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Un fedele tradimento di Giulia Penzo

Marzo 17
09:47 2012

L’ossimoro introdotto dal titolo, oltre a rendere valenze e aspetti della dinamica di una “fedele” variante, indirettamente designa un’affettività che resta e coesiste, non contraddice divenendo plusvalenza di coscienza anche nel gesto apparentemente più effimero, che non è comunque rottura bensì rigenerato ritorno.

Questo libro, in ogni caso, evidenzia tutta la consapevolezza di donne protagoniste di rivoluzioni nel quotidiano, ma anche l’identità e la ricerca di una generazione allo sbaraglio e che è comunque determinante un futuro ancora possibile nell’ultimo riferimento restante, quale retaggio di un’intelligenza emotiva, in nome della condivisione e della compassione. Il “tradimento”, quindi, inteso come “una piccola rivoluzione”, rinnovamento in seno a un’esistenza per cui permanere fedele, comunque proteso verso un mondo migliore, dove non escludere gli uomini ma contenerli. Un percorso che passa attraverso un’autentica solidarietà femminile, ancora ricca d’ideali e non contaminata da potere di sopraffazione. La rete e internet sono la proiezione virtuale del contemporaneo esistere, l’occasione a portata di mano per trasgredire giorni sempre uguali, che si ripetono morendo, sdoppiandosi nell’impossibilità di aderire a un reale o, meglio ancora, simulandolo scegliendo la letteratura, quale salvifica materia prima generata dall’ideale per tramandare rigenerando. Viviamo, dopotutto, nella società del tradimento a portata di mano, che sia pensato, simulato o consumato poco importa. Viviamo in una collettività che non è fatta di sole persone sensibili e artisti, ma piuttosto di alienati introdotti anima e corpo dentro gli edonismi delle logiche di mercato. Il tradimento, in questo ultimo caso, può essere fatale, un gesto estremo per l’altro, fin tanto da implodere nel rispettivo interiore. Viviamo in una società perlopiù malata, direi quasi agonizzante, dove le emozioni reclamano un ruolo radicalizzato nella tragedia espressa, quale cronaca del nostro quotidiano. Occorre rivedere il ruolo del nostro prossimo, ripensare ancora al Vangelo, considerare e rispettare l’altro, ma non solo, perché solo l’amore darà quel valore aggiunto, quello di far sapere di essere amato. L’amore non è soltanto un egocentrico gioco al piacere, l’amore è donarsi all’altro, è il perdono nella condivisione del dolore, incluso del tradimento, per meglio poter crescere e rinascere insieme. Le donne, perlopiù, sono ancora capaci di questo. Le donne sono generose. Le donne vanno amate e rispettate. Le donne sono grazia divina discesa dal cielo, non utensili per egoismi deviati da diffuse, inconsapevoli e nondimeno tragiche immaturità affettive. È la noia, l’appiattimento che spinge Giovanna ad andare oltre percependo il distacco, la rottura interiore altrimenti impossibile da sanare, ma anche lei, nonostante la sua più sviluppata sensibilità femminile, è a sua volta “congelata in un periodo preadolescenziale”. Da qui, ineluttabile, incombe l’incapacità di crescere, soprattutto di una generazione, quella educata al benessere con servizi tutto incluso degli anni Ottanta. Breve e altrettanto efficace è il racconto che dà il titolo al libro. Un fedele tradimento è l’esistenziale ragione d’essere filtrata da una quotidianità alienante nella coppia. Sempre commovete ed esegetica è la parabola del Vangelo inclusa nel testo, quella del “figliol prodigo”, per il perdono e l’accoglienza al ritorno. Tenerezza e risvolti di rinascita lasciano intravedere maturazione, permettendo di presagire ancora un futuro, nonostante tutto. L’11 settembre entra in scena non solo come punto di riflessione sulla destrutturazione di questo mondo, ma riconduce in quelle tematiche dell’interazione tra pubblico e privato, dove la stessa protagonista vive il traslato di un vero e proprio terremoto interiore, quello del finire col ritrovare altrove sensazioni perdute, dell’amore più puro ma anche quello più incosciente, quindi capace anche di rompere tutte le certezze di sempre. Qui “la mia vita è in pericolo. La mia stessa vita”. Una breve stesura teatrale rimarca nel testo, forse meglio che altrove, lo sdoppiamento nel quotidiano esistere stressato e incapace di governare sogni. Un catartico omicidio segna le pagine di Autogrill, mentre, La vecchia Europa, è un’interessante esegesi dei tempi prossimi a venire, un resoconto che, con disincanto, ben esplicita una comunità perlopiù di anziani quasi immortali che di già si determina, nei fatti, come un vicolo cieco e privo di rinnovamento. Lombroso e ricerche ossessive sulla conservazione dei cervelli introduce suspense alla narrazione, attraverso indicibili CD, occulte verifiche sulla cronologia internet e, soprattutto, una biblioteca perno di spionaggi e relativo bibliotecario, frettoloso amante di un giorno con cui costruire l’utopia di un governo dei filosofi. Tante e diverse storie di donne d’oggi, anch’esse immature protagoniste della società dei consumi, ma mai lontane dai sentimenti, che lottano, pensano e crescono senza paura di affrontare il dolore: “ho imparato a infliggere piccoli dolori quando ho capito che nella mia vita sono sola con i miei incubi”.

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