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Viaggio da Roma a Monte Cassino (2/2)

Aprile 30
23:00 2009

Balzato davanti a noi come un folletto, Alessandro Guidi, uno studioso latinista della metà dell’Ottocento, ci spiega senza equivoci che “Ciampino chiamano, a dir proprio, quel colle, ch’è a poco spazio di qui verso oriente, alle radici del quale si formò il traforo, per ove avesse adito la via ferrata che mette a Frascati.” Insomma, questo nostro Toponimo, 150 anni fa, scivolò a valle sui binari del treno dal suo luogo d’origine – l’incrocio tra l’Anagnina e la Cavona, dove erano le terre dei Ciampini – per stamparsi sui cartelli della nuovissima stazioncina e per diffondersi di lì pian piano su tutto il territorio circostante nell’arco di un centinaio di anni. Per i costruttori della prima ferrovia dello Stato Pontificio, arrivare fin su a Frascati dalla Campagna romana implicava superare il crinale dove l’Anagnina corre per inoltrarsi nei Castelli Romani. Per farlo senza una pendenza proibitiva per i treni era necessario traforare, nel punto d’incrocio dell’Anagnina con l’antica strada di transumanza tra i tiburtini ed il mare, la via Cavona. Lì dove c’era la villa dei Ciampini, e le loro terre. Quella galleria fu un grosso problema tecnico, sicuramente non del tutto calcolato, che fece slittare di molto i tempi di consegna. Forse per i tecnici della Pio Latina (la società era a capitale francese e sicuramente francesi erano i dirigenti tecnici), la cui credibilità fu messa a dura prova da quell’opera, quel nome “ciampino” per anni fu un vero incubo e forse invase nel loro immaginario un territorio ben più vasto di quello a cui notai, fattori, proprietari della zona lo confinavano nelle loro carte e nei loro sguardi. Fu per questi tecnici scontato chiamare ciampino la stazione che decisero di aprire qualche tempo dopo la conclusione della galleria per consentire l’apertura della seconda linea ferroviaria, quella per Velletri-Ceprano che raggiungeva i confini con il Regno di Napoli. Una stazione che aveva la sola funzione di fare da snodo tra le due linee. Chi d’altra parte poteva obiettare qualcosa su quel nome? Nella zona non vi era alcun nucleo urbano, né case sparse e la Torre di Morena o la Pignola e Pignoletta che per secoli avevano dato i loro toponimi alla zona non ebbero la parola né loro né alcun avvocato difensore che ne denunciasse … l’usurpazione! Ma Alessandro Guidi ancor più ci regala la scenografia che tante volte guardando carte dell’epoca abbiamo cercato di immaginare. Era il 1° agosto del 1859 quando venivano inaugurati i primi tre edifici dell’attuale territorio ciampinese (se si escludono i Casali del ‘600 della zona di via dei Laghi/ Mura dei Francesi, costruiti sulle fondamenta di ville romane). Erano “i due casini, ove stanno gli offici e i piccoli magazzini, ed hanno proprio albergo le persone addette all’amministrazione e custodia di essi; dall’altro un ricovero per comodo a’ viaggiatori, che attendono il venire dei Treni”. Ed immancabile, il grande serbatoio dell’acqua: era tutta lì la prima stazione ferroviaria di Ciampino; nessuna strada la collegava e a vista d’occhio tutto intorno si estendeva l’intera campagna romana: a Sud-Ovest in lontananza il profilo dei pini e dei ruderi dell’Appia Antica con i suoi tramonti infuocati e da Est a Sud-Est, bellissimi, i Castelli Romani. Il punto scelto è pianeggiante per garantire la ripartenza delle locomotive ed è quello dove le due linee fin lì coincidenti lasciano l’antico tracciato della Castrimoeniense fin lì adeguatamente sfruttato per la posa dei binari.
Una Stazione da cui nessun viaggiatore scendeva e nessun viaggiatore saliva. Si sostava. Si attendeva che il passaggio dei treni in arrivo da Frascati o da Ceprano, sgombrando i binari unici delle due linee ferrate che proprio lì confluivano, consentisse di proseguire in sicurezza verso la meta prescelta. E ai viaggiatori non mancava così il tempo per godersi l’aria saluberrima e tutto intorno la posizione incantevole che, sessanta anni dopo, la Colli Parioli pubblicizzava nei suoi depliants per vendere i lotti della sua Città Giardino di Ciampino.
Una Stazione divenuta ben presto “Vecchia” dovendola spostare nel 1892 per sopravvenute necessità tecniche legate al passaggio della nuova linea per Napoli, quella che oggi conosciamo come la Roma-Napoli via Cassino. E quindi la zona circostante divenne “Ciampino Vecchio” contrapposto all’area definita “Ciampino Nuovo” toponimo mai entrato nel linguaggio dei ciampinesi, per evidenti problemi temporali, ma che si legge nei contratti di acquisto dai Colonna da parte della Colli Parioli delle aree “in vocabolo Ciampino nuovo”, site a lato della nuova stazione, su cui la cooperativa cercò di costruire la sua “Città Giardino”. (Fine)

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