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UMANE SCINTILLE Rassegna di teatro contemporaneo

UMANE SCINTILLE Rassegna di teatro contemporaneo
Maggio 16
16:57 2018

UMANE SCINTILLE
Rassegna di teatro contemporaneo
tra dissenso, poesia, risate, stupori, incontri e scontri luminosi
a cura del Collettivo Teatro Ex Lavanderia

dal 18 maggio al 29 giugno
ASSOCIAZIONE EX LAVANDERIA (Padiglione 31)
Parco Santa Maria della Pietà (piazza Santa Maria della Pietà, 5) Roma

La rassegna Umane Scintille propone nove spettacoli teatrali il venerdì sera e la domenica pomeriggio per rilanciare presso la Ex Lavanderia un progetto di teatro pubblico e spazi condivisi, un laboratorio di riflessione e di impegno degli artisti, come scambio di esperienze artistiche, umane e sociali, come luogo in cui possano esprimersi tutti i soggetti che agiscono esperienze teatrali, scegliendo la differenza come ricchezza. Difficilmente le nove compagnie in scena si sarebbero incontrate sullo stesso palcoscenico, qui invece tra dissenso, poesia, risate, stupori, incontri e scontri luminosi si produrranno “Umane scintille” per diversi pubblici, con spettacoli per ragazzi la domenica pomeriggio. Qui la Ex Lavanderia è sempre un luogo che offre uno spazio di riflessione che consenta all’artista di confrontarsi con l’altro da sé: il pubblico e anche gli altri artisti.
Apre la rassegna un evento unico pensato per il Santa Maria della Pietà e la sua storia. Il 18 maggio con “Alieni Nati” si alterneranno le azioni di Fabrizio Crisafulli, Alessandra Cristiani, Simona Lisi, Federica Luzzi, Marcello Sambati, Naoya Takahara e con la partecipazione di Adriano Pallotta, ex-infermiere del Santa Maria della Pietà, e Alberto Paolini, ex-ricoverato e una presentazione di Ilari Valbonesi.
Info 393 9929813/ 3296887777
umanescintille@gmail.com
FB @umanescintille

https://www.facebook.com/umanescintille

 

ALIENI  NATI
azioni di Fabrizio Crisafulli, Alessandra Cristiani, Simona Lisi, Federica Luzzi, Marcello Sambati, Naoya Takahara

con la partecipazione di Adriano Pallotta, ex-infermiere del Santa Maria della Pietà, e Alberto Paolini, ex-ricoverato

presentazione di Ilari Valbonesi

“Da dietro le reti osservavamo gli animali muoversi fuori. Ogni tanto venivano a guardarci. Era un giardino zoologico all’incontrario”, è una delle tante cose che ci ha detto Alberto Paolini della sua esperienza di ricoverato all’Ospedale psichiatrico S. Maria della Pietà di Roma. Paolini, ultraottantenne, poeta e autore del racconto Avevo solo le mie tasche, nel quale narra la sua vicenda, da quando, orfano, fa l’esperienza del collegio, ai quarantadue anni di reclusione psichiatrica, fino all’attuale residenza in casa famiglia, partecipa a questo lavoro con una sua lettura di poesie.
Si tratta di un percorso di azioni indipendenti, come forzatamente “indipendenti” erano i comportamenti dei ricoverati nei padiglioni del manicomio, che si snodano dall’esterno all’interno dell’ex-lavanderia del S. Maria della Pietà, dedicato a tutti coloro che in questa struttura sono stati segregati.
Al progetto ha partecipato Adriano Pallotta, ex-infermiere del S. Maria della Pietà, uno dei protagonisti delle lotte a favore della deistituzionalizzazione dei ricoverati in manicomio e autore, con Bruno Tagliacozzi, del libro Scene da un manicomio, che ha al centro la vita in quella struttura “segregante e spersonalizzante, nella quale era facile entrare e impossibile uscire” e le vicende che hanno portato, nel 1999, alla sua chiusura, insieme a quella degli altri ospedali psichiatrici italiani.

INSTALLAZIONE
Fabrizio Crisafulli e Federica Luzzi
Una visione.
La proiezione di una danza senza fine contro una costellazione di sculture di infiniti nodi. E la loro interazione anche con il sonoro dei racconti di Alberto e degli Acchiappaspiriti di Naoya.

LANGELO
Alessandra Cristiani

Performance di danza
una presenza, silenziosa, muta senza, più miracoli, un angelo umano
….
in quel suo passare o semplice esistere,
in un intimo silenzio

persiste ai nostri occhi senza alcun miracolo.
Dolente, non può dare salvezza
all’umano sentire e agire

non resta che
scrutare ed essere scrutati
senza soluzione alcuna dello sguardo,
l’angelo è muto di carne e spirito

CANTO SCREZIATO
sugli enunciati della natura
di Marcello Sambati
La parola (la voce) costituisce il mio oltre. Forma aperta al molteplice: i soffi che ascolto, voci di animali o vegetali, lo stormire e il canto, il respiro dell’albero, polifonie di acque e vento…voci inimitabili che si donano. Non delineate. Disarticolate. Informi, incompiute.
Percezione dell’amorfo come scarto e via creativa, dell’oscuro come trascendenza del visibile.

Breve atto vocale-evocativo dell’infinito che è il corpo della Natura che è più di ogni parola, di ogni musica, di ogni opera e che “appare universale, appare come contenente tutto ciò che sarà mai detto,
lasciando però che siamo noi a crearlo” (Proust).

ACCHIAPPASPIRITI
di Naoya Takahara
Non se ne conoscono i dettagli ma si dice sia uno strumento sonoro usato da alcune etnie per chiamare gli spiriti puri della natura.

SHELL
Federica Luzzi
essere in un guscio
per anni si coltiva un sogno, protetto in un involto di fortuna
con il suo involucro ogni seme inizia il proprio viaggio individuale
questo il mio universo mobile
come i vegetali che con la loro scorza portano, trasportano informazioni in una loro piccolissima
dimensione eppure dalle potenzialità di diffusione immense
come materiale interstellare
disseminazione che parcellizza fino al vuoto anziché definire
forme disperse nello spazio che racchiudo il proprio eco
voce primordiale che parla attraverso una scrittura ridotta a pura esteriorità, gusci svuotati
elogio alla lentezza del gesto, all’attesa della schiusa

PESO.PIUMA
di e con Simona Lisi
peso/scultura Federica Luzzi

Dalla pesantezza alla leggerezza quanta strada c’è? Come posso trasformare il mio dolore nel mio volo? Penso alla Merini, a tutti gli internati sopravvissuti che hanno distillato la loro essenza nella costrizione di una pena fino a farne uscire non un grido ma un canto di leggerezza.
A questo luogo e all’umanità che ci resta impigliata un piccolo contributo a partire dalla suggestione di un oggetto di costrizione, un giacchetto molto pesante rielaborato da Federica, pensato come rimedio per contenere le energie troppo esuberanti dei bambini iperattivi.

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