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Velletri2030 News – SICUREZZA STRADALE

Ottobre 01
20:38 2018

Ai Partecipanti Velletri2030,

credete nei miracoli? Se ci credete mettetevi in fila. Sono in tanti a pensare che possiamo andare avanti così, limitandoci a vedere il tema della mobilità urbana per comparti, aggiungendo o sottraendo qualche rotatoria o qualche marciapiede, senza guardarlo a livello sistemico.

In coccasione della settimana europea della mobilità sono stati presentati i risultati della ricerca“Cambiamo Strade”, realizzata da Fondazione Unipolis e scaricabile da:

 http://www.sicurstrada.it/wp-content/uploads/Sicurstrada-Cambiamo-Strade_WEB_1209.pdf

È necessario un nuovo paradigma di mobilità sostenibile: ridurre l’utilizzo dell’auto privata a favore di mezzi pubblici, usare auto meno inquinanti, incrementare gli spazi verdi e strade a velocità limitata, aumentare le piste pedonali e ciclabili protette. Favorire inoltre il car pooling, car e bike sharing e agevolare sistemi tecnologici di regolazione del traffico. In Italia, nell’arco degli ultimi due decenni, in particolare dal 2001, data di inizio del Programma d’azione europeo per la sicurezza stradale, un numero sempre minore di persone ha perso la vita o è rimasta ferita a causa di un incidente stradale. Dal 2001 al 2010, i morti sono passati da 7.096 a 4.090 (-42,4%) e i feriti da 373.286 a 302.735 (-18,9%), parallelamente ad una diminuzione degli incidenti del 19,6% (da 263.100 a 211.404). Un trend positivo che è proseguito nell’ultimo decennio: in Italia si è registrato un calo dei morti rispetto al 2010 del 20,2%, più alto del valore medio europeo (-18,6%). In sintesi, i dati sull’incidentalità stradale nel nostro Paese nel 2016 (3.283 morti e 249.175 feriti), sono indubbiamente positivi. Tuttavia le cifre evidenziano un ritardo rispetto all’obiettivo fissato per il 2020 dalla strategia europea, che prevede una riduzione del 50% dei morti rispetto al 2010.  Un’analisi dei dati relativi alle diverse fasce d’età mostra, in relazione al numero di under 24 anni morti o feriti in incidenti stradali, un significativo miglioramento nonostante l’incidentalità stradale continui a essere la principale causa di morte dei giovani. Al punto che si può affermare come le cosiddette “stragi del sabato sera”, che insanguinavano le notti dei fine settimana, si siano sensibilmente ridotte. Trend positivi che, però, non valgono per i cittadini con almeno 65 anni: per questi la variazione del numero di morti tra il 2010 e il 2016 è quasi inesistente (si è passati dai 1.059 morti del 2010 i 1.045 del 2016) e, proprio nel 2016, circa un terzo dei morti totali sulle strade avevano 65 anni o più. E non è il dato più impressionante se si considera che, per ogni milione di abitanti, ci sono stati 47 morti tra gli under 65 mentre sono stati ben 224 tra gli uomini con oltre 80 anni. Questo significa che non è stato affrontato il tema dell’invecchiamento della popolazione e delle sue conseguenze sociali. Basti ricordare che nel 2016 il costo sociale per gli incidenti stradali con lesioni alle persone è stato pari a 17 miliardi di euro, ovvero l’1,1% del Pil nazionale.

Oggi le vittime designate degli incidenti stradali sono, dunque, gli anziani, in prevalenza uomini, specie se pedoni e ciclisti. Nel 2050 l’Italia, in assenza di interventi, sarà il Paese europeo con il maggior numero di morti e feriti in incidenti stradali far gli over 65. Se si proiettano gli attuali dati sulla mortalità stradale fino ai prossimi trent’anni e si confrontano gli stessi con le tendenze demografiche emerge uno scenario in cui i morti in incidenti con più di 65 anni aumenteranno del 50%, con punte altissime fra le persone di 80 anni e oltre che avranno percentuali raddoppiate. In un contesto futuro caratterizzato dall’aumento della vita media, da città abitate da quasi la metà della popolazione mondiale, da aree urbane in cui si verificano i tre quarti degli incidenti stradali e quindi di una conseguente maggior presenza di anziani su strade e marciapiedi, va dunque ripensata l’organizzazione degli spazi nei centri urbani.  In particolare, alcune possibili soluzioni sono il ridurre l’utilizzo di auto private in favore dei mezzi pubblici, usare auto meno inquinanti, incrementare le strade a velocità limitata e gli spazi verdi, aumentare le piste pedonali e ciclabili protette, adottare misure per favorire car pooling, car e bike sharing nonché agevolare sistemi tecnologici di regolazione del traffico.  Più in generale, occorre pensare a un diverso paradigma dello sviluppo in cui la mobilità urbana diventi sinonimo di mobilità sostenibile: una mobilità che dia nuovo ritmo alle comunità urbane, con una rinnovata qualità della vita, più sicura e più in sintonia con l’ambiente.

Come tutti sappiamo, una mobilità sostenibile è anche un valido contributo al tema dell’inquinamento ambientale e dei cambiamenti climatici e come tale andrebbe affrontata scientificamente. Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – SNPA, nello scorso mese di luglio ha reso disponibile online sul sito dell’ISPRA il Rapporto “Gli indicatori del clima in Italia” Il documento illustra l’andamento del clima nel corso del 2017 e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia. Il Rapporto è frutto di dati, statistiche, indici e indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale – SCIA, realizzato dall’ISPRA in collaborazione e con i dati degli organismi titolari delle principali reti osservative presenti sul territorio nazionale. Consultabile al sito:

http://www.isprambiente.gov.it/it/evidenza/pubblicazioni/no-homepage/gli-indicatori-del-clima-in-italia-nel-2017

E a Velletri che facciamo? Chi ha i dati? Abbiamo un Piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS). Prendiamo spunto dalle Linee Guida del Ministero e prendiamo esempio dal Rapporto della Fondazione Unipolis per vedere tutti i parametri che entrano in gioco nella definizione di un Piano Urbano di Mobilità Sostenibile mettendo al centro il cittadino con gli indici demografici. Per tentare di invertire la tendenza che questo studio mette in evidenza e smentire le previsioni per il 2050, potrebbe essere utile – non solo per gli anziani, ma per l’intera società italiana – cominciare a misurarsi con gli obiettivi del 2030.

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