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Velletri2030 News – Populorum Progressio

Agosto 17
21:22 2018

 la più grande enciclica della modernità, la Populorum progressio, nell’anno 1967 delineava il programma planetario di liberazione dei popoli, della loro uguaglianza ed emancipazione, e anticipava l’era della globalizzazione.

Velletri 2030, sempre alla ricerca di possibili cammini per uno sviluppo sostenibile che faccia tesoro dell’innovazione tecnologica, nell’autunno 2017 con un Seminario portò all’attenzione di tutta la Comunità il pensiero di Papa Francesco espresso nell’Enciclica “Laudato si’ – sulla cura della casa comune“, pubblicata il 18 giugno 2015. Enciclica universalmente riconosciuta come uno dei contributi più importanti al tema dello sviluppo sostenibile, ripresa nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sottoscritta nel mese di settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi Membri dell’ONU, che affronta tra l’altro il tema dell’acqua, bene primario per la sopravvivenza, il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado sociale, l’uso sproporzionato delle risorse naturali di alcune Nazioni a svantaggio di altre, il ruolo dell’essere umano come amministratore responsabile della cura della casa comune. In linea con quanto ha stimato il Global Footprint Network, organizzazione internazionale di ricerca.

Era il 26 marzo 1967, giorno di Pasqua. Il Concilio Vaticano II – durante il quale erano stati trattati anche problemi della vita economica, sociale e politica, tra cui la corsa agli armamenti, la guerra, l’edificazione di una comunità internazionale – si era appena concluso, e Paolo VI volle uscire con l’annuncio di un’enciclica mirata sullo sviluppo solidale dei popoli, appunto l’Enciclica “Populorum progressio” oggi considerata una delle più grandi Encicliche della modernità e genitrice della Enciclica Laudato si’ . Il pensiero dominante è che lo sviluppo non si può ridurre a una semplice crescita economica, chiarendo che lo sviluppo per essere autentico deve essere integrale, cioè volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Gli 87 paragrafi dell’Enciclica sono di una chiarezza rivoluzionaria, ad esempio il seguente.

20. Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor di più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d’un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d’amore, di amicizia, di preghiera e di contemplazione. In tal modo potrà compiersi in pienezza il vero sviluppo, che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più umane.

Oggi è facile riconoscere gli accenti profetici contenuti nell’enciclica del 1967 e la sua pertinenza con la realtà di questi anni, della quale si era fatta premonitrice nell’individuarne le derive devastanti dello sviluppo misurato in termini di semplice crescita economica. Basta leggere i numeri della fame nel mondo, le cronache delle guerre, le sofferenze che hanno pagato o pagano i Paesi in via di sviluppo, il fenomeno dell’immigrazione verso l’Occidente nell’epoca della globalizzazione, gli squilibri tra il Nord e il Sud ormai interni a ogni Paese, il trionfo planetario del libero mercato. Non è difficile riconoscere come gli insegnamenti in essa contenuti conservino ancora oggi tutta la loro forza.

Ma è passato oltre mezzo secolo da allora. Solo per posizionarla nel tempo è bene ricordare che l’anno in cui fu pubblicata la Populorum progressio aveva come colonna sonora le canzoni di Bob Dylan, Joan Baez e Mikis Tedorakis. Il 15 aprile di quell’anno cinquecentomila persone scesero in piazza a New York per protestare contro la guerra in Vietnam, il 21 aprile il golpe dei colonnelli instaurò la dittatura militare in Grecia. Il 9 ottobre fu ucciso sui monti della Bolivia il medico argentino Ernesto Guevara, divenuto subito icona del movimento del Sessantotto, che però nacque soltanto l’anno dopo.

Pensiamo al 1967, anno della Populorum Progressio, e cerchiamo di vedere come diverso era il mondo e la percezione dei problemi, e come proprio per questo l’enciclica Populorum Progressio fu assolutamente anticipatrice e profetica. Aveva una visione del mondo che era nuova, e Paolo VI fu il primo che cominciò a cogliere la coscienza della pari dignità di ciascuno. Oggi gli stessi concetti sono affermati dal premio Nobel per l’economia 2005 Amartya Sen, o dalla giovane attivista pakistana Malala,  premio Nobel per la pace 2014, quando dice che l’alfabetizzazione è la prima chiave per la realizzazione degli esseri umani. Di questi temi se ne comincia a parlare sempre più diffusamente nel mondo occidentale, in Europa, in Italia, e a Velletri. La messa in discussione dell’indicatore Prodotto Interno Lordo (PIL) a favore di indicatori più articolati e raccolti sotto il nome di Benessere Equo e Sostenibile (BES) è oggetto di discussione anche a Velletri grazie ai lavori di Velletri 2030. E’ di questo ultimo mese la notizia che anche alcune amministrazioni comunali, raccolte sotto ANCI, sono interessate a sviluppare una matrice di correlazione tra gli Indicatori BES e le Missioni DUP (Documento Unico di Programmazione). Velletri è tra queste.

In una intervista al sociologo e filosofo Zygmont Bauman le fu chiesto: che futuro ci aspetta? la risposta fu: «Il futuro è fuori dalla nostra portata, l’idea che ci si avvicini al futuro attraverso una serie di scalini, di passi, un progetto di avvicinamento per fasi non è più d’attualità. Oggi quando vediamo i problemi – ad esempio i costi eccessivi della sanità, l’arrivo a ondata irrefrenabili di emigranti, il terrorismo e la sua forza nichilista – cerchiamo di attenuarli o di liberarci dai disagi che ci provocano. E’ anche difficile capire quali siano le conseguenze a lungo termine dei problemi: agiamo nel quotidiano piuttosto che con una visione del futuro». E’ da qui che nasce gran parte del malessere giovanile, la mancanza di una visione del futuro da parte della politica.

Tutti temi che meriterebbero l’attenzione di chi amministra una Comunità, con particolare attenzione alle politiche sociali, alle politiche giovanili, alle politiche culturali, alle politiche per uno sviluppo sostenibile. È necessario cambiare la mentalità dell’intera Comunità e, in particolar modo dei giovani, se si vuole davvero arrivare a risultati concreti in questo ambito. Tutto il resto è amministrazione della quitidianità.

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