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Un bavaglio a magistrati e giornalisti!

Maggio 29
13:37 2010

La protesta contro il disegno di legge che limita le intercettazioni telefoniche (la stima è di 27mila persone intercettate) e ambientali ed ostacola la loro pubblicazione sulla stampa è partita da giornalisti, editori e magistrati di varie procure italiane, ed ha finito per allargarsi oltre frontiera. Organismi internazionali che vigilano sulla libertà di stampa, accreditati presso l’ONU, quali Freedom House e Reporters Sans Frontières, per esprimere solidarietà ai giornalisti italiani, minacciati da pene durissime (carcere di un mese e multe fino a 10mila euro) nel caso disobbedissero alla legge sulle intercettazioni, mettono a disposizione i loro siti per la pubblicazione di notizie vietate nel nostro Paese. Anche in America la notizia del disegno di legge sulle intercettazioni ha allarmato l’amministrazione Obama, tanto che il sottosegretario alla Giustizia Lenny Brauer, impegnato nella lotta al crimine organizzato internazionale, è giunto in Italia ed ha subito organizzato una conferenza stampa nel cortile dell’ambasciata americana. Preoccupato ha detto: «La legislazione penale italiana così com’è finora è stata molto efficace nella lotta alla criminalità organizzata. Le intercettazioni sono strumenti essenziali alle indagini. Non vogliamo che succeda qualcosa alla giustizia italiana». Tanta preoccupazione internazionale ci rincuora, perché, come scrisse nel 1971 il giudice americano Hugo Black, «la stampa deve servire ai governati e non ai governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito perché la stampa rimanesse per sempre libera di censurare il governo». Per questo la stampa ha il dovere di informare il cittadino, raccontando anche le malefatte della sua classe dirigente, proprio per permettergli di scegliere in modo consapevole chi lo deve guidare. Essere informati è, quindi, per il cittadino un diritto essenziale, sancito dalla Carta europea dei diritti dell’uomo firmata a Roma nel 1950. Secondo il disegno di legge sulle intercettazioni, ad esempio, al cittadino dovrebbe bastare sapere dopo anni il perché le persone vengono arrestate. Invece, lo si deve sapere subito! Il diritto alla privacy qui non c’entra, specie se si tratta di persone con ruoli pubblici che hanno commesso dei reati: sarebbe contro l’interesse generale. Inoltre, prevedere il carcere e multe per i giornalisti (che arriverebbero a 465 mila euro per gli editori dei giornali e dei libri) sarebbe una vera e propria intimidazione! «È questa la prova – dice l’ex magistrato Bruno Tinti (oggi giornalista) – che la nostra classe dirigente è impegnata in una lotta disperata per la impunità e la sopravvivenza“. Purtroppo è anche vero che la borghesia mafiosa è ancora molto forte in quanto può avvalersi di protezioni che vengono dall’alto! Lo scandalo dei grandi appalti della cricca legata alla Protezione Civile, infatti, si può leggere come il legame “mafia-economia-politica-servizi di intelligence“, che richiede silenzio e omertà per vivere e crescere dentro un mercato protetto, senza concorrenza né trasparenza, remunerato con favori di grande rilievo economico a spese dei cittadini. Ci sarebbe da chiedersi come mai proprio adesso si vuole limitare lo strumento delle intercettazioni ai magistrati ed impedirne la pubblicazione ai giornalisti. Forse perché, come ipotizza Guarnotta, presidente del tribunale di Palermo, imbarazza il potere politico che emerga la verità sulle stragi di mafia. Egli dice: «A 18 anni dalle stragi che hanno ucciso i giudici Falcone e Borsellino stanno emergendo elementi preziosi che possono finalmente mettere fine all’inganno che è passato sopra le nostre teste». Secondo Guarnotta già nella sentenza Andreotti (con reato prescritto), come nella sentenza di condanna di Marcello Dell’Utri, fu descritto l’intreccio mafia-politica e ricostruita la nascita e la discesa in campo di Forza Italia. “Ora – egli afferma – grazie alle testimonianze di Massimo Ciancimino (figlio di Vito che fu sindaco di Palermo) e di diversi pentiti di mafia si sta facendo luce sull’intreccio perverso mafia-politica-pezzi delle istituzioni e Servizi segreti». Ed aggiunge che se fossero ancora vivi Falcone e Borsellino, avrebbero difeso meglio di quanto si faccia adesso lo strumento delle intercettazioni, la tutela del segreto istruttorio ed il diritto di cronaca. Ancora più pessimista è l’ex pm Felice Casson (oggi senatore Pd) che lancia l’allarme: «Con questa normativa tutte le indagini saranno definitivamente compromesse». Specialmente quelle che hanno coinvolto gli 007 ed i ministri religiosi della chiesa cattolica. Nel primo caso sarà il Presidente del Consiglio a decidere il destino delle registrazioni che coinvolgono i Servizi segreti; nel secondo caso sarà, invece, la Santa Sede (tramite il cardinal Bertone). Questo binario preferenziale per le due categorie citate non deve, però, far pensare che il legislatore intenda il diritto alla privacy non uguale per tutti. Sono le verità scomode a fare più paura. Come, ad esempio, la notizia piuttosto recente che nel fallito attentato del 1989 al giudice Falcone, all’Addaura, erano presenti pezzi deviati dei Servizi segreti. Secondo Felice Casson con la legge sulle intercettazioni anche questa inchiesta potrebbe essere insabbiata. Come pure diventerà improbabile per i magistrati di Perugia e di Firenze fare luce sui conti dello Ior (Istituto per le Opere di Religione) dove la cricca (legata alla Protezione Civile) di imprenditori e funzionari pubblici dello Stato avrebbe fatto transitare i soldi prima che spiccassero il volo verso banche svizzere e istituti off-shore dei paradisi fiscali, al di fuori di ogni controllo della Banca d’Italia e della Guardia di Finanza. Ricordiamo che l’inchiesta sui grandi appalti della Protezione Civile ha coinvolto la banca vaticana, quando nel 2006 venne intercettato monsignor Camaldo (prelato d’onore del papa) mentre era impegnato a ricevere da Angelo Balducci (allora presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici) 300mila euro su un conto dello Ior. Il medesimo istituto che nel 1993 ricevette su un conto con la firma di Andreotti la maxi tangente Enimont del gruppo Ferruzzi di Ravenna. E che falsificò i documenti inviati ai magistrati, come descrive Gianluigi Nuzzi nel libro “Vaticano Spa”. Dunque, il vero scopo della legge de quo potrebbe davvero essere quello di far cadere il silenzio su alcune verità imbarazzanti!

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