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Un inedito di Dante Alighieri

Marzo 31
21:35 2013

Si sta muovendo già una grossa polemica su questo libro di Louis Marcello La Favia Chanzona ddante: circa un poema sconosciuto attribuito a Dante (Longo editore, Ravenna, supervisione e post-fazione di Aldo Onorati). Ora spiego il perché. La Favia, docente emerito alla Catholic University di Washington, nel 1987 scoprì nel Codex Harley 3459 di Londra un poema con l’esplicita attribuzione a Dante.

La notizia fece il giro del mondo, ma solo alcuni anni dopo La Favia ha messo per iscritto tutte le sue osservazioni di ordine filologico per difendere oggettivamente la tesi della paternità dantesca del poema, poeticamente bellissimo. Ora, c’è una specie di giallo in tutto ciò: quella canzone, in altri codici, veniva attribuita al poeta minore senese del Trecento Bindo Bonichi, e ogni studioso concordava sull’autore di tale composizione, fino a che non è uscita fuori la firma a nome di Dante. Si è aperta in tal modo una questione che non esisteva, e da qui le polemiche degli studiosi di Bonichi, i quali difendono la paternità del Senese di contro a quella del Fiorentino. In certo qual modo la scoperta di Louis La Favia ha rotto le uova nel paniere, sebbene tanto il celebre dantista La Favia quanto il professor Aldo Onorati lascino la porta aperta a ogni eventuale studio e chiarimento. Ma nel libro di cui parliamo, sia le intuizioni di La Favia sia gli accostamenti di Onorati alla Divina Commedia cancellano molti dubbi sul fatto che sia stato Dante a scrivere la Canzone. Riportare le motivazioni sarebbe impossibile in uno spazio così breve, ma se prima non si pensava neppure a Dante, sicuri come si era di Bindo Bonichi, ora i problemi sorgono, e numerosii, perché le connessioni fra l’inedito venuto fuori e la Divina Commedia sono troppe per liquidarle con un sommario “no, questa roba è solo di Bonichi”. Ai tifosi del poeta senese è caduta la cosiddetta tegola in testa. Ma – come scrivono nel libro Louis La Favia, il fratello Giuseppe La Favia curatore della trascrizione dal manoscritto, e lo stesso Onorati, dantista anch’egli – bisogna aprire la questione e condurla su basi serie, di ricerca nel dubbio fecondo, non su asserzioni aprioristiche. Qualcuno già dice «e chissà che non sia vero?» che Bonichi abbia copiato la canzone da Dante.

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