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Una superstite del lager ci accompagna

Maggio 29
22:01 2010

Una superstite del lager ci accompagna,

attraversiamo lentamente quel cancello,

con sopra la scritta che ha girato il mondo,

il lavoro rende liberi

Uno dopo l’altro quei blocchi visitiamo.

Oggi nessun ordine! il silenzio è totale!

La ciminiera riposa, stanca di fumare.

Sembra favellarci: – ma voi, da dove venite?

Anni son passati da quei giorni!

quasi dimenticavo, ora non più.

Uccelli allegri in giro canticchiano,

dopo aver sentito lamenti per anni,

che anche il loro canto avevano trasformato

riducendoli ad un pauroso gracchiare.

Alla ferrovia dei vagoni piombati,

resta il rimorso di aver visto prima del traguardo

consumarsi alloro interno ogni sorta di dolore:

solo la morte era la benvenuta,

ma in quella condizione,

troppo stanca anch’essa.

Nel cielo alti svettano i pioppi,

il vento fischia, piega le cime rispettose,

le spighe di grano, in silenzio guardano,

il girasole anche lui guarda dove sta l’orrore.

L’intera tragedia è qui davanti!

Tutto si vede,

poco si sente,

ogni cosa è autentica!

Tutto è maledettamente vero!

anche la natura, si sente responsabile,

per aver dovuto assistere,

al varo della morte scientifica!

Cumuli di scarpe,

mucchi di valigie,

capelli multicolori,

trecce dorate,

occhiali a non finire,

pelle umana conciata per paralumi,

il numero è la,

testimonia l’autenticità!

Veloce è il pensiero, di chi sarà la pelle?

Una vocina interna mi fa,

no amico, non si può,

E’ quella di tutti!

Poi come se la voce avesse ordinato

davanti a noi si ergono silenziosi

bambini,

donne,

uomini di ogni età

che ci accompagnano per dirci

che sono tutti la!

E ancora, saloni con “docce” per gasare,

bocche dei forni,

che hanno restituito cenere:

un brivido freddo mi passa per la vita,

senti l’odore di questa polvere umana,

nel laghetto di lagrime

le oche non ciarlano,

nuotano silenziose.

Un filo decideva la sorte dei bambini,

stretto è il passaggio,

spago tirato,

altezza un metro,

se non urta il filo,

il fanciullo non è idoneo

deve morire!

Alla chiamata rispondevano i bambini,

si alzavano sulle punte dei piedini,

per forza il filo volevano toccare,

con la speranza di vivere un altro giorno.

La garitta dell’auto eliminazione.

Per entrare nel buco sotto devi strisciare,

capienza tre prigionieri

niente aria

solo un foro in alto,

per conquistare il respiro

sui due più deboli il terzo

doveva salire.

Non si può capire se non vieni a visitare,

saloni pieni di ogni cosa, ma tutti in ordine

tutto è selezionato per essere altrove lavorato.

Così trovarono i sovietici al loro arrivo

Così fu lasciato,

perché il mondo un poco conoscesse.

Al termine la signora che ci accompagna,

ci dice che c’è un’ultima cosa da vedere

che sta proprio davanti a noi:

si scopre il petto e ci mostra,

al posto del seno due circonferenze bruciate,

ci dice ancora: – per dieci giorni con il ferro da stiro,

il seno mi hanno bruciato!

Chi può sapere quello che ho provato?

per mia “fortuna” accadde,

solo venti giorni

prima che fossimo liberati.

Indelebile quel segno

come tutto il resto.

Come tutto il resto.

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