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Urbanistica a Marino: finita l’epoca dell’affare del mattone

Febbraio 23
23:22 2017

Stiamo lavorando per progettare il territorio puntando alla qualità della vita delle persone, degli spazi pubblici, dei servizi, dell’ambiente. Impegno totale per la rinascita di un’economia locale e rinnovabile che tuteli le tradizioni e la nostra identità culturale.

 

Marino ha strumenti urbanistici disastrati nel concepimento e disastrosi negli effetti, per arrivare al punto in cui siamo e complicare una situazione urbana già complicata alla fine degli anni ‘90 ci sono voluti almeno 15 anni di atti tecnico-amministrativi. Le gru e i cantieri che negli ultimi cinque anni e ancora oggi connotano il paesaggio nel nostro territorio sono il risultato di anni pregressi di pianificazione concepita solo in base ad un aumento sconsiderato di edifici. L’amministrazione in carica ha il difficile compito di porre rimedio a questa annosa e grave situazione nel più breve tempo possibile. La sfida è difficile ma non impossibile, su questa difficoltà alcuni concittadini puntano affinché tutto torni come prima e si possa proseguire con il solito modo di fare affare sul territorio, facendo poi ricadere nella vita quotidiana di ognuno di noi i conseguenti disagi e disservizi. I cittadini di Marino devono essere coscienti di queste dinamiche e per questo chiediamo a tutti di partecipare attivamente ai radicali processi di risanamento che stiamo attuando con enormi sforzi. Al di là della valutazione degli attuali strumenti urbanistici che verranno profondamente rivisti con i necessari tempi tecnici, crediamo sia importante chiarire le finalità delle azioni che stiamo mettendo in campo viste anche il gran numero di richieste di orientamento che riceviamo giornalmente sui temi urbanistici.

 

Noi lo diciamo chiaramente come lo dicevamo chiaramente prima delle elezioni, con noi finisce il metodo attraverso il quale si è gestito per anni il territorio, a Marino il mattone non è più un affare d’oro, almeno inteso come finora le attività edilizie hanno trasformato i luoghi. Stiamo lavorando quotidianamente per ripristinare il principio già sancito dalla legge fondamentale dell’urbanistica la Legge 1150/42 per la quale l’azione edificatoria non è consentita per fini speculativi ovvero in forza di una semplice domanda di mercato ma può essere esercitata e giustificata solo da un documentato e provato aumento demografico della popolazione e dunque su una necessità abitativa reale dei cittadini. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, una volta compromesso non si recupera se non ad elevatissimi costi economici e sociali. La F.A.O. in diversi rapporti ufficiali negli anni ha sempre evidenziato come la conservazione del suolo sia fondamentale per la sicurezza alimentare e il nostro futuro sostenibile. La Comunità Europea in diversi studi riconosciuti ha messo in guardia contro un uso sconsiderato del territorio in relazione alla salute pubblica. Su questi livelli e con questa visione si sta concependo la nuova pianificazione di Marino. Oggi la nostra sfida è la sobrietà e la responsabilità sociale che, se per i mercati significa l’evoluzione dalla “economia lineare” (produco, consumo, butto), alla “economia circolare” (produco, consumo, recupero) per l’urbanistica significa passare dall’edificazione di palazzine residenziali senza preoccuparsi delle conseguenze del carico antropico al progetto equilibrato tra gli edifici e la tutela del territorio con un uso responsabile delle risorse naturali. Questo il criterio che applicheremo alla panificazione urbana che rappresenta lo strumento di disegno del territorio, di un territorio unico e finito che dobbiamo valorizzare e non consumare senza possibilità di ritorno. Il progetto urbano è sempre un progetto economico, il paesaggio è la rappresentazione sintetica dell’economia di un luogo, è la rappresentazione iconografica del modo di vivere e sostentarsi di una comunità.

 

Oggi vogliamo investire in progetti e attività coerenti con i nuovi principi dell’economia circolare un termine utilizzato per definire un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo.  L’espressione fa riferimento sia a una concezione della produzione e del consumo di beni e servizi alternativa rispetto al modello lineare (ad esempio attraverso l’impiego di fonti energetiche rinnovabili in luogo dei combustibili fossili), sia al ruolo della diversità come caratteristica imprescindibile dei sistemi resilienti e produttivi. Questa amministrazione per quanto nelle sue possibilità, data la forte antropizzazione del territorio, punta a restituire identità ad un paesaggio che si confonde ogni giorno di più con le anonime periferie metropolitane delle nostre città contemporanee.

 

La costruzione di edifici seriali con pochissima qualità architettonica e con nessuna identità o relazione con l’ambiente è frutto di logiche puramente speculative, intendendo come speculazione l’attività di un operatore finanziario che entra sul mercato nel momento presente effettuando un qualche tipo di investimento e presumendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno di eventi su cui egli ha formulato le sue aspettative iniziali. Se l’evento aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l’operazione speculativa avrà esito positivo, cioè produrrà un profitto, nel caso contrario si avrà una perdita. Il caso dell’urbanistica di Marino è l’esempio più palese di pianificazione avvenuta solo in base a questi principi economici che vedono protagonisti solo interessi privati senza la necessaria armonizzazione dell’interesse pubblico che urbanisticamente è stato del tutto dimenticato.

 

Trasformare il territorio solo in base a meccanismi puramente economici è aberrante e non è la visione dell’attuale amministrazione, il momento storico e culturale che attraversiamo ci ha già messo in guardia sui nefasti effetti di queste logiche. Finanche Papa Francesco parla di una “economia che uccide” come   un’economia che genera scarti, che si estende alla vita delle persone che tanto introiettano questa condizione loro assegnata dal ciclo produttivo da sentirsi gettati direttamente nella spazzatura del nulla ed in questo stato non c’è speranza nella solitudine di ognuno, ma solo nella condivisione di una comunità. La comunità però necessita di spazi per esprimere le sue potenzialità e i suoi benefici effetti sulle vite delle persone e su questo metteremo tutto il nostro impegno. È nostra ferma intenzione far riferimento alla Direttiva Europea n° 2004/35/CE che afferma: «Il suolo è un bene d’interesse comune per la Comunità, anche se è principalmente di proprietà privata, e che, se non viene tutelato, indebolirà la sostenibilità e la competitività a lungo termine dell’Europa».

Il legame tra suolo e comunità è indissolubile e necessario alla vita, le persone e lo spazio formano un unicum identitario che vogliamo ricostruire e valorizzare. Per alcune culture come quella dei nativi americani era inconcepibile la vita privata delle terre in cui erano nati e consapevolmente si sono fatti annientare pur di non vivere questa privazione, facciamo tesoro degli errori del passato e mettiamo in atto le soluzioni per il futuro.

 

Solo dopo che l’ultimo albero sarà abbattuto, solo dopo che l’ultimo lago sarà inquinato, solo dopo che l’ultimo pesce sarà pescato, Voi vi accorgerete che il denaro non può essere mangiato.

(Toro Seduto, capo della tribù dei Sioux)

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