potrebbe dire che oggi tutti parlano di diritti umani e tuttavia mai come ora quei diritti sono violati in tanti paesi del mondo. In realtà anche nel passato i diritti umani erano calpestati su larga scala e spesso in modo anche più grave; però non esisteva ancora nelle vittime la consapevolezza che la loro dignità umana veniva offesa: gli abusi, l’arbitrio, il disprezzo per i diseredati, venivano considerati un fatto naturale, non un fenomeno storico contro cui bisognava lottare. …….L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ripudiò questo concetto il 10 dicembre 1948, quando adottò un decalogo dei diritti di ogni abitante del pianeta: la Dichiarazione universale dei diritti umani. La Dichiarazione non è una “legge” internazionale, perché non ha carattere obbligatorio, non crea cioè norme vincolanti gli stati e gli individui. Ha solo una forza morale e politica. Perché, nondimeno, è così importante? Perché se ne sente tanto parlare e si avverte la necessità di celebrarne l’anniversario? Prima del 1948 non esisteva un documento di portata planetaria che sancisse i diritti spettanti a ogni essere umano, quale che fosse la sua cittadinanza, razza o posizione sociale. Esistevano dichiarazioni quali la Magna Charta del 1215, il Bill of Rights inglese del 1689, le dichiarazioni americane del 1776-1789 e quella francese del 1789, ma avevano ovviamente un’incidenza limitata a quei singoli paesi. Mancava un testo universale, che valesse per tutti. La fine della Seconda guerra mondiale costituì un momento propizio perché dovunque si sentiva il bisogno di reagire ai disastri della guerra e delle dittature. L’iniziativa fu occidentale. Già il 6 gennaio 1941 il presidente Roosevelt aveva lanciato le famose quattro libertà: quella di parola e di pensiero, quella religiosa, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura. Nel 1946, nel celebre discorso di Fulton, Churchill proclamò che scopo del dopoguerra era di “far scudo alle innumerevoli case degli uomini contro due gigantesche macchine da preda: la guerra e la tirannide”. Gli Stati Uniti, la Francia e l’Inghilterra trovarono perciò naturale proporre all’Assemblea generale dell’Onu di adottare un decalogo per tutta l’umanità. I paesi socialisti e, per ragioni culturali e religiose, certi paesi mussulmani guidati dall’Arabia Saudita e dal Pakistan, inizialmente si opposero anche perché il testo proposto era di marca sostanzialmente occidentale. Ma le loro obiezioni vennero travolte. Così nel 1948, per la prima volta nella storia dell’umanità, stati assai diversi politicamente e ideologicamente si misero d’accordo su una serie di obiettivi e principi e si impegnarono ad adoperarsi per conseguirli. L’idea di fondo della Dichiarazione è che ogni struttura statale, quale che sia la sua dimensione ideologica e politica, deve rispettare i valori essenziali della persona. La Dichiarazione ha avuto effetti enormi sulla comunità internazionale. Anzitutto ha scosso gli animi e creato un nuovo ethos. …..Nel 1962, nel primo processo che subì a Pretoria, Nelson Mandela si difese invocando la Dichiarazione universale. …la fine dell’apartheid è dovuta anche alla coscienza dei propri diritti nata nella maggioranza di colore sudafricana…….La Dichiarazione ha anche contribuito alla caduta del Muro di Berlino, al declino delle dittature in America Latina, sta inclinando il gelo illiberale ancora così diffuso in Cina e ormai condiziona la politica estera di molti stati…..La Dichiarazione è servita da impulso per l’adozione di innumerevoli testi internazionali……ed ha costituito un manifesto e un’arma morale, indispensabile per tanti gruppi non governativi di appoggio e solidarietà ai perseguitati, come Amnesty International e Human Rights Watch.
A cinquant’anni di distanza, si può dire che la Dichiarazione è ancora attuale? Nessuno nega certo i suoi limiti storici, per esempio la scarsa sensibilità per i diritti dei popoli o l’eccessiva genericità di alcune disposizioni. ….
Malgrado questi limiti, e anche se i tempi sono cambiati, quel grande documento è ancora vivo. ……Nella lotta per i nuovi diritti la Dichiarazione deve restare la nostra stella polare. Non dimentichiamo che alla lunga quelle tre paginette hanno avuto più peso di intere biblioteche e degli eserciti di tante grandi potenze. Splendida conferma di quel che diceva Tommaso Campanella: i moti umani durevoli sono fatti prima dalla lingua e poi dalla spada».

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