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Un melo

Un melo
Agosto 05
23:00 2007

(Serena Grizi) Decisero di abbatterlo che non era ancora inverno. Si trovava addossato al muro di confine di un lotto dove sarebbero presto sorte altre case e poiché si spogliava di variopinte foglie autunnali mostrava ancor meglio le piccole mele tonde, rosse e quasi perfette. Ne caddero a pioggia sull’asfalto malmesso della via e fecero contenti alcuni ragazzini che la mattina in gruppo se ne andavano a scuola e un cane che scambiandole per palline colorate le rincorreva. Poi se ne dimenticarono. Durante l’inverno rimase spoglio e stecchito contro il gelo e i rari cieli azzurri di qualche bella giornata. Allora i merli usavano i suoi rami come posatoio e scrutavano intorno il da farsi o si rimbeccavano piccole zuffe per un verme, per una pagliuzza utile al nido.  A primavera, al rinascere delle prime gemme, una mattina presto sembrò essere suonata la sua ora. Arrivarono due operai a bordo di un camioncino per togliere di mezzo l’incomodo. Scaricarono una scala, la motosega. Un gatto che da qualche tempo approfittava di un sedile che l’albero offriva su in alto, li guardava all’apparenza indifferente e assonnato. Quel giorno, però, il lavoro non si fece: la motosega non ne volle sapere di avviarsi. I due ricaricarono tutto il necessario e andarono via. La primavera inoltrata gli risparmiò, chissà come, l’oltraggio. Una nuvola di fiori bianco aria ricoprì del tutto i rami scuri e tutt’intorno un viavai di insetti colorati regalava una piacevole confusione; tanti uccelli e farfalle si posavano sui rami, il gatto dormiva in pace nel suo rifugio in alto.
Poi tornarono a spuntare le piccole mele rosse, dolci e croccanti, a sentire tutti quelli che venivano a raccoglierle anche dal quartiere vicino, perché si era sparsa la voce che quell’anno il melo aveva fruttificato più del normale e sembrava un enorme, incantato albero di Natale. Le sue mele piccole e lucide, brillavano come sfere di vetro fine sotto la luce dei lampioni e un riverbero dorato si diffondeva tutt’intorno ai rami donando al grande melo bagliori preziosi; se si metteva a piovere, poi, migliaia di perline luccicanti abbracciavano i frutti maturi e qualcuno, guardandolo a sera, si asciugava furtivo una lacrima davanti a tanta bellezza.
A Natale avvenne il miracolo: l’albero venne definitivamente adottato dai bambini che raccolsero tulle le mele in cestini, costruirono un’aiuola di sassi, misero perfino un bel cartello con su scritto “Melo del quartiere – Malus domestica” (nome latino suggerito dalla maestra) e inventarono la festa del melo, che, dopo tanti anni, in quel quartiere ancora si celebra.

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